In questi anni, pur senza per questo cancellare la teoria dei due livelli, ci si sta orientando verso una teoria del dialogo tra scienza e teologia, i cui statuti sono indipendenti ma non è possibile camminare su uno senza sentire la voce dell’altro. Mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha tracciato in questi termini lo stato di salute del rapporto tra scienza e fede, intervenendo oggi alla presentazione della mostra Astrum 2009: astronomia e strumenti. Il patrimonio storico italiano quattrocento anni dopo Galileo, che si aprirà il 16 ottobre nei Musei Vaticani e sarà visitabile fino al 16 gennaio 2010. Una grande conquista degli ultimi decenni ha spiegato Ravasi è stata l’affermazione che scienza e teologia sono due magisteri non sovrapponibili, ma paralleli, con i loro statuti e la loro epistemologia. Si devono ascoltare ma sono indipendenti, non conflittuali. Due esempi tipici di dialogo tra scienza e fede, scienza e filosofia, sono per Ravasi le categorie di tempo e di spazio, per le quali sempre più in ambito scientifico si tiene conto del contributo di riflessioni di tipo metafisico. Rispondendo alla domanda di un giornalista sulla ripresa di interesse in Vaticano per Galileo, Ravasi ha specificato che si tratta di una ripresa a due livelli: quello filologico, che riguarda la documentazione dell’evento ed è un percorso da fare con molta serenità e oggettività, e quello che rientra nel dialogo tra fede e scienza. Ritornare a considerare il tribunale della storia come una componente del dialogo tra scienza e fede ha ammonito Ravasi è giusto, bisogna avere il coraggio di farlo e riconoscere gli errori, da una parte e dall’altra. Ma non si può tenere sempre aperto questo tribunale. Interpellato inoltre sul rapporto della Chiesa con Darwin, Ravasi ha precisato che quest’ultimo non è mai entrato nell’Indice, forse perché era un autore protestante e ha fatto notare che anche l’Humani generis di contiene un paragrafo in cui si dichiara la disponibilità del Papa a seguire le evoluzioni in ambito scientifico. Come ha dimostrato un recente convegno svoltosi alla Gregoriana per iniziativa del Pontificio Consiglio della Cultura, e al quale hanno partecipato scienziati, teologi e filosofi, è possibile un dialogo molto fecondo tra queste discipline, se non si adottano vie di precomprensione, ha concluso Ravasi.Una mostra che mette in evidenza l’impatto non solo strettamente scientifico ma anche e soprattutto culturale che l’astronomia ha avuto e continua ad avere sul progresso del pensiero e sulla nostra percezione del mondo. Così Tommaso Maccararo, presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica, ha definito la mostra Astrum 2009, presentata oggi in sala stampa vaticana. Dalle osservazioni di Galileo ad oggi, ha affermato il relatore, ci siamo a volte illusi di aver scoperto i misteri del cosmo, ma in realtà è sempre maggiore quanto non conosciamo di quanto sappiamo. L’Italia possiede un patrimonio storico e astronomico unico al mondo, per numero e valore delle collezioni, ha fatto notare Ileana Chinnici,curatrice della mostra, che percorre anche la storia della Specola vaticana,ha detto padre José Gabriel Funes, direttore di quest’ultima. Sulla componente emozionale, poetica e fantastica che ha sempre accompagnato lo stupore dell’uomo nei confronti del cosmo si è soffermato Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani. Sono circa 130 gli oggetti che verranno mostrati per la prima volta nella mostra: dal cannocchiale creato dagli olandesi per scopi bellici ed usato per la prima volta da Galileo per le osservazioni celesti al più sofisticato misuratore astronomico della fine del XIX secolo, passando per un astrolabio del XII secolo, lo strumento più antico.Sir