Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: LA BIBBIA NON È CONOSCENZA TEORETICA, MA NUTRIMENTO QUOTIDIANO

“La Bibbia non è tanto una conoscenza teoretica, ma nutrimento quotidiano per la vita in questo mondo”. Lo ha detto il Papa, che ha incentrato la catechesi dell’udienza di oggi – come quella di mercoledì scorso –sulla figura di Papa San Gregorio Magno, “appassionato lettore della Bibbia, a cui si accostò con intendimento non semplicemente speculativo”, ha sottolineato rivolgendosi ai circa 15 mila fedeli presenti in una piazza S. Pietro assolata. Citando le omelie, Benedetto ha fatto notare che per san Gregorio “avvicinare la Scrittura semplicemente per soddisfare il proprio desiderio di conoscenza significa cedere alla tentazione dell’orgoglio ed esporsi così al rischio di scivolare nell’eresia”. Al contrario, “l’umiltà intellettuale è la regola primaria per chi cerca di penetrare le realtà soprannaturali partendo dai libri sacri”. L’umiltà, ha precisato Benedetto XVI, “non esclude affatto lo studio serio; ma per far sì che questo risulti spiritualmente proficuo, essa resta indispensabile”, perché “solo con l’umiltà intellettuale si ascolta veramente, si percepisce la voce di Dio”. Il rapporto con la Bibbia, secondo il Santo Padre,deve essere però orientato “non tanto alla comprensione, quanto all’azione”. “Il predicatore deve intingere il calamo nel sangue nel suo cuore – diceva san Gregorio – così può arrivare anche all’orecchio del prossimo”. “Non solo il ministro di Dio, ma anche ogni cristiano, ha il compito di farsi predicatore di quanto ha sperimentato nel proprio intimo, sull’esempio di Cristo che s’è fatto uomo per portare a tutti l’annuncio della salvezza”. Lo ha detto il Papa, che nell’udienza di oggi è tornato per la seconda volta sulla figura di Gregorio Magno. “L’orizzonte di questo impegno è quello escatologico”, ha proseguito Benedetto XVI: “l’attesa del compimento in Cristo di tutte le cose è un pensiero costante del grande Pontefice e finisce per diventare motivo ispiratore di ogni suo pensiero e di ogni sua attività. Da quiscaturiscono i suoi incessanti richiami alla vigilanza e all’impegno nelle buone opere”. In particolare, ha aggiunto il Santo Padre a braccio, Gregorio insiste sull’”unico senso delle Sacre Scritture”, ben evidenziato dai “binomi” di “sapere e fare, parlare e vivere, conoscere e agire”. Binomi, questo, che testimoniano “i due aspetti della vita umana” che sono “complementari”, ma che “purtroppo rischiano di essere antitetici”. “L’ideale della vita morale – ha spiegato infatti il Papa – consiste nel realizzare un’integrazione armoniosa tra la parola e l’azione, la riflessione e l’impegno, la preghiera ed il compimento dei propri doveri di stato”.

“Quelli che a tale compito non sono stati chiamati non lo ricerchino con superficialità, quelli invece che l’avessero assunto senza la debita riflessione sentano nascere nell’animo una doverosa trepidazione”. E’ uno degli ammonimenti contenuti nel “testo forse più organico” di Gregorio Magno: la “Regola pastorale”, scritta nei primi anni di Pontificato, in cui il santo tratteggia “la figura del vescovo ideale, maestro e guida del suo gregge”. Per San Gregorio il vescovo – ha detto Benedetto XVI durante l’udienza di oggi – “è innanzitutto il predicatore per eccellenza”, e come tale “egli deve essere innanzitutto di esempio agli altri, così che il suo comportamento possa costituire un punto di riferimento per tutti”. “Un’efficace azione pastorale” richiede, inolre, che il vescovo “conosca i destinatari e adatti i suoi interventi alla situazione di ognuno”. Questo “grande Pontefice”, in particolare, “insiste sul dovere che il Pastore ha di riconoscere ogni giorno la propria miseria, in modo che l’orgoglio non renda vano il bene compiuto”. Non a caso il capitolo finale della Regola è dedicato all’umiltà: “Quando ci si compiace di aver raggiunto molte virtù – vi si legge – è bene riflettere sulle proprie insufficienze ed umiliarsi: invece di considerare il bene compiuto, bisogna considerare quello che si è trascurato di compiere”.

L’unità è il “valore fondamentale della Chiesa cattolica”. Lo ha detto il Papa, che nell’ultima parte della catechesi – dedicata ancora una volta alla figura di san Gregorio Magno, si è soffermato sulle “relazioni” che quest’ultimo coltivò con i patriarchi di Antiochia, di Alessandria e della stessa Costantinopoli. “Si preoccupò sempre di riconoscerne e rispettarne i diritti – ha ricordato Benedetto XVI – ricordandosi da ogni interferenza che ne limitasse la legittima autonomia”. “Sollecito tuttavia dell’unità della Chiesa – ha proseguito il Papa – non mancò di intervenire quando erano in gioco i diritti della Sede di Roma e soprattutto il valore fondamentale dell’unità” della Chiesa cattolica. “In un contesto storico in cui ci si attribuivano titoli ecclesiali che potevano toccare la sensibilità dei vari Patriarchi, egli si accontentò del titolo di ‘servus servorum Dei”, ha fatto notare il Santo Padre, ma “questo non gli impedì di affermare con forza l’indipendenza della Chiesa dal potere civile nelle questioni religiose e di rivendicare con coerenza e coraggio i diritti del successore di Pietro”. “Con questo grande Papa – ha concluso Benedetto XVI – la sede romana acquistò uno straordinario prestigio in tutto il mondo cristiano. Seguendone l’esempio, con scelta significativa, i Papi successivi amarono qualificarsi col titolo a lui caro, quello di ‘servus servorum Dei’”.

“Giovanni il buono”, il buon papa Giovanni”. Sono due appellativi con cui “veniva chiamato dalla gente” papa Giovanni XXIII. A citarli è stato oggi il Papa, che salutando i fedeli polacchi al termine dell’udienza ha ricordato che ieri “si sono compiuti i 45 anni dalla morte del beato”. “Era stato lui – ha proseguito Benedetto XVI – a convocare il Concilio Vaticano II, il quale iniziò il rinnovamento della Chiesa, la riforma delle sue strutture e l’aggiornamento della liturgia”. “Che questa riforma – l’auspicio del Pontefice –porti frutti in noi e nella Chiesa del terzo millennio”. Nei saluti in lingua inglese, il Papa ha rivolto tra gli altri un “saluto speciale al gruppo di pellegrini episcopaliani provenienti da Gerusalemme, e i “molti gruppi di studenti” presenti all’udienza. Infine, salutando i fedeli italiani,Benedetto XVI ha salutato in particolare “gli atleti con la fiaccola della pace,che brillerà nel pellegrinaggio notturno da Macerata a Loreto”. A loro e ai vescovi delle due diocesi, mons. Giancarlo Vecerrica e mons. Claudio Giuliodori, il Papa ha augurato “ogni migliore successo” per la trentesima edizione “di tale importante iniziativa pastorale”.

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