Vita Chiesa

TESTIMONI DIGITALI. MONS. CROCIATA: NON IN ALTERNATIVA MA IN DIALOGO CON GLI ALTRI MEDIA

“La sollecitudine per il bene dell’uomo e della società è alla base di questo nostro convenire da tutto il Paese per riflettere insieme sulle frontiere aperte dalla tecnologia digitale. Non è nostra intenzione ‘occupare il web’, quanto piuttosto offrire anche in questo contesto la nostra testimonianza per alimentare la cultura e, quindi, contribuire alla costruzione del futuro del Paese”. Lo ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervenendo al convegno “Testimoni digitali”, che si è aperto oggi a Roma. Sulla scorta dell’esperienza maturata nel IV Convegno ecclesiale nazionale di Verona (nel 2006), anche “con questo appuntamento – ha aggiunto – intendiamo portare l’attenzione sulla vita quotidiana del nostro popolo”, con particolare riferimento agli ambiti della vita affettiva, del lavoro e della festa, della fragilità umana, dell’educazione, della sfera sociale e politica, “ambiti fondamentali intorno ai quali si dispiega l’esistenza umana” e “terreno per una adeguata comunicazione del mistero di Dio e quindi per una testimonianza missionaria”. Ambiti “fortemente trasformati dalla cultura che nasce dal sistema mediatico”. Di fronte a questo nuovo panorama, occorre “valorizzare lo straordinario potenziale costituito dalle nuove tecnologie”. Per “rispondere a questa sfida è necessario innanzitutto riconoscere quanto è stato fatto nel decennio appena concluso”, ha osservato mons. Crociata, ricordando che gli Orientamenti pastorali non a caso erano incentrati sul “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” e che “nel quadro di questa rinnovata attenzione formativa ha trovato collocazione la stessa pubblicazione del Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa”. Direttorio che ha saputo tradursi “in scelte precise”, come “il circuito radiofonico InBlu, pensato nella prospettiva di garantire sul territorio una voce di ispirazione cattolica”. Accanto all’esperienza radiofonica, si colloca “quella dell’emittente televisiva Tv2000”. In questo decennio il quotidiano “Avvenire” ha compiuto quarant’anni e si è consolidato quale “strumento culturale decisivo per i cattolici e punto di riferimento nel panorama informativo del Paese”; l’“Agenzia SIR” (Servizio informazione religiosa) “ha tagliato in buona salute i suoi primi vent’anni, gli ultimi quindici dei quali on line” e “ha saputo evolversi, affiancando alle notizie nazionali una duplice attenzione: per la realtà regionale e per quella europea”; la Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc) ha superato “le 180 testate aderenti”, con “circa un milione di copie” diffuse ogni settimana.“Questo è stato anche il decennio delle migliaia di siti internet d’ispirazione cattolica”, ha proseguito mons. Crociata, per il quale “va qui riconosciuta la lungimiranza con la quale la Chiesa italiana ha saputo offrire alle diocesi un servizio di gestione dei contenuti web, mettendole in condizione di realizzare e di amministrare il proprio sito (è l’esperienza assicurata dal Sicei). Va quindi incoraggiato il ruolo svolto dall’associazione dei Webmaster cattolici italiani (WeCa)”. Dopo aver ricordato la formazione assicurata dalle Università cattoliche e pontificie, il progetto Anicec, i forum e i convegni promossi dal Servizio per il progetto culturale, la Settimana interdisciplinare su Bibbia e comunicazione e la Settimana della comunicazione, promossa dalla famiglia Paolina, mons. Crociata ha evidenziato come “l’ambito che ci sta maggiormente a cuore” sia “quello locale”, dove “le nostre comunità si sono attivate per valorizzare la figura dell’animatore della cultura e della comunicazione, chiamato a muoversi da un lato verso chi è già impegnato nella pastorale, al fine di aiutarlo ad inquadrare meglio il suo operato nel nuovo contesto socio-culturale dominato dai media, dall’altro nell’aprire nuovi percorsi, attraverso i quali raggiungere persone ed ambiti spesso periferici, quando non addirittura estranei alla vita della Chiesa e alla sua missione”.“La presenza di mezzi di comunicazione promossi esplicitamente dalla comunità ecclesiale – ha chiarito il segretario della Cei – non deve essere intesa in alternativa ad un impegno negli altri media, con i quali, anzi, si avverte l’esigenza d’intensificare il dialogo e la collaborazione”, e su questo versante “le tecnologie digitali rappresentano una nuova opportunità”. Mons. Crociata ha sottolineato un paio di “ritardi” da “superare insieme”. Il primo è legato “a un linguaggio che a volte rimane ancora autoreferenziale, quasi di nicchia”, mentre i “nativi digitali” – ossia le generazioni cresciute con le nuove tecnologie – “ne hanno assunto il linguaggio veloce, essenziale e pervasivo”. C’è poi “la difficoltà di mettere a fuoco, all’interno dei piani pastorali delle nostre diocesi, un progetto organico per le comunicazioni sociali, che integri queste ultime negli altri ambiti”. La comunicazione, infatti, non è “un ulteriore segmento della pastorale”, ma “lo sfondo per una pastorale interamente e integralmente ripensata a partire da ciò che la cultura mediale è e determina nelle coscienze e nella società”. Si tratta, dunque, di “scongelare” la figura dell’animatore della cultura e della comunicazione, “per elaborare una strategia comunicativa missionaria, che sia capace di coinvolgere tutti gli ambiti pastorali e incidere sulla cultura della società”.Sir