Vita Chiesa

BENEDETTO XVI, MESSAGGIO URBI ET ORBI: IL MONDO HA BISOGNO DELL’ANNUNCIO DI PACE DEL CRISTO RISORTO

Davanti a oltre 100 mila persone, accorse in piazza San Pietro, e in diretta tv con le televisioni di tutto il mondo, Benedetto XVI ha lanciato oggi il suo augurio di pace, ricordando le situazioni di guerre, fame e calamità naturali che affliggono l’umanità, dall’Africa all’Asia, con un pensiero particolare al Medio Oriente. Al termine della lettura del messaggio pasquale ha inviato in 62 lingue “il messaggio di speranza, di fraternità e di pace, che ogni anno in questo Giorno santo si rinnova con vigore”. Fra le altre ha usato mongolo, turco, arabo, ebraico, aramaico, hindi, tamil, malayalam, bengalese, birmano, urdu, cinese, giapponese, coreano, vietnamita, singalese, tailandese, indonesiano, cambogiano e filippino.

Ricordando “i sentimenti di tristezza e sgomento per la morte del loro Signore” dei primi discepoli,”sentimenti di incredulità e stupore per un fatto troppo sorprendente per essere vero”, Benedetto XVI ha sottolineato come “il Risorto stesso venne incontro alla loro incredula sete di certezze. Non fu sogno, né illusione o immaginazione soggettiva quell’incontro; fu un’esperienza vera, anche se inattesa e proprio per questo particolarmente toccante”. E come all’apostolo Tommaso, rimasto “dubbioso e perplesso” Gesù Risorto abbia detto: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. La risposta dell’apostolo, ha proseguito il Papa, fu “una commovente professione di fede: ‘Mio Signore e mio Dio!'”. “Come augurio pasquale, quest’anno, – ha proseguito Benedetto XVI, – ho voluto scegliere proprio le sue parole, perché l’odierna umanità attende dai cristiani una rinnovata testimonianza della risurrezione di Cristo; ha bisogno di incontrarlo e di poterlo conoscere come vero Dio e vero Uomo. Se in questo Apostolo possiamo riscontrare i dubbi e le incertezze di tanti cristiani di oggi, le paure e le delusioni di innumerevoli nostri contemporanei, con lui possiamo anche riscoprire con convinzione rinnovata la fede in Cristo morto e risorto per noi. Questa fede, tramandata nel corso dei secoli dai successori degli Apostoli, continua, perché il Signore risorto non muore più. Egli vive nella Chiesa e la guida saldamente verso il compimento del suo eterno disegno di salvezza”. “Ciascuno di noi può essere tentato dall’incredulità di Tommaso. Il dolore, il male, le ingiustizie, la morte, specialmente quando colpiscono gli innocenti – ad esempio, i bambini vittime della guerra e del terrorismo, delle malattie e della fame – non mettono forse a dura prova la nostra fede? Eppure paradossalmente, proprio in questi casi, l’incredulità di Tommaso ci è utile e preziosa, perché ci aiuta a purificare ogni falsa concezione di Dio e ci conduce a scoprirne il volto autentico: il volto di un Dio che, in Cristo, si è caricato delle piaghe dell’umanità ferita”.

“Quante ferite, quanto dolore nel mondo! – ha eslamato il Papa – Non mancano calamità naturali e tragedie umane che provocano innumerevoli vittime e ingenti danni materiali. Penso a quanto è avvenuto di recente in Madagascar, nelle Isole Salomone, in America Latina e in altre Regioni del mondo. Penso al flagello della fame, alle malattie incurabili, al terrorismo e ai sequestri di persona, ai mille volti della violenza – talora giustificata in nome della religione – al disprezzo della vita e alla violazione dei diritti umani, allo sfruttamento della persona. Guardo con apprensione alla condizione in cui si trovano non poche regioni dell’Africa: nel Darfur e nei Paesi vicini permane una catastrofica e purtroppo sottovalutata situazione umanitaria; a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, gli scontri e i saccheggi delle scorse settimane fanno temere per il futuro del processo democratico congolese e per la ricostruzione del Paese; in Somalia la ripresa dei combattimenti allontana la prospettiva della pace e appesantisce la crisi regionale, specialmente per quanto riguarda gli spostamenti della popolazione e il traffico di armi; una grave crisi attanaglia lo Zimbabwe, per la quale i Vescovi del Paese, in un loro recente documento, hanno indicato come unica via di superamento la preghiera e l’impegno condiviso per il bene comune”.

“Di riconciliazione e di pace – ha proseguito – ha bisogno la popolazione di Timor Est” come pure “lo Sri Lanka, dove solo una soluzione negoziata porrà fine al dramma del conflitto che lo insanguina, e l’Afghanistan, segnato da crescente inquietudine e instabilità. In Medio Oriente, accanto a segni di speranza nel dialogo fra Israele e l’Autorità palestinese, nulla di positivo purtroppo viene dall’Iraq, insanguinato da continue stragi, mentre fuggono le popolazioni civili; in Libano lo stallo delle istituzioni politiche minaccia il ruolo che il Paese è chiamato a svolgere nell’area mediorientale e ne ipoteca gravemente il futuro. Non posso infine dimenticare le difficoltà che le comunità cristiane affrontano quotidianamente e l’esodo dei cristiani dalla Terra benedetta che è la culla della nostra fede. A quelle popolazioni rinnovo con affetto l’espressione della mia vicinanza spirituale”.

Il testo del Messaggio ‘Urbi et orbi’ di Benedetto XVI