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Parlamento Ue, risoluzione: «uiguri e kazaki detenuti in Cina. Adottare sanzioni»
Il Parlamento europeo ha votato una risoluzione di condanna per la detenzione in Cina di centinaia di migliaia di uiguri e persone di etnia kazaka.
(Strasburgo) Il Parlamento europeo «condanna fermamente il fatto che centinaia di migliaia di uiguri e persone di etnia kazaka siano stati inviati in ‘campi di rieducazione’ politica, sulla base di un sistema di polizia predittiva, ed esorta il governo cinese a porre immediatamente fine alla pratica delle detenzioni arbitrarie di membri delle minoranze uigura e kazaka in assenza di capi d’accusa, di un processo o di condanne per reati, a chiudere tutti i campi e i centri di detenzione e a liberare immediatamente e incondizionatamente le persone detenute, compreso il vincitore del Premio Sacharov di quest’anno, Ilham Tohti».
Gli eurodeputati hanno votato oggi una risoluzione che fa eco a quanto affermato ieri a Strasburgo proprio durante la cerimonia del conferimento del Sacharov 2019 all’economista uiguro Tothi. «Esistono solide informazioni secondo cui gli uiguri e altre minoranze etniche, principalmente musulmane, nella provincia dello Xinjiang sono soggetti a detenzioni arbitrarie, torture, a pesanti restrizioni delle pratiche religiose e a un’ampia sorveglianza digitalizzata», sottolinea il Parlamento. I deputati chiedono alle autorità cinesi di «garantire ai giornalisti e agli osservatori internazionali un accesso libero alla Regione autonoma uigura dello Xinjiang per valutare la situazione nel territorio». L’approccio adottato e gli strumenti utilizzati fino ad oggi dall’Ue «non hanno prodotto progressi tangibili nella situazione dei diritti umani in Cina, che è invece peggiorata nell’ultimo decennio».
È essenziale, secondo la risoluzione, che l’Ue «sollevi la questione della violazione dei diritti umani in Cina in ogni dialogo politico con le autorità cinesi». I deputati chiedono al Consiglio di adottare sanzioni mirate e di congelare i beni, se ritenuto opportuno ed efficace, contro i funzionari cinesi responsabili di una grave repressione dei diritti fondamentali nello Xinjiang.