Oggi c’è bisogno di dedizione e di passione educativa, perché non è con i sogni che si costruisce una società nuova e migliore, né con le requisitorie saccenti o le suggestioni vaghe quanto utopiche, ma con i percorsi educativi, con lo sforzo che è proprio di ogni conquista. Lo ha detto don Vincenzo Annichiarico, responsabile del Servizio Irc (insegnamento della religione cattolica) della Cei, aprendo questo pomeriggio, a Campora San Giovanni (Lamezia Terme), il Convegno dei direttori e responsabili Irc di recente nomina, in corso fino a venerdì prossimo sul tema: L’organizzazione dell’Irc tra scuola e diocesi. Se la persona umana, nel momento delicato della sua crescita e del suo sviluppo ha proseguito don Annichiarico necessita di una speciale cura educativa, questa deve riguardare tutta la persona, nelle molteplici dimensioni che la riguardano, anche in quella religiosa e spirituale. E la proposta dell’ora di religione consiste proprio nell’offrire alle giovani generazioni, con modalità diversificate secondo la specifica fascia d’età, la caratteristica risposta cristiano-cattolica in relazione alla ricerca identitaria, alla vita relazionale, alle scelte valoriali, alla complessità della vita reale ed alle più radicali domande di senso, consentendo uno specchio dio confronto rispetto al quale la persona può liberamente orientarsi e definirsi.Né tappabuchi, né semplicemente ora di cultura: l’Irc è una disciplina in dialogo, che rientra a tutti gli effetti tra le discipline scolastiche, in quanto finalizzata alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. A tracciare l’identikit dell’ora di religione è stato Ernesto Diaco, docente di religione cattolica e viceresponsabile del Servizio Cei per il progetto culturale, intervenendo oggi al Convegno dei direttori e responsabili Irc di recente nomina, in corso a Campora San Giovanni (Lamezia Terme) fino a venerdì. Secondo il relatore, per gli insegnanti di religione il rischio di essere presenti nella scuola senza un vero inserimento nel suo progetto educativo e istruttivo resta, ma più che per nostra riluttanza per le resistenze, più o meno esplicite, che ancora si manifestano nell’accettare la dimensione religiosa come intrinseca al fatto culturale. Capita ancora che l’Irc sia tollerato, ma questo atteggiamento pare ormai in via di superamento. Ciò che è più frequente e spiacevole è che sia sottovalutato: anche se non dagli studenti o dalle famiglie, che lo scelgono in massa. Quanto alla specificità dell’Irc, per Diaco non è un’ora di teologia in senso stretto, né un dibattito sull’attualità o sul senso della vita: è un luogo di sintesi, una disciplina in dialogo tra fede e ragione, teologia e scienze umane, storia e attualità.Sir