Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: LA FEDE SENZA AMORE È ARBITRIO E SOGGETTIVISMO

“Disastrose sono le conseguenze di una fede che non si incarna nell’amore, perché si riduce all’arbitrio e al soggettivismo più nocivo per noi e per i fratelli”. Lo ha detto il Papa, che nell’udienza generale di oggi è tornato sulla dottrina paolina della giustificazione, e in particolare “sulle conseguenze che scaturiscono dall’essere giustificati per la fede”. Benedetto XVI, in particolare, ha messo in guardia da alcuni “fraintendimenti” sulla teoria della giustificazione, che già nella comunità di Corinto avevano fatto credere che “ci è lecito creare divisioni nella Chiesa, celebrare l’Eucaristia senza farci carico dei fratelli più bisognosi, aspirare ai carismi migliori senza renderci conto che siamo membra gli uni degli altri”. “A che cosa si ridurrebbe una liturgia rivolta al Signore – si è chiesto il Santo Padre – senza diventare, nello stesso tempo, servizio per i fratelli, una fede che non si esprimesse nella carità?”. “La centralità della giustificazione senza le opere, oggetto primario della predicazione di Paolo – ha spiegato, in sintesi, Benedetto XVI – non entra affatto in contraddizione con una fede operante nell’amore”. Al contrario, “giustificati per il dono della fede in Cristo, siamo chiamati a vivere nell’amore di Cristo per il prossimo, perché è su questo criterio che saremo alla fine della nostra esistenza giudicati”. La fede cristiana “non è pensiero, non è un’idea, è comunione, e perciò diventa conformità con Cristo”, ha detto il Papa a braccio,e ha proseguito: “Una fede senza carità non sarebbe una vera fede, sarebbe una fede morta”. L’amore di Cristo – ha detto ancora fuori testo Benedetto XVI – “ci sostiene fino a tormentarci, perché spinge ciascuno di noi a vivere non più per se stesso, ma per colui che è morto e risorto per noi”. In questa prospettiva, si comprende come “l’etica cristiana non nasce da un sistema di comandamenti, ma è una conseguenza della nostra amicizia con Cristo, e questa amicizia ci mostra la vita”. “Dobbiamo prendere rinnovata coscienza che, proprio perché giustificati in Cristo, non apparteniamo più a noi stessi, ma siamo diventati tempio dello Spirito e siamo perciò chiamati a glorificare Dio nel nostro corpo”, ha ammonito il Santo Padre, secondo il quale “sarebbe uno svendere il valore inestimabile della giustificazione se , comprati a caro prezzo dal sangue di Cristo, non lo glorificassimo con il nostro corpo”. No, quindi,alla “svalutazione della vita personale e comunitaria”. “Lasciamoci raggiungere dall’amore folle di Dio per noi”, la conclusione della catechesi, sempre a braccio: “Niente e nessuno potranno mai separarci dal suo amore. Questa certezza sia la forza per vivere realmente la fede che opera nell’amore”.Sir