Vita Chiesa

CEI, COMUNICATO FINALE: NON RIDURRE LA CHIESA AD AGENZIA UMANITARIA

La Chiesa non si può “ridurre” ad una “agenzia umanitaria”, chiamata “a farsi carico delle patologie della società, ma irrilevante rispetto alla fisiologia della convivenza sociale”. A ribadirlo sono i vescovi italiani, nel comunicato finale della 59ma Assemblea generale della Cei (25-29 maggio), diffuso oggi. La Cei stigmatizza, inoltre, “un modello di Chiesa che si limiti a ribadire una fede disincarnata, priva di connessioni antropologiche e perciò incapace di offrire il proprio apporto specifico all’edificazione della città dell’uomo”. “Il vero profilo di una compiuta evangelizzazione – si legge invece nel comunicato richiede di saper servire la persona nella sua integralità, ponendo attenzione sia ai bisogni materiali sia alle aspirazioni spirituali”: l’ “unica diaconia della Chiesa” comporta, dunque, la necessità di “non separare la solidarietà dalla spiritualità e, di conseguenza, non disgiungere la ricerca della fede dalla realizzazione del bene comune”. La Chiesa, in altre parole, “rispetto alle diverse stazioni della ‘via crucis’ che l’uomo di oggi affronta, non fa selezioni”, ma non per conquistare “una qualche egemonia” od usare “l’ideale della fede in vista di un potere. Chiamati in causa “non solo da inediti problemi economici e sociali, ma anche da ricorrenti questioni bioetiche”, i vescovi ribadiscono che “non è possibile separare a carità dalla verità”. Sul tema dell’educazione – che caratterizzerà il prossimo decennio pastorale – i vescovi italiani privilegiano “un atteggiamento positivo e non allarmistico”. E’ quanto si legge nel comunicato finale della 59ma Assemblea della Cei, in cui si sottolinea il “radicato consenso” intorno alla scelta dell’educazione quale “tema portante” degli Orientamenti pastorali della Chiesa in Italia nel decennio 2010-2020. I vescovi, inoltre, hanno ribadito “la necessità di non sottovalutare l’impatto delle trasformazioni in atto, senza peraltro limitarsi semplicemente a recensirne le cause socio-culturali, indulgendo a diagnosi sconsolate e pessimiste”. Al contrario, per la Cei “l’educazione azione è una questione di esperienza: è un’arte e non un insieme di tecniche e chiama in causa il soggetto, di cui va risvegliata la libertà”, e la consapevolezza del rapporto tra “libertà e verità”, che include la “questione di Dio”. Esiste poi un altro binomio che va “correttamente interpretato”: quello tra persona e comunità”. Due, per la Cei, le “conseguenze”: la prima “individua nella Chiesa particolare e specificamente nella parrocchia il luogo naturale in cui avviare il processo educativo, senza peraltro sminuire il contributo originale delle aggregazioni ecclesiali”. La seconda “dà rilievo ai soggetti del processo educativo”: sacerdoti, religiosi e religiose, laici qualificati e, naturalmente, la famiglia e la scuola.Sir