Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, CORPUS DOMINI: IL SACERDOZIO DI CRISTO COMPORTA LA SOFFERENZA

“Il sacerdozio di Cristo comporta la sofferenza”. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della messa per il Corpus Domini, in cui si è soffermato sul rapporto tra l’Eucaristia e il sacerdozio di Cristo. “Cristo è stato sacerdote vero ed efficace – ha spiegato Benedetto XVI – perché era pieno della forza dello Spirito Santo, era colmo di tutta la pienezza dell’amore di Dio, e questo proprio nella notte in cui fu tradito, proprio nell’ora delle tenebre”, come si legge nel Vangelo di Luca. “E’ questa forza divina, la stessa che realizzò l’incarnazione del Verbo – ha assicurato il Santo Padre – a trasformare l’estrema violenza e l’estrema ingiustizia in atto supremo d’amore e di giustizia. Questa è l’opera del sacerdozio di Cristo, che la Chiesa ha ereditato e prolunga nella storia, nella duplice forma del sacerdozio comune dei battezzati e di quello ordinato dei ministri, per trasformare il mondo con l’amore di Dio”. Di qui il legame tra sacerdozio ed Eucaristia: “Tutti, sacerdoti e fedeli, ci nutriamo della stessa Eucaristia, tutti ci prostriamo ad adorarla, perché in essa è presente il nostro Maestro e Signore, è presente il vero Corpo di Gesù, vittima e sacerdote, salvezza del mondo”. “Gesù ha veramente sofferto, e lo ha fatto per noi”, le parole di Benedetto XVI, secondo il quale Gesù “non aveva bisogno di imparare l’obbedienza a Dio, ma noi sì, ne abbiamo sempre bisogno. Perciò il Figlio ha assunto la nostra umanità e per noi si à lasciato ‘educare’ nel crogiuolo della sofferenza, si è lasciato trasformare da essa, come il chicco i grano che per portare frutto deve morire nella terra”. Grazie a questa “trasformazione del Figlio di Dio mediante la sofferenza, mediante la passione dolorosa”, che indica il “compimento di un cammino”, Gesù Cristo è diventato “sommo sacerdote” e “può salvare tutti coloro che si affidano a lui”. In altri termini, ha spiegato il Papa, “la passione è stata per Gesù come una consacrazione sacerdotale. Egli non era sacerdote secondo la legge, ma lo è diventato in maniera esistenziale nella sua Pasqua di passione, morte e risurrezione: ha offerto se stesso in espiazione e il Padre, esaltandolo al di sopra di ogni creatura, lo ha costituito mediatore universale di salvezza”. Nell’Eucaristia, in particolare, Gesù “ha anticipato il suo sacrificio, un sacrificio non rituale, ma personale. E’ l’amore divino che trasforma: l’amore con cui Gesù accetta in anticipo di dare tutto se stesso per noi. Questo amore non è altro che lo Spirito Santo, che consacra il pane e il vino e muta la loro sostanza nel Corpo e nel Sangue del Signore”. “Gesù non era un sacerdote secondo la tradizione giudaica”, ha ricordato il Papa, secondo il quale “l’attività di Gesù di Nazaret non si collocano nella scia dei sacerdoti antichi, ma piuttosto in quella dei profeti”. In questa linea, infatti, “Gesù prese le distanze da una concezione rituale della religione, criticando l’impostazione che dava valore ai precetti umani legati alla purità rituale piuttosto che all’osservanza dei comandamenti di Dio, cioè all’amore per Dio e per il prossimo”. Anche all’interno del Tempio di Gerusalemme, “Gesù non viene riconosciuto come un Messia sacerdotale, ma profetico e regale”. Perfino la sua morte “non aveva nulla dei sacrifici antichi, anzi, era tutto l’opposto: l’esecuzione di una condanna a morte, per crocifissione, la più infamante, avvenuta fuori dalle mura di Gerusalemme”. Nell’Ultima Cena, Gesù “ha offerto pane e vino, e in quel gesto ha riassunto tutto se stesso e tutta la propria missione”: in quell’atto, “c’è tutto il senso del mistero di Cristo”, come è espresso nella Lettera agli Ebrei, in cui “la passione di Cristo è presentata come una preghiera e come un’offerta”. Gesù, ha concluso il Papa, “è diventato sommo sacerdote per avere egli stesso preso su di sé tutto il peccato del mondo, come Agnello di Dio”, vivendo il suo sacerdozio “secondo un ordine profetico, dipendente soltanto dalla sua singolare relazione con Dio”.Sir