Vita Chiesa

GIOVANNI PAOLO II: CHIUSA FASE DIOCESANA PROCESSO BEATIFICAZIONE; CARD. RUINI: UN UOMO COMPLETO E PIENAMENTE REALIZZATO

Un lungo applauso dei fedeli, che affollano la Basilica di San Giovanni in Laterano – i più visibili sono i polacchi, con uno striscione bianco e rosso – hanno salutato la chiusura della fase diocesana di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Giovanni Paolo II, che si è conclusa oggi, a soli 21 mesi dall’inizio, il 28 giugno del 2005. La sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana si è aperta con l’intervento, in latino, del notaio, Giuseppe Gobbi, e del postulatore della causa, don Slawomir Oder. Il card. Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha poi letto lo strumento di chiusura e ha proposto una “meditazione” sulla figura del nuovo servo di Dio, a due anni esatti dalla morte, avvenuta il 2 aprile 2005, vigilia della Festa della Divina Misericordia.

“Un uomo completo e pienamente realizzato, un ”testimone esemplare della dedizione per i fratelli”, un “comunicatore spontaneo del Vangelo”. Sono alcune definizioni del servo di Dio Giovanni Paolo II, date dal card. Camillo Ruini, nel discorso. Ripercorrendo la biografia di karol Wojtyla, Ruini ha fatto notare come “all’inizio, al centro e al vertice di un tale ritratto non può non stare il rapporto personale di Karol Wojtyla con Dio: un rapporto che appare già forte, intimo e profondo negli anni della sua fanciullezza e che poi non ha cessato di crescere, di irrobustirsi e produrre frutti in tutte le dimensioni della sua vita”. “Tutti coloro che lo hanno conosciuto, da vicino o anche solo da lontano – ha testimoniato il cardinale – sono stati colpiti dalla ricchezza della sua umanità, dalla sua piena realizzazione come uomo, ma ancor più illuminante e significativo è il fatto che tale pienezza di umanità coincide, alla fine, con questo suo rapporto con Dio, in altre parole con la sua santità”.

Il “gusto” e la “gioia” cella preghiera, che Karol “ha avuto fin da fanciullo e a cui è rimasto sempre fedele, fino alle ore della sua agonia”; la “straordinaria libertà interiore”, che faceva di lui “uomo di concreta e radicale povertà”. Sono questi, per il card. Ruini, altri tratti peculiari del nuovo servo di Dio, che “viveva poveramente, in modo spontaneo e senza sforzo, sembrava non avere bisogno di nulla, era totalmente distaccato dal denaro e dalle cose”. In quanto “distaccato e libero anche da se stesso, non cercava il proprio successo o una sua autonoma realizzazione”, e “proprio la libertà da se stesso lo ha reso grandemente libero anche nei confronti degli altri, pronto all’ascolto e anche ad accettare la critica”. Un papa,Giovanni Paolo II, che per Ruini “sapeva essere autonomo nelle decisioni definitive, e soprattutto non rinunciava a prendere posizioni difficili e ‘comode’ per timore delle reazioni delle autorità ostili alla Chiesa, negli anni del suo ministero in Polonia, o dell’incomprensione e dell’ostilità dell’opinione pubblica predominante, negli anni del Pontificato”. Le sue scelte, infatti, “non erano mai dettate da altra sollecitudine che da quella per il Vangelo e per il bene dell’uomo, ‘via della Chiesa’”.

“Un uomo che ha amato Dio con l’intensità di Giovanni Paolo II non poteva non essere un testimone esemplare della dedizione per i fratelli”, ha detto il card. Ruini ripercorrendo la biografia di “un comunicatore spontaneo del Vangelo, a tutti e in ogni circostanza”, che “lanciò il grande programma della ‘nuova evangelizzazione’ e si dedicò personalmente per primo alla sua realizzazione, attraverso i continui viaggi missionari”. In particolare Giovanni Paolo II “ha cercato, senza mai stancarsi, di dare nuova linfa alla fede cristiana nell’Europa gravata dalla secolarizzazione ed ha fatto scaturire dal proprio cuore quella formidabile ‘invenzione’ evangelizzatrice che sono le Giornate Mondiali della Gioventù, espressione universale del suo amore di predilezione per i giovani”. Quella del nuovo servo di Dio, per il vicario del Papa, “era la fede semplice di un fanciullo e al tempo stesso la fede di un grande uomo di cultura, ben consapevole delle sfide di oggi”: proprio questa fede lo ha spinto “a farsi carico della difesa e della promozione della dignità e dei diritti, in una parola del bene autentico e concreto, degli uomini e dei popoli, opponendosi con un coraggio che non ha conosciuto ostacoli alle molteplici ‘minacce’ che pesano sull’umanità del nostro tempo”.

Tra queste, Ruini ha citato “la sua lotta per la liberazione dal totalitarismo comunista, la rivendicazione intransigente della giustizia per i popoli della fame, l’impegno strenuo per la pace nel mondo”, ma anche “la grande battaglia per la vita umana, contro l’aborto e ogni altra sua negazione, e per la famiglia, contro tutte le spinte che tendono a disgregarla”. “Entrambe queste battaglie – ha precisato il cardinale – egli le ha percepite e vissute non quasi fossero una violazione dei diritti delle donne, ma al contrario come affermazione e difesa dell’autentica dignità e del genio proprio delle donne”. “I suoi viaggi apostolici, come le visite alle parrocchie romane, sono stati, inseparabilmente, opera di evangelizzazione e atto di amore e di servizio per la Chiesa che vive nelle diverse parti del mondo”, ha proseguito Ruini, citando anche l’ecumenismo come “programma” e soffermandosi infine sull’ultima parte della vita di Giovanni Paolo II, e su quello che è stato definito da molti il “Vangelo della sofferenza”. “Ricordiamo tutti con emozione il modo in cui la sofferenza irruppe di nuovo nella sua vita il 13 maggio 1981”, ha detto il vicario del Papa ricordando il tragico attentato in piazza S. Pietro. “ Ma poi è iniziato, con la malattia, un lungo e ininterrotto martirio”.

“Il Papa ha sofferto nella carne e ha sofferto nello spirito, vedendosi sempre più spesso obbligato a ridurre gli impegni legati alla sua missione: sono anch’io testimone del dispiacere che gli ha procurato il dover interrompere, quando le aveva quasi portate a termine, le visite alle 333 parrocchie romane”. E’ la testimonianza del card. Ruini, che ha ricordato così gli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II: “Egli sopportava però la malattia e il dolore fisico con grande serenità e pazienza, con autentica virilità cristiana, continuando tenacemente ad adempiere il più possibile ai propri compiti, senza far pesare sugli altri i suoi malanni. Certo, dei segni di impazienza affioravano, ma non per il dolore quanto piuttosto per l’angustia e la limitazione che gli procurava l’insufficienza motoria, con la crescente necessità di essere trasportato”. “Da molto tempo egli si preparava al passo conclusivo della sua vita terrena”, ha ricordato il cardinale: “Aveva cominciato a scrivere il testamento durante gli esercizi spirituali del marzo 1979. Quando la fine si avvicinò e la prova si fece più dura, con l’operazione alla trachea, appena svegliatosi dall’anestesia scrisse su un foglio queste parole: “Cosa mi hanno fatto! Ma … totus tuus!”.

“Anche nel dolore profondo di non poter più disporre di quella voce che egli aveva tanto usato come veicolo della parola del Signore, rinnovava il suo abbandono totale nelle mani di Maria”, ha detto Ruini: “E quando, nella mattina di Pasqua, gli mancò la voce per benedire dalla finestra la folla di Piazza San Pietro, sussurrò a Mons. Stanislao: ‘Sarebbe forse meglio che muoia, se non posso compiere la missione affidatami’, ma subito aggiunse: “Sia fatta la tua volontà … Totus tuus’”. Poi quel 2 aprile di 2 anni fa, quando “come aveva fatto per tutta la vita, volle nutrirsi della parola di Dio e chiese che gli venisse letto il Vangelo di Giovanni: la lettura si protrasse fino al capitolo nono. E anche quel giorno recitò, con l’aiuto dei presenti, tutte le preghiere quotidiane: fece l’adorazione, la meditazione e anticipò perfino l’Ufficio delle letture della domenica. A un certo punto disse con voce debolissima a Suor Tobiana Sobotka, suo vero angelo custode, ‘Lasciatemi andare dal Signore’. Poi entrò in coma e nella sua stanza fu celebrata la Messa prefestiva della domenica della Divina Misericordia”. “La Divina Misericordia – ha concluso Ruini – è stata al centro della sua spiritualità e della sua vita: da Lei ha imparato a vincere il male con il bene”.