Vita Chiesa

CHIESA ITALIANA E MEZZOGIORNO: IL PAESE NON CRESCERÀ SE NON INSIEME

“Il Paese non crescerà se non insieme”. A ribadirlo, a 20 anni dalla pubblicazione del documento “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, sono i vescovi italiani, nel documento dal titolo: “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, diffuso oggi dalla Cei (testo integrale). “Anche oggi – si legge nell’introduzione del testo – riteniamo indispensabile che l’intera nazione conservi e accresca ciò che ha costruito nel tempo”, a partire dalla consapevolezza che “il bene comune è molto più della somma del bene delle singole parti”. L’intento del documento, spiegano i vescovi, è “riprendere la riflessione sul cammino della solidarietà nel nostro paese, con particolare attenzione al Meridione d’Italia e ai suoi problemi irrisolti, riproponendoli all’attenzione della comunità ecclesiale nazionale”. “Torniamo sull’argomento – puntualizza la Cei – non solo per celebrare l’anniversario del documento, né in primo luogo per stilare un bilancio delle cose fatte o omesse, e neppure per registrare con ingenua soddisfazione la qualificata presenza delle strutture ecclesiali nella vita quotidiana della società meridionale, ma per intervenire in un dibattito che coinvolge tanti soggetti e ribadire la consapevolezza del dovere e della volontà della Chiesa di essere presente e solidale in ogni parte d’Italia, per promuovere un autentico sviluppo di tutto il Paese”. “Affrontare la questione meridionale diventa un modo per dire una parola incisiva sull’Italia di oggi e sul cammino delle nostre Chiese”, spiegano i vescovi, precisando che il punto di partenza del testo è “la constatazione del perdurare del problema meridionale”, unita alla “consapevolezza della travagliata fase economica che anche il nostro Paese sta attraversando”. Tutti “fattori”, questi, che per la Cei “si coniugano con una trasformazione politico-istituzionale, che ha nel federalismo un punto nevralgico, e con un’evoluzione socio-culturale, in cui si combinano il crescente pluralismo delle opzioni ideali ed etiche e l’inserimento di nuove presenze etnico-religiose per effetto dei fenomeni migratori”. Senza contare “la trasformazione della religiosità degli italiani”. “Il richiamo alla necessaria solidarietà nazionale, alla critica coraggiosa delle deficienze, alla necessità di far crescere il senso civico di tutta la popolazione, all’urgenza di superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti”: nasce da qui l’appello dei vescovi “alle non poche risorse presenti nelle popolazioni e nelle comunità ecclesiali del Sud, a una volontà autonoma di riscatto, alla necessità di contare sulle proprie forze come condizione insostituibile per valorizzare tutte le espressioni di solidarietà che devono provenire dall’Italia intera nell’articolazione di una sussidiarietà organica”. “Nessuno, proprio nessuno, nel Sud deve viver senza speranza”. E’ il forte monito lanciato dalla Cei nel documento, in cui i vescovi esprimono un “pensiero solidale” verso le genti del Sud, attraverso “un giudizio ragionevole sulla situazione sociale e culturale del nostro Paese”. Molti dei “radicali e incalzanti mutamenti” attuali, ammonisce la Cei, ”non saranno positivi per il Mezzogiorno, se esso non reagirà adeguatamente e non li trasformerà in opportunità”. Al contrario, “potrebbero acuirsi antiche debolezze e approfondirsi limiti radicati, che rischiano di isolare il Mezzogiorno tagliandolo fuori dai processi di sviluppo”. Con Giovanni Paolo II, i vescovi italiani ripetono che spetta “alle genti del Sud essere le protagoniste del proprio riscatto, ma questo non dispensa dal dovere della solidarietà l’intera nazione”. La “condivisione” è quindi il “valore” su cui punta la Cei, e che si traduce in uno stile che per i cristiani trova il suo radicamento nell’Eucaristia. “Donare senza trattenere per sé”: in questo “consiste lo specifico servizio dei discepoli di Gesù verso il mondo, un servizio la cui qualità ed efficacia non dipendono da un calcolo umano. Si tratta, infatti, non soltanto del ‘fare’ a cui sono abituati i governanti delle nazioni, ma del ‘consegnare a Dio’ tutto ciò che si divide con la gente”. “Il complesso panorama politico ed economico nazionale e internazionale”, aggravato dalla crisi, “ha fatto crescere l’egoismo, individuale e corporativo, un po’ in tutta l’Italia, con il rischio di tagliare fuori il Mezzogiorno dai canali della ridistribuzione delle risorse, trasformandolo in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo”. Lo affermano i vescovi, che nel nuovo documento su Chiesa italiana e Mezzogiorno denunciano che “il cambiamento istituzionale provocato dall’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, non ha scardinato meccanismi perversi o semplicemente malsani nell’amministrazione della cosa pubblica, né ha prodotto quei benefici che una democrazia più diretta nella gestione del territorio avrebbe auspicato”. Di qui la necessità di “ripensare e rilanciare le politiche di intervento” a favore del Sud, per generare “iniziative auto-propulsive di sviluppo”. Il fenomeno delle “ecomafie” e la “questione ecologica”, la “fragilità del territorio” e la “massiccia immigrazione” che ne ha fatto il “primo approdo della speranza per migliaia di immigrati”: queste le “vecchie e nuove emergenze” del Mezzogiorno, che per i vescovi può diventare un “laboratorio ecclesiale” in materia di “accoglienza, soccorso e ospitalità”, ma anche di dialogo interreligioso con immigrati e profughi.Sir