Rispettare l’ecologia umana, consapevoli che anche l’ecologia ambientale ne trarrà beneficio, poiché il libro della natura è uno ed indivisibile: solo così potremo consolidare la pace, oggi e per le generazioni che verranno. E’ l’invito rivolto dal Papa, nella parte finale del discorso (testo integrale) al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, tradizionale appuntamento in cui Benedetto XVI traccia un bilancio dell’anno appena trascorso e delinea le prospettive per quello che si è appena aperto. Il testo-base scelto dal Pontefice per la sua lettura dello scenario internazionale è stato il Messaggio per la Giornata mondiale della Pace (testo integrale), che esorta a custodire il creato. Il Successore di Pietro mantiene le sue porte aperte a tutti e con tutti desidera avere relazioni che contribuiscano al progresso della famiglia umana, ha esordito il Pontefice, che ha ribadito: La Chiesa è aperta a tutti, perché in Dio – esiste per gli altri. Per questo la Chiesa partecipa intensamente alle sorti dell’umanità, che in questo anno appena iniziato, appare ancora segnata dalla drammatica crisi che ha colpito l’economia mondiale e ha provocato una grave e diffusa instabilità sociale. Citando la sua terza enciclica, Caritas in veritate, benedetto XVI ha ribadito che le radici profonde di essa risiedono nella mentalità corrente egoistica e materialistica, dimentica dei limiti propri a ciascuna creatura.Questa stessa mentalità minaccia anche il creato, ha ammonito il Papa, secondo il quale ciascuno di noi, probabilmente, potrebbe citare qualche esempio dei danni che essa arreca all’ambiente, in ogni parte del mondo. Quando cadde il Muro di Berlino e quando crollarono i regimi materialisti ed atei che avevano dominato lungo diversi decenni una parte di questo Continente, ha affermato in particolare Benedetto XVI, si è potuto avere la misura delle profonde ferite che un sistema economico privo di riferimenti fondati sulla verità dell’uomo aveva inferto, non solo alla dignità e alla libertà delle persone e dei popoli, ma anche alla natura, con l’inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria. Questo perché, ha spiegato il Pontefice, la negazione di Dio sfigura la libertà della persona umana, ma devasta anche la creazione. In questa prospettiva, la salvaguardia del creato non risponde in primo luogo ad un’esigenza estetica, ma anzitutto a un’esigenza morale: di qui la preoccupazione del Papa per le resistenze di ordine economico e politico alla lotta contro il degrado dell’ambiente, difficoltà che si sono potute constatare anche durante il recente vertice Onu sul clima, svoltosi a Copenhagen. L’auspicio del Santo Padre è che nell’anno corrente, prima a Bonn e poi a Città del Messico, sia possibile giungere ad un accordo per affrontare tale questione in modo efficace.Per edificare una vera pace, non si può separare, o addirittura contrapporre la salvaguardia dell’ambiente a quella della vita umana, compresa la vita prima della nascita. Lo ha ribadito il Papa, che nel discorso al Corpo diplomatico ha affermato che è nel rispetto che la persona umana nutre per se stessa che si manifesta il suo senso di responsabilità verso il creato. Secondo Benedetto XVI, inoltre, la salvaguardia della creazione implica una corretta gestione delle risorse naturali dei paesi, in primo luogo, di quelli economicamente svantaggiati. In Africa, come altrove, è necessario adottare scelte politiche ed economiche che assicurino forme di produzione agricola e industriale rispettose dell’ordine della creazione e soddisfacenti per i bisogni primari di tutti, a partire dalla consapevolezza che la lotta per l’accesso alle risorse naturali è una delle cause di vari conflitti. In Afghanistan ed in alcuni paesi dell’America Latina, ha denunciato poi il Papa, purtroppo l’agricoltura è ancora legata alla produzione di droga e costituisce una fonte non trascurabile di occupazione e di sostentamento. Se si vuole la pace, occorre custodire il creato con la riconversione di tali attività, ha ammonito il Pontefice, chiedendo alla comunità internazionale che non si rassegni al traffico della droga ed ai gravi problemi morali e sociali che essa genera.Prendere decisioni efficaci in vista di un progressivo disarmo, che porti a liberare il pianeta dalle armi nucleari. E’ l’invito rivolto dal Papa nel discorso al Corpo diplomatico, in cui Benedetto XVI ha rinnovato anche l’appello – lanciato durante l’Angelus del 1°gennaio – a quanti fanno parte di gruppi armati di qualsiasi tipo affinché abbandonino la strada della violenza e aprano il loro cuore alla gioia della pace. Secondo il Papa una delle più gravi lanciate alla pace è quella dell’aumento delle spese militari, nonché quella del mantenimento o dello sviluppo degli arsenali nucleari. Ciò assorbe ingenti risorse, che potrebbero, invece, essere destinate allo sviluppo dei popoli, soprattutto di quelli più poveri. Il Papa ha inoltre deplorato che la produzione e l’esportazione di armi contribuiscano a perpetuare conflitti e violenze, come nel Darfur, in Somalia e nella Repubblica Democratica del Congo. All’incapacità delle parti direttamente coinvolte di sottrarsi alla spirale di violenza e di dolore generata da questi conflitti le parole del Pontefice – si aggiunge l’apparente impotenza degli altri Paesi e delle organizzazioni internazionali a riportare la pace, senza contare l’indifferenza quasi rassegnata dell’opinione pubblica mondiale. Infine, il terrorismo che mette in pericolo un così gran numero di vite innocenti e provoca un diffuso senso di angoscia.Agire con giustizia, solidarietà e lungimiranza. Questo l’atteggiamento raccomandato dal Papa alle autorità civili coinvolte a diverso titolo, di fronte all’esodo di quanti abbandonano la propria terra, a causa delle gravi violenze, unite ai flagelli della povertà e della fame, come pure alle catastrofi naturali ed al degrado ambientale. Nel discorso al Corpo diplomatico, Benedetto XVI ha citato tra le categorie di migranti i cristiani in Medio Oriente, che colpiti in varie maniere, fin nell’esercizio della loro libertà religiosa, lasciano la terra dei loro padri. E’ per offrire loro un sostegno che ho convocato l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi sul Medio Oriente,ha annunciato Benedetto XVI, che nella parte finale del discorso ha richiamato ancora una volta israeliani e palestinesi a dialogare e a rispettare i diritti dell’altro, chiedendo che sia universalmente riconosciuto il diritto dello Stato di Israele ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. E che, ugualmente, sia riconosciuto il diritto del popolo palestinese ad una patria sovrana e indipendente, a vivere con dignità e a potersi spostare liberamente. Il Papa ha sollecitato infine il sostegno di tutti perché siano protetti l’identità e il carattere sacro di Gerusalemme.Per amore del dialogo e della pace, che salvaguardano la creazione l’altro appello di Benedetto XVI – esorto i governanti e i cittadini dell’Iraq ad oltrepassare le divisione, la tentazione della violenza e l’intolleranza, per costruire insieme l’avvenire del loro Paese. Anche le comunità cristiane ha assicurato il Papa – vogliono dare il loro contributo, ma perché ciò sia possibile, bisogna che sia loro assicurato rispetto, sicurezza e libertà. Il Santo Padre ha menzionato poi il Pakistan, duramente colpito dalla violenza in questi ultimi mesi, con alcuni episodi che hanno preso di mira direttamente la minoranza cristiana. A questo proposito, il Pontefice ha chiesto che si compia ogni sforzo affinché tali aggressioni non si ripetano e i cristiani possano sentirsi pienamente integrati nella vita del loro Paese. Sempre trattando delle violenze contro i cristiani, il Papa ha menzionato i deplorevoli attentati di cui sono state vittime le comunità copte egiziane in questi ultimi giorni, proprio quando stavano celebrando il Natale. Per quanto riguarda l’Iran, l’auspicio papale è che attraverso il dialogo e la collaborazione, si raggiungano soluzioni condivise, sia a livello nazionale che sul piano internazionale.Le radici della situazione internazionale attuale sono di ordine morale e la questione deve essere affrontata nel quadro di un grande sforzo educativo, per promuovere un effettivo cambiamento di mentalità ed instaurare nuovi stili di vita. Ne è convinto il Papa, che nel discorso al Corpo diplomatico ha assicurato: Di ciò può e vuole essere partecipe la comunità dei credenti, ma perché ciò sia possibile, bisogna che se ne riconosca il ruolo pubblico. Al contrario, è la denuncia di Benedetto XVI, in alcuni Paesi, soprattutto occidentali, si diffondono, negli ambienti politici e culturali, come pure nei mezzi di comunicazione, un sentimento di scarsa considerazione, e, talvolta, di ostilità, per non dire di disprezzo verso la religione, in particolare quella cristiana. Questo accade perché, se il relativismo è concepito come un elemento costitutivo essenziale della democrazia, si rischia di concepire la laicità unicamente in termini di esclusione o, meglio, di rifiuto dell’importanza sociale del fatto religioso. Tale approccio, però, crea per il Papa scontro e divisione, ferisce la pace, inquina l’ecologia umana e, rifiutando, per principio, le attitudini diverse dalla propria, si trasforma in una strada senza uscita. Di qui la necessità di definire una laicità positiva, aperta, che, fondata su una giusta autonomia tra l’ordine temporale e quello spirituale, favorisca una sana collaborazione e un senso di responsabilità condivisa. E’ in questa prospettiva che il Papa pensa all’Europa, che con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha iniziato una nuova fase del suo processo di integrazione, che la Santa Sede continuerà a seguire con rispetto e con benevola attenzione. Nel rilevare con soddisfazione che il Trattato prevede che l’Unione Europea mantenga con le Chiese un dialogo aperto, trasparente e regolare, Benedetto XVI auspica che, nella costruzione del proprio avvenire, l’Europa sappia sempre attingere alle fonti della propria identità cristiana, visto il suo ruolo insostituibile per la formazione della coscienza di ogni generazione e per la promozione di un consenso etico di fondo, al servizio di ogni persona del nostro continente. Il Papa ha inoltre stigmatizzato gli attacchi mossi da leggi o progetti che, in nome della lotta contro la discriminazione, colpiscono il fondamento biologico della differenza tra i sessi, come avviene in alcuni Paesi europei o americani. Oltre alla solidarietà, ha chiesto concordia e stabilità degli Stati, che quando insorgono divergenze e ostilità devono perseguire con tenacia la via di un dialogo costruttivo.Sir