Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, UDIENZA: ASSURDA LA CONDIZIONE DEI DETENUTI CONDANNATI E TORTURATI

“La scuola non può essere soltanto luogo di apprendimento nozionistico, ma è chiamata ad offrire agli alunni l’opportunità di approfondire validi messaggi di carattere culturale, sociale, etico e religioso”. Lo ha detto il Papa, nella prima parte dell’udienza generale di oggi,svoltasi come di consueto nella basilica vaticana, dove il Papa ha incontrato gruppi di studenti provenienti da diverse regioni d’Italia. Salutando la “festosa assemblea”, Benedetto XVI ha ricordato che “la scuola oggi affronta notevoli sfide che emergono nel campo dell’educazione”. Per il Pontefice, soprattutto, “chi insegna non può non percepire anche il risvolto morale di ogni umano sapere, perché l’uomo conosce per agire e l’agire è il frutto della sua conoscenza”. “Nell’odierna società, segnata da rapidi e profondi mutamenti – l’esortazione papale – voi, cari giovani, che volete seguire Cristo, abbiate cura di aggiornare la vostra formazione spirituale, cercando di comprendere sempre più i contenuti della fede. Potrete così essere pronti a rispondere senza esitazioni a chi vi domanda ragione della vostra adesione al Signore”. Il Papa ha concluso augurando ai giovai di “prepararvi bene alle prossime feste pasquali”.

“Ogni detenuto, per qualunque motivo sia finito in carcere, intuisce quanto sia pesante questa particolare condizione umana, soprattutto quando essa è abbrutita, come accadde a Boezio, dal ricorso alla tortura”. Lo ha detto il Papa, che nell’udienza generale di oggi – dedicata alle figure di Boezio e Cassiodoro – ha definito “particolarmente assurda la condizione di chi viene torturato a morte senza alcun altro motivo che non sia quello delle proprie convinzioni ideali, politiche o religiose”. In questo senso, Boezio secondo Benedetto XVI è il “simbolo di un numero immenso di detenuti condannati ingiustamente di tutti i tempi e di tutte le latitudini”. Nato a Romanel 480 e condannato a morte ingiustamente – con il “pretesto” di un “complotto” contro il re Teodorico – il 23 ottobre del 524, a soli 44 ani, Boezio “proprio per questa sua drammatica fine – ha detto il Papa – può parlare dall’interno all’uomo contemporaneo e soprattutto alle tantissime persone che subiscono la sua stessa sorte a causa dell’ingiustizia presente in tanto parte della giustizia umana”.

In carcere, ha ricordato il Papa a braccio, Boezio cerca “consolazione, luce, saggezza”, e “ha saputo distinguere tra beni apparenti, amicizie apparenti, e beni veri, che non scompaiono. Il bene vero, che non scompare, è Dio”. Boezio, in particolare, per Benedetto XVI “ci insegna a non cadere nel fatalismo: non governa il fato, la fortuna, governa la Provvidenza. E la Provvidenza ha un volto, con la Provvidenza si può parlare perché Dio è la provvidenza”. “Anche nel carcere – ha assicurato il Pontefice –rimane la possibilità della preghiera, del dialogo con Colui che ci salva. Il fatto elimina la possibilità della preghiera, mentre la Provvidenza ci permette di stare in amicizia con Dio”. “L’avversa fortuna – ha aggiunto Benedetto XVI riferendosi ancora alla condizione di chi si trova carcerato – permette di discernere i falsi amici dai veri e fa capire che nulla è più prezioso per l’uomo di un’amicizia vera. Le difficoltà della vita non soltanto rivelano quanto l’avversa fortuna sia effimera e di breve durata, ma si dimostrano perfino utili per individuare e mantenere gli autentici rapporti tra gli uomini”.

“Anche noi viviamo in un tempo di incontro tra culture”, dove “il pericolo è la violenza che distrugge le culture”: di qui “l’impegno necessario per trasmettere i grandi valori, insegnarli alle nuove generazioni, per una via di riconciliazione e di pace”. Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha concluso l’udienza generale di oggi, ed ha attualizzato il messaggio di Marco Aurelio Cassiodoro, “protagonista” con Boezio della catechesi pronunciata da Benedetto XVI dinanzi a circa 13 mila fedeli. Calabrese, nato a Squillace verso il 485 e morto “pieno di giorni” a più di 90 anni, intorno al 580, Cassiodoro, come Boezio, fu un uomo “di alto livello sociale”, che “si dedicò alla vita politica e all’impegno culturale come pochi altri nell’occidente romano del suo tempo”. In particolare, “concepì l’idea di affidare ai monaci il compito di recuperare, conservare e trasmettere ai posteri l’immenso patrimonio culturale degli antichi, perché non andasse perduto”. Per questo Cassiodoro fondò “Vivarium”, un cenobio dove era “preziosissimo e irrinunciabile il lavoro intellettuale dei monaci”. Per Cassiodoro, “la ricerca di Dio resta lo scopo permanente della vita monastica”, ma ciò non togliere che “una migliore fruizione della Parola rivelata si può raggiungere con l’utilizzazione delle conquiste scientifiche e degli strumenti culturali profani già posseduti dai greci e dai romani”.

Tra i tradizionali saluti nelle varie lingue che concludono l’udienza generale, la “novità” di oggi – finora inedita per il Santo Padre – è stato un particolare saluto in lingua latina, che ha preceduto quello (tradizionalmente finale) in lingua italiana e ha seguito il saluto in lingua croata. Ecco una nostra traduzione: “Vogliamo salutare ora in lingua latina quella lontana terra di Svezia, di cui oggi è presente la ‘Schola Cathedralis Scarensis’, con 27 studenti di lingua latina, il maestro Ioanne Hjertén ed altri maestri. Vogliamo confermare e sollecitare ciascuno di loro in questi studi, affinché qui a Roma possano pregustare le antichità sia cristiane, sia degli antichi romani, in modo da accrescere così la loro spiritualità ed eredità umana”.

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