Vita Chiesa

BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS: LA SCIENZA CONTRIBUISCE AL BENE DELL’UMANITÀ MA NON LA REDIME

Con l’Avvento “il Popolo di Dio si rimette in cammino, per vivere il mistero di Cristo nella storia”. Lo ha detto, ieri mattina, Benedetto XVI, introducendo la preghiera dell’Angelus. “Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre”, ha avvertito, mentre la storia “muta e chiede di essere costantemente evangelizzata; ha bisogno di essere rinnovata dall’interno e l’unica vera novità è Cristo: è Lui il pieno suo compimento, il futuro luminoso dell’uomo e del mondo”. L’Avvento è, ha osservato il Papa, “il tempo propizio per risvegliare nei nostri cuori l’attesa di Colui ‘che è, che era e che viene’”: “il credente è perciò sempre vigilante, animato dall’intima speranza di incontrare il Signore”. La prima domenica di Avvento è stata, dunque, “un giorno quanto mai indicato per offrire alla Chiesa intera e a tutti gli uomini di buona volontà la mia seconda enciclica, che ho voluto dedicare proprio al tema della speranza cristiana” e che “si intitola Spe salvi, perché si apre con l’espressione di san Paolo: ‘Spe salvi facti sumus – Nella speranza siamo stati salvati’”. In questo, come in altri passi del Nuovo Testamento, ha ricordato il Pontefice, “la parola ‘speranza’ è strettamente connessa con la parola ‘fede’. E’ un dono che cambia la vita di chi lo riceve, come dimostra l’esperienza di tanti santi e sante”.

Questa speranza consiste, ha spiegato Benedetto XVI, “nella conoscenza di Dio, nella scoperta del suo cuore di Padre buono e misericordioso. Gesù, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, ci ha rivelato il suo volto, il volto di un Dio talmente grande nell’amore da comunicarci una speranza incrollabile, che nemmeno la morte può incrinare, perché la vita di chi si affida a questo Padre si apre sulla prospettiva dell’eterna beatitudine”. Per il Papa, “lo sviluppo della scienza moderna ha confinato sempre più la fede e la speranza nella sfera privata e individuale, così che oggi appare in modo evidente, e talvolta drammatico, che l’uomo e il mondo hanno bisogno di Dio – del vero Dio! – altrimenti restano privi di speranza”. In realtà, “la scienza contribuisce molto al bene dell’umanità”, ma “non è in grado di redimerla”. L’uomo, dunque, “viene redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale. Per questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio, dal Dio che è l’amore, che in Gesù ci ha visitati e ci ha donato la vita, e in Lui tornerà alla fine dei tempi”. “E’ in Cristo – ha concluso – che speriamo, è Lui che attendiamo! Con Maria, sua Madre, la Chiesa va incontro allo Sposo: lo fa con le opere della carità, perché la speranza, come la fede, si dimostra nell’amore”.

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