Offrire ai fedeli delle schede per la riflessione personale e comunitaria che aiutino a vivere con fede il tempo del terremoto. Sono queste le ragioni che hanno spinto la Conferenza Episcopale abruzzese-molisana a realizzare, in collaborazione con la Caritas, un sussidio intitolato Il Dio Vicino (testo integrale in pdf – clicca qui), che sarà distribuito a partire da domani a tutte le diocesi della Regione Ecclesiale. Uno strumento si legge nell’introduzione – già utilizzato dopo il terremoto del 1980 in Irpinia e che l’Ufficio Catechistico Regionale ha deciso di riproporre per riflettere alla luce della Parola di Dio sul sisma che ha devastato L’Aquila e molte parti dell’Abruzzo. Ciascuna scheda comprende tre punti: i fatti, il confronto e l’azione. Alla costatazione dei fatti e problemi conclude l’introduzione – segue il richiamo di testi biblici particolarmente significativi e un avvio di valutazione alla luce di esse, per concludere con questioni e proposte operative. Il sussidio vuole essere, infatti, uno strumento di riflessione sulla Parola ma anche su come affrontare i tempi della ricostruzione. Le tematiche si raggruppano intorno a tre momenti: il terremoto, l’emergenza e la ricostruzione.Di fronte al terremoto molti – credenti e non credenti – si sono chiesti: «Dov’era Dio quella notte? Perché ha permesso o ha voluto la morte di tanta gente?». È questa antica e sempre nuova domanda sul dolore, specialmente sul dolore innocente che apre il sussidio Il Dio Vicino realizzato dalla Ceam. Una domanda si legge – che è risuonata anche sulle braccia della croce: «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?» (Marco 15,34). La risposta è certo avvolta dal silenzio e dalla discrezione ma la Parola di Dio ci spinge ad andare oltre la domanda del Crocifisso, ad accompagnare ancora la sua storia verso l’ora luminosa della Pasqua. Da qui l’invito rivolto alle comunità a esercitarsi nella scoperta dei Suoi segni, partecipando alla sofferenza degli altri verso una sofferenza attiva. Senza però dimenticare come il numero delle vittime sia stato accresciuto da una serie di cause dovute certamente all’egoismo e alla mano dell’uomo. Per questo le responsabilità degli uomini non possono non essere chiamate in causa. Responsabilità che affondano le radici nell’egoismo, di fronti alle quali la comunità cristiana è chiamata ad esercitare un’opera di controllo vigile e di denuncia accompagnata però da una testimonianza di coerenza personale e di gruppo nell’impegno di giustizia e di amore.Il sussidio si sofferma anche su uno dei principali problemi che sta emergendo nelle zone colpite dal sisma: la disgregazione di comunità e paesi. Nell’ora dell’emergenza scrivono – contro il rischio della disgregazione, che è il risultato dell’isolamento egoistico e del disimpegno rispetto ai problemi altrui, la carità cristiana significa comunione e corresponsabilità. Chi si isola per pensare a sé e risolvere solo i propri problemi è come un membro del corpo che volesse funzionare senza l’armonia con tutti gli altri. In un contesto in cui la realtà è difficile e le avverse condizioni climatiche – col freddo, col caldo – hanno reso difficoltosa la vita nelle tende alcuni fuggono da questa realtà, e altri sono tentati di guardare al futuro con avidità ma seppur nell’emergenza il cristiano deve ricordare che è l’uomo della speranza, fuggendo la tentazione della disperazione, per la quale il male presente è talmente grande, da schiacciare ogni possibilità di risurrezione e di vita. Da evitare è anche la tentazione della temerarietà l’atteggiamento di chi specula sull’emergenza a proprio vantaggio. Contro questa presunzione la speranza cristiana diventa non solo appello a confidare in Dio, ma protesta contro calcoli utilitaristici che distruggono la comunione.Il sussidio della Ceam mette in guardia i fedeli da una ricostruzione che non sia solo materiale in cui si riflettono i proprio modi di vivere i valori. Il terremoto si legge -lascia problemi enormi, che non vanno risolti affrettatamente e offre l’occasione per ricostruire un mondo a misura d’uomo. C’è chi osserva che si tratta di ricostruire più che le case, la speranza in coloro che si sentono sfiduciati, con segni tali da aiutare a crescere nella comunione e nella corresponsabilità. C’è chi riconosce che la vera necessità è quella di preservare o ricostruire tutto l’uomo in ogni uomo. Da qui l’invito ai cristiani impegnati nella ricostruzione a perseguire come obiettivo primario la ricostruzione della comunità, che abbia reali possibilità di vita e in cui ciascuno ritrovi se stesso. Tracciando itinerari, pedagogicamente efficaci, per far maturare un atteggiamento di costante ricerca del Regno di Dio. Un cammino non può avvenire senza un impegno in prima persona delle popolazioni direttamente interessate.Sir