Vita Chiesa

BENEDETTO XVI: UDIENZA, SAN PAOLO PARADIGMA DEL CRISTIANESIMO ATTUALE ANCORA OGGI

Un “paradigma di prim’ordine” del cristianesimo, “dal quale tutti noi abbiamo ancora sempre molto da imparare”. Così il Papa ha definito san Paolo durante l’udienza di oggi, dedicata all’apostolo. “E’ questo –ha detto Benedetto XVI – lo scopo dell’Anno Paolino: imparare da san Paolo, imparare la fede, imparare Cristo, imparare finalmente la strada della retta vita”. “Non è possibile comprendere adeguatamente san Paolo senza collocarlo sullo sfondo, tanto giudaico quanto pagano, del suo tempo”, ha fatto notare il Santo Padre, secondo il quale “in questo modo la sua figura acquista in spessore storico e ideale, rivelando insieme condivisione e originalità nei confronti dell’ambiente”. “Ma ciò vale analogamente anche per il cristianesimo in generale”, ha aggiunto. “Figura eccelsa e pressoché inimitabile, ma comunque stimolante”, San Paolo “sta davanti a noi come esempio di totale dedizione al Signore e alla sua Chiesa, oltre che di grande apertura all’umanità e alle sue culture”. Di qui il “posto particolare, anche nello sforzo di comprendere ciò che egli ha da dire anche a noi, cristiani di oggi”. Oggetto della catechesi papale, dunque – la prima di un ciclo dedicato a S. Paolo – “l’ambiente nel quale egli si trovò a vivere e a operare”, partendo dalla constatazione che “il contesto socio-culturale di oggi non differisce poi molto da quello di allora”.

“Un fattore primario e fondamentale da tenere presente è costituito dal rapporto tra l’ambiente in cui Paolo nasce e si sviluppa e il contesto globale in cui successivamente si inserisce”, ha detto il Papa, facendo notare che “gli viene da una cultura ben precisa e circoscritta, certamente minoritaria, che è quella del popolo di Israele e della sua tradizione”. Se a quell’epoca gli ebrei “dovevano aggirarsi attorno al 10% della popolazione totale”, a Roma, verso la metà del I° secolo, raggiungevano “al massimo il 3% degli abitanti della città”. “Le loro credenze e il loro stile di vita, come succede ancora oggi, li distinguevano nettamente dall’ambiente circostante”, ha osservato il Pontefice. Di qui i due atteggiamenti opposti: “o la derisione, che poteva portare all’intolleranza, oppure l’ammirazione, che si esprimeva in forme varie di simpatia”. “Non meraviglia”, quindi, che Paolo stesso “sia stato oggetto della doppia, contrastante valutazione”.In sintesi, “il particolarismo della cultura e della religione giudaica trovava tranquillamente posto all’interno di un’istituzione così onnipervadente quale era l’impero romano”; “più difficile e sofferta”, invece, “la posizione del gruppo di coloro, ebrei o gentili, che aderiranno con fede alla persona di Gesù di Nazaret, nella misura in cui essi si distingueranno sia dal giudaismo sia dal paganesimo imperante”. Due, in ogni caso, secondo il Papa i “fattori favorirono l’impegno di Paolo”: il primo fu “la cultura greca o meglio ellenistica”, il secondo “la struttura politico-amministrativa dell’impero romano, che garantiva pace e stabilità dalla Britannia fino all’Egitto meridionale, unificando un territorio dalle dimensioni mai viste prima”. Uno “spazio”, questo, in cui “ci si poteva muovere con sufficiente libertà e sicurezza, trovando in ogni punto di arrivo caratteristiche culturali di base che,senza andare a scapito dei valori locali, rappresentavano comunque un tessuto comune di unificazione davvero ‘super partes’”.

Se “la visione universalistica tipica della personalità di san Paolo, almeno del Paolo cristiano successivo all’evento della strada di Damasco, deve certamente il suo impulso di base alla fede in Gesù Cristo”, ha proseguito il Papa, “anche la situazione storico-culturale del suo tempo e del suo ambiente non può non aver avuto un influsso sulle sue scelte e sul suo impegno”. “Qualcuno ha definito Paolo ‘uomo di tre culture’ – ha osservato a questo proposito il Papa – tenendo conto della sua matrice giudaica, della sua lingua greca, e della sua prerogativa di ‘civis romanus’, come attesta anche il nome di origine latina”. Rilevante anche l’influsso della filosofia stoica, “che era dominante al tempo di Paolo e che influì, se pur in misura marginale, anche sul cristianesimo”, il quale recepì i suoi “valori altissimi di umanità e di sapienza”. Tra questi, il Papa ha citato “la dottrina dell’universo inteso come un unico grande corpo armonioso”, quella dell’”uguaglianza tra tutti gli uomini senza distinzioni sociali”, l’equiparazione “almeno di principio tra l’uomo e la donna”. Al tempo di san Paolo, ha concluso il Papa, “era in atto anche una crisi della religione tradizionale, almeno nei suoi aspetti mitologici e anche civici”,ma “le differenze tra i culti pagani e il culto cristiano non sono di poco conto”.

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