Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: LA LIBERTÀ CRISTIANA NON È LIBERTINAGGIO O ARBITRIO

“La libertà cristiana non s’identifica mai con il libertinaggio o con l’arbitrio di fare ciò che si vuole”, ma “si attua nell’autentico servizio peri fratelli, soprattutto per i più bisognosi”. Lo ha detto il Papa, durante la catechesi dell’udienza di oggi, dedicata a due episodi della vita di S. Paolo: il Concilio di Gerusalemme e il cosiddetto “incidente di Antiochia”. Per san Luca, ha detto Benedetto XVI, “il Concilio di Gerusalemme esprime l’azione dello Spirito, per Paolo rappresenta il decisivo riconoscimento della libertà condivisa fra tutti coloro che vi parteciparono”. Quello di san Paolo, per il Papa, è “il Vangelo della libertà dalla legge. Non sono più necessari – ha spiegato a braccio – la circoncisione, il cibo, il sabato come contrassegno della giustizia: Cristo è la nostra giustizia, e giusto è chi è conforme a Cristo, senza contrassegni”. Nella parte finale della catechesi, tutta fuori testo, Benedetto XVI ha spiegato in cosa consiste la “vera libertà” del cristiano. “La lezione che dobbiamo imparare anche noi”,secondo il Papa, è “lasciarci tutti guidare dallo spirito, cercando di vivere nella libertà, che trova la sua guida e si concretizza nel servizio”. “Essenziale – ha aggiunto – è essere sempre più conformi a Cristo, così siamo realmente liberi e così cresce in noi la vera certezza ed essenza profonda della legge: l’amore di Dio e del prossimo”. “Ogni Concilio nasce dalla Chiesa e alla Chiesa torna”. Lo ha detto il Papa, soffermandosi nell’udienza di oggi sul Concilio di Gerusalemme – il primo Concilio della storia della Chiesa – in cui centrale è “il significato che Paolo e le sue comunità attribuirono alla colletta per i poveri di Gerusalemme”. “Si trattò di un’iniziativa del tutto nuova nel panorama delle attività religiose”, ha ricordato Benedetto XVI: “non fu obbligatoria, ma libera e spontanea; vi presero parte tutte le Chiese fondate da Paolo verso l’Occidente”. “La colletta – ha proseguito il Pontefice – esprimeva il debito delle sue comunità per la Chiesa madre della Palestina, da cui avevano ricevuto il dono inenarrabile del Vangelo”. “Tanto grande” è il valore che Paolo attribuisce a questo “gesto di condivisione”, che “per lui essa è piuttosto servizio, benedizione, amore, grazia, liturgia”. Elementi, questi, tutti “presenti in ogni liturgia celebrata e vissuta nella Chiesa, che per sua natura si oppone alla separazione tra il culto e la vita, tra la fede e le opere, tra la preghiera e la carità per i fratelli”. Nato per “dirimere la questione sul come comportarsi con i pagani che giungevano alla fede, scegliendo per la libertà dalla circoncisione e dalla Legge”, il Concilio di Gerusalemme – ha concluso il Papa -si risolve come istanza ecclesiale e pastorale, che pone al centro i poveri di Gerusalemme e di tutta la Chiesa”.“Solo il dialogo sincero, aperto della verità del Vangelo, poté orientare il cammino della Chiesa”. Lo ha detto il Papa, che durante l’udienza ha citato un passo della Lettera ai Romani, in cui san Paolo spiega che “il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”. Soffermandosi poi sull’”incidente di Antiochia”, in Siria, che “attesta la libertà interiore di cui Paolo godeva”, Benedetto XVI ha illustrato le due diverse visioni di san Pietro e san Paolo su “come comportarsi in occasione della comunione di mensa tra credenti di origine giudaica e quelli di matrice gentile”. In realtà, ha fatto notare il Papa, “erano diverse le preoccupazioni di Paolo, da una parte, e di Pietro e Barnaba, dall’altra: per questi ultimi la separazione dai pagani rappresentava una modalità per tutelare e per non scandalizzare i credenti provenienti dal giudaismo; per Paolo costituiva, invece, un pericolo di fraintendimento dell’universale salvezza in Cristo offerta sia ai pagani che ai giudei”. “Molto probabilmente – ha commentato il Pontefice erano diverse le prospettive di Pietro e di Paolo: per il primo non perdere i giudei che avevano aderito al Vangelo, per il secondo non sminuire il valore salvifico della morte di Cristo per tutti i credenti”. L’incidente di Antiochia, comunque, “si rivelò una lezione tanto per Pietro quanto per Paolo”.