Affrontare la questione attuale della parità di accesso ai servizi sanitari di base, non solo in generale, ma che siano in sintonia con la dignità dell’uomo e la sua vocazione. Questo l’obiettivo principale della XXVI Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che si svolgerà il 18 e 19 novembre sul tema: Per una cura della salute equa ed umana alla luce dell’Enciclica Caritas in Veritate. Non possiamo escludere nessuno dalla sanità o prestargli cure inferiori, ha detto mons. Zygmunt Zimowski, presentando oggi l’evento ai giornalisti, in sala stampa vaticana: di qui la necessità di superare le attuali diseguaglianze nell’assistenza sanitaria, in modo da migliorare l’accesso alla tanto desiderata parità di assistenza sanitaria di base, e che sia nello stesso tempo rispettosa della dignità inalienabile dell’uomo.Oggi, per il presidente del dicastero pontificio, è difficile conciliare il progresso economico, scientifico e tecnico con la persistente disparità di accesso ai servizi sanitari, testimoniata dalle continue ineguaguaglianze tra i sistemi sanitari dei Paesi ricchi e quelli dei Paesi in via di sviluppo, e peggio ancora di quelli cosiddetti meno sviluppati. Senza contare che anche negli stessi Paesi ricchi esistono ampie differenze nell’accesso alle cure sanitarie, mentre molti poveri ed emarginati non hanno accesso ai farmaci e ad altre tecnologie salvavita, a causa dei costi inaccessibili o delle scarse infrastrutture. Tra i temi della conferenza, ha informato mons. Zimowski, le prospettive basilari per una promozione equa e più umana della salute, la missione della Chiesa a favore dei malati, la promozione dell’assistenza sanitaria antropocentrica e il ruolo della società civile, della Chiesa e delle altre istituzioni ed organismi privati nella promozione della giustizia, dell’equità e della solidarietà in ambito sanitario. Alla conferenza parteciperanno oltre 600 tra studiosi e operatori sanitari, sacerdoti e laici, da 60 Stati. Tra i relatori, il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, e due capi dicastero che il 20 novembre riceveranno l’investitura cardinalizia: mons. Angelo Amato e mons. Gianfranco Ravasi. Garantire l’accesso ai farmaci antiretrovirali anche ai Paesi più poveri è una delle battaglie che dobbiamo combattere, interrogandoci tutti per permettere l’accesso a questi farmaci salvavita anche dove le strutture economiche e politiche sono più carenti. Lo ha detto padre Maurizio Faggioni, docente di bioetica all’Accademia Alfonsiana, rispondendo alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa di presentazione della XXV conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari. La Fondazione Il buon samaritano, voluta da Giovanni Paolo II e fondata nel 2004 ha informato mons. Jean-Marie Mpendawatu, sottosegretario del citato dicastero pontificio in 6 anni ha destinato 500 mila euro per i farmaci antiretrovirali, ma possiamo fare di più, ha aggiunto. I migranti in tutto il mondo sono più di un milione: la Chiesa deve occuparsi di loro, ma ancora di più devono farlo gli Stati. Così mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, ha risposto ad una domanda sull’assistenza sanitaria agli immigrati non regolari, spesso esclusi dall’accesso alle cure: una società che non riesce ad accettare i sofferenti è una società crudele e disumana, ha proseguito il presule citando la Spe salvi di Benedetto XVI e augurandosi che i migranti trovino una società più umana. Equità ha detto mons. Mpendawatu riferendosi al tema del congresso significa accesso alle prestazioni e ai servizi sanitari, ma senza l’allocazione dei servizi sanitari secondo i bisogni, diventa un’utopia. Un esempio: l’accesso delle donne ai servizi sanitari di base. In Italia ha reso noto il presule, citando dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) nel 2009 le nascite con assistenza di personale sanitario qualificato sono state il 99%, contro il 6% dell’Etiopia, il 42% dell’Uganda e il 20% del Laos. Non possiamo mai isolare la cura della salute dalla cura della persona, ha ammonito padre Faggioni. Secondo Domenico Arduini, ordinario di ginecologia all’Università Tor Vergata di Roma, per essere equa una cura non deve garantire la salute, perché oggi combattiamo con l’evolversi di una malattia, ma non abbiamo la tecnologia necessaria per distruggere la malattia. Quello che noi medici possiamo, e dobbiamo garantire al paziente, è un’equa umanità. L’esperto ha messo in guardia dall’eccesso di tecnologia, in campo medico, che è un fattore certamente positivo, ma nello stesso tempo contiene il grande rischio di pensare l’umano separato nei suoi singoli settori. Riportare il paziente al centro, ha concluso Arduini, è invece l’impegno che sta mancando, soprattutto nei Paesi più avanzati.Sir