Non è mai giusto sopprimere una vita per affermare una idea. Non è mai giusto ritenere che chi non la pensa come noi è nel torto e va annientato. Questo è fondamentalismo che distrugge la società perché distrugge la convivenza. Questo fondamentalismo, a qualsiasi religione o partito politico appartenga, potrà forse vincere qualche battaglia, ma è destinato a perdere la guerra. Ed è la storia che ce l’insegna. Lo ha detto mons. Luigi Padovese, presidente dei vescovi della Turchia (Cet), celebrando questa mattina a Trabzon una messa in suffragio di don Andrea Santoro, a quattro anni dalla sua uccisione nella chiesa di santa Maria a Trabzon mentre pregava. Sono passati quattro anni da quando don Andrea è stato ucciso in questa chiesa. Oggi, come quattro anni fa ha affermato mons. Padovese nell’omelia pervenuta al Sir – ritorna sempre la stessa domanda: Perché? Uccidendo don Andrea che cosa si è voluto annientare? La sola persona o anche quello che la persona rappresentava? Certamente nel colpire don Andrea era il sacerdote cattolico che si voleva colpire. Il suo sacerdozio è stato perciò la causa del suo martirio. Il sangue che don Andrea ha versato in questa Chiesa ha sottolineato il presidente della Cet – non è stato inutile. Pensiamo a quanti fratelli e sorelle in tutto il mondo hanno conosciuto il suo sacrificio e sono stati confermati nella volontà di vivere per Cristo e, se necessario, di morire per Lui. Questo umile sacerdote, conosciuto da pochi, con la sua morte è divenuto testimone per molti. Chi voleva farlo scomparire, in realtà ha prodotto l’effetto contrario. Ora, per molti, in tutto il mondo, il nome di Trebisonda è legato a quello di don Andrea. Egli voleva creare in questa città un punto d’incontro e un centro di dialogo tra cristiani e musulmani. Io spero vivamente ha concluso – che un giorno questo suo sogno si possa realizzare e che la città di Trebisonda divenga un esempio di pacifica convivenza e di fraternità dove tutti gli uomini sono uniti nella ricerca del bene comune.Sir