Gerusalemme, 11 maggio 2009. «Può parlare più forte? La linea è disturbata. Sentiamoci tra qualche minuto». Dall’altro capo del cellulare padre Jorge Hernandez, da poche settimane parroco della comunità latina di Gaza. Quando finalmente, dopo vari tentativi, ci si riesce a collegare, il quadro non è certo dei più rosei: «Da stamattina siamo in fila al valico di Eretz per entrare in Israele. E finalmente, pochi minuti fa, sono riuscito ad passare assieme a due suore di Madre Teresa con passaporto straniero. Stiamo andando a Betlemme, per la visita del Papa di mercoledì 13 maggio. Ma rischiamo di essere i soli cristiani di Gaza presenti. Finora non sono ancora stati concessi i 250 permessi che il governo israeliano ci aveva promesso». In un primo tempo, quando ancora parroco di Gaza era padre Manuel Musallam, i cristiani di Gaza avevano chiesto di poter essere presenti alla messa celebrata dal Santo Padre a Gerusalemme. Questa eventualità è stata però negata per ragioni di sicurezza, invitando i fedeli della Striscia a recarsi nei Territori, a Betlemme. «Ma ad oggi – sostiene padre Jorge – non abbiamo ancora avuto nessuna risposta. I nostri cristiani sono pronti a partire. Ma se i permessi non arrivano entro oggi, dato la chiusura che da mercoledì notte subiranno i Territori per ragioni di sicurezza, anche i cristiani della Striscia saranno inesorabilmente tagliati fuori»L’amarezza dei cristiani di Gaza è palpabile. Proprio mentre all’aeroporto il presidente Shimon Peres accoglie Benedetto XVI sul suolo d’Israele, e mentre sta enfatizzando il dialogo e la convivenza tra cristiani, ebrei e musulmani in un Paese che garantisce libertà di religione, alla già martoriata comunità cristiana di Gaza sta forse per essere inflitta l’ennesima sofferenza. (Giuseppe Caffulli – Terrasanta.net)