Se la storia sembra aver fatto giustizia dell’idea secondo la quale la religione era destinata a un inesorabile declino, stiamo ancora facendo i conti con la premessa epistemologica del secolarismo, con il culto dei fatti. Lo ha detto mons. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, aprendo questo pomeriggio l’Anno Accademico della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale. In particolare, il presule ha esortato a superare quel modo un po’ superficiale con cui alcuni commentatori giudicano le espressioni e le azioni della Chiesa, giudicando l’annuncio di Cristo come qualcosa di atemporale, di fisso, come un presunto tentativo di chiudere gli occhi di fronte ai problemi, che hanno bisogno di soluzioni concrete. In base a tale posizione, ha spiegato Betori, se si prendessero sul serio i fatti’, non ci sarebbero più credenti in un Dio trascendente; si penserebbe piuttosto a porre concretamente rimedio a tali problemi. Una simile posizione ha ammonito l’arcivescovo non offre alcuna giustificazione della presunta inefficacia della religione: si limita ad affermarla a priori, in fora di un presupposto ideologico. Una conseguenza del secolarismo, per Betori, è la tendenza a considerazione come ciò che è definitivamente passato; mentre le grandi vicende culturali e letterarie ci testimoniano l’esatto opposto. Dal punto di vista cattolico, la tradizione viene incarnata dalla comunità ecclesiale, che a un tempo la preserva e la trasmette: è proprio l’esegesi, in altre parole, a richiedere uno stretto rapporto con la comunità, per evitare l’arbitrio soggettivo e il fondamentalismo integralista. Di qui la necessità, per la teologia, di fuggire banalità e luoghi comuni, che a volte impigriscono il nostro pensare, e dirigere umilmente l’indagine verso ciò che non è mai scontato, il mistero di Dio. Di fronte ad una situazione difficile, dominata dalla crisi di futuro i cui principali indicatori sono la bassissima crescita demografica e le pesanti difficoltà del processo educativo la Chiesa in Italia esorta da tempo a un maggior impegno sul fronte educativo e intende farlo sempre di più per i prossimi anni, ha concluso Betori auspicando per l’università una paziente opera educativa, che richiede la fedeltà alla tradizione e lo sforzo della ragione, per rendere comprensibile a noi e agli altri il contenuto della fede.Sir