Vita Chiesa

GIOVANNI PAOLO II; BENEDETTO XVI: UN SERVO DI DIO IL CUI PROFUMO HA RIEMPITO LA CHIESA E IL MONDO

“Il profumo della fede, della speranza e della carità del Papa riempì la sua casa, riempì Piazza San Pietro, riempì la Chiesa e si propagò nel mondo intero”. Lo ha detto il Papa, nell’omelia della Messa celebrata questo pomeriggio in piazza San Pietro, in occasione del secondo anniversario della morte del “servo di Dio”, di cui si è chiusa oggi la fase diocesana del processo di beatificazione. “Quello che è accaduto dopo la sua morte – ha proseguito Benedetto XVI – è stato, per chi crede, effetto di quel ‘profumo’ che ha raggiunto tutti, vicini e lontani, e li ha attratti verso un uomo che Dio aveva progressivamente conformato al suo Cristo”. Un “servo di Dio”: così il Santo Padre ha definito il suo predecessore, chiamandolo “nostro padre, fratello e amico”. “Il Signore – ha detto il Papa – lo ha chiamato al suo servizio nella strada del sacerdozio e gli ha aperto via via orizzonti sempre più ampi: dalla sua Diocesi fino alla Chiesa universale. Questa dimensione di universalità ha raggiunto la massima espansione nel momento della sua morte, avvenimento che il mondo intero ha vissuto con una partecipazione mai vista nella storia”. E “dalla casa del Padre – ha assicurato Benedetto XVI – non cessa di accompagnare il cammino della Chiesa”.

Benedetto XVI ha esordito con un “rendimento di grazie per avercelo dato durante ben 27 anni quale padre e guida sicura nella fede, zelante pastore e coraggioso profeta di speranza, testimone infaticabile e appassionato servitore dell’amore di Dio”, e ha ricordato “la grande devozione con cui egli celebrava i santi Misteri e adorava il Sacramento dell’altare, centro della sua vita e della sua infaticabile missione apostolica”. Salutando, poi, tra gli altri “i tanti giovani che Papa Giovanni Paolo II amava con singolare passione”, Benedetto XVI si è soffermato sulla cena di Betania narrata dall’evangelista Giovanni, “preludio alla morte di Gesù” ma anche “annuncio della resurrezione”, nella quale un gesto ha una “struggente rilevanza”: quello di Maria di Betania, che a un certo punto, “”presa una libbra di olio profumato di vero nardo, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli” (Gv 12,3). Per il Papa, quello citato “è uno di quei dettagli della vita di Gesù” che “parla dell’amore per Cristo, un amore sovrabbondante, prodigo, come quell’unguento ‘assai prezioso’ versato sui suoi piedi. Un fatto che sintomaticamente scandalizzò Giuda Iscariota: la logica dell’amore si scontra con quella del tornaconto”.

Il gesto dell’unzione di Maria di Betania, secondo il Santo Padre, “evoca la luminosa testimonianza che Giovanni Paolo II ha offerto di un amore per Cristo senza riserve e senza risparmio. Il ‘profumo’ del suo amore ‘ha riempito tutta la casa’, cioè tutta la Chiesa”, perché “l’amore di Papa Wojtyla per Cristo è traboccato in ogni regione del mondo, tanto era forte ed intenso”. “La stima, il rispetto e l’affetto che credenti e non credenti gli hanno espresso alla sua morte non ne sono forse una eloquente testimonianza?”, si è chiesto il Papa, secondo il quale “l’intenso e fruttuoso ministero pastorale, e ancor più il calvario dell’agonia e la serena morte dell’amato nostro Papa, hanno fatto conoscere agli uomini del nostro tempo che Gesù Cristo era veramente il suo ‘tutto’”. “La fecondità di questa testimonianza, noi lo sappiamo, dipende dalla Croce”, ha proseguito il Pontefice: “Nella vita di Karol Wojtyla la parola ‘croce’ non è stata solo una parola. Fin dall’infanzia e dalla giovinezza egli conobbe il dolore e la morte. Come sacerdote e come Vescovo, e soprattutto da Sommo Pontefice, prese molto sul serio quell’ultima chiamata di Cristo risorto a Simon Pietro, sulla riva del lago di Galilea: ‘Seguimi… Tu seguimi’”.

“Specialmente con il lento, ma implacabile progredire della malattia, che a poco a poco lo ha spogliato di tutto, la sua esistenza si è fatta interamente un’offerta a Cristo, annuncio vivente della sua passione, nella speranza colma di fede della risurrezione”. Nell’omelia della Messa per il secondo anniversario della morte del servo di Dio Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha sottolineato che “il suo pontificato si è svolto nel segno della ‘prodigalità’, dello spendersi generoso senza riserve. Che cosa lo muoveva se non l’amore mistico per Cristo, per Colui che, il 16 ottobre 1978, lo aveva fatto chiamare, con le parole del cerimoniale: “Magister adest et vocat te – Il Maestro è qui e ti chiama”? Il 2 aprile 2005, il Maestro tornò, questa volta senza intermediari, a chiamarlo per portarlo a casa, alla casa del Padre. Ed egli, ancora una volta, rispose prontamente col suo cuore intrepido, e sussurrò: ‘Lasciatemi andare dal Signore’”. Citando le “diverse stesure” del suo testamento, il Papa ha ricordato che il suo “amato” Giovanni Paolo II “da lungo tempo si preparava a quest’ultimo incontro con Gesù. Come il suo divino Maestro, egli ha vissuto la sua agonia in preghiera. E’ morto pregando. Davvero, si è addormentato nel Signore”.

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