Vita Chiesa

PROGETTO CULTURALE: VIII FORUM; CARD.RUINI, «VERITÀ, BELLEZZA E VIVIBILITÀ DEL CRISTIANESIMO OGGI»

“Il cammino del progetto culturale si collega strettamente alla ‘novità’, non soltanto metodologica, che il Convegno di Verona ha proposto e che consiste nell’articolazione in cinque ambiti di esercizio della testimonianza (la vita affettiva e la famiglia, il lavoro e la festa, l’educazione e la trasmissione della cultura, la povertà e la malattia, i doveri e le responsabilità della cittadinanza)”. Lo ha detto, stamattina, il card. Camillo Ruini, presidente della Cei, nella sua prolusione in apertura dell’VIII Forum del progetto culturale che ha per tema “La ragione, le scienze e il futuro delle civiltà”. Questa novità, ha aggiunto, “non solo ‘adatta’ la pastorale all’attuale contesto socio-culturale, ma corrisponde all’indole profonda dell’esperienza cristiana, caratterizzata da un’attenzione primaria alla persona e alla sua concreta situazione di vita, con i rapporti, gli affetti, gli interessi, i problemi, le attese che la configurano”. Si tratta, insomma, “di un approccio pastorale e ‘capillare’ alla questione antropologica, considerata sul versante delle prassi di vita oggi diffuse”. Il progetto culturale ha, poi, “molto a che fare con quella missionarietà dell’intero popolo di Dio, e in esso specificamente dei laici”, chiamati a saldare “fede e vita” e a “mantenere viva la caratteristica ‘popolare’ del cattolicesimo italiano”.

Per il card. Ruini il progetto culturale ha ricevuto da Verona “un più preciso orizzonte: dopo l’emergere della questione antropologica, il grande tema della verità, bellezza e ‘vivibilità’ del cristianesimo, da pensare, vivere e proporre nelle condizioni di oggi e di domani, specialmente in rapporto alla ragione ed ai codici etici dell’Occidente neoilluminista, che tenta di universalizzare il suo secolarismo”. Questo è “il grande obiettivo della testimonianza e della missione cristiana nel pontificato di Benedetto XVI”. In riferimento, poi, al discorso del Papa a Regensburg e ad un recente articolo del filosofo Habermas che criticava la posizione assunta dal Santo Padre in quell’occasione perché, a suo dire “avrebbe dato una piega sorprendentemente antimoderna al dibattito su ellenizzazione o deellenizzazione del cristianesimo”, il card. Ruini ha chiarito alcuni punti: “Si può e si deve anzitutto precisare che in Dio lógos e agápe, ragione-parola e amore, si identificano”, ma il Papa “non si limita a questo”. “Il Dio della Bibbia supera infatti radicalmente ciò che i filosofi avevano pensato di Lui”, “non è una realtà a noi inaccessibile”, a cui “sarebbe inutile rivolgersi nella preghiera, come ritenevano i filosofi”, ma, al contrario, “il Dio biblico ama l’uomo e per questo entra nella nostra storia”.

Per il card. Ruini, “il Dio della fede cristiana è dunque sì il Dio della metafisica, ma è anche, e identicamente, il Dio della storia, il Dio cioè che entra nella storia e nel più intimo rapporto con noi. E’ questa, secondo Joseph Ratzinger, l’unica risposta adeguata alla questione del Dio della fede e del Dio dei filosofi”. Il presidente della Cei, dopo aver ricordato poi come Habermas concepisca l’alleanza “tra ragione secolarizzata e ‘illuminata’ e ragione teologica” su basi “nettamente diseguali” a vantaggio della prima, ha chiarito la “prospettiva” del Papa: attraverso diverse motivazioni, egli “mostra che la razionalità non può essere spiegata con l’irrazionale e che il soggetto umano non può essere ricondotto ad un oggetto né conosciuto adeguatamente attraverso i modi e i metodi con cui si conoscono gli oggetti”. Benedetto XVI è, però, “pienamente consapevole non solo che questo genere di considerazioni e argomentazioni vanno al di là dell’ambito della conoscenza scientifica e si pongono al livello dell’indagine filosofica, ma anche che sullo stesso piano filosofico il Lógos creatore non è l’oggetto di una dimostrazione apodittica, ma rimane ‘l’ipotesi migliore’, un’ipotesi che esige da parte dell’uomo e della sua ragione ‘di rinunciare a una posizione di dominio e di rischiare quella dell’ascolto umile’”.

Nell’attuale clima culturale, ha detto il card. Ruini, “l’uomo con le sue sole forze non riesce a fare completamente propria questa ‘ipotesi migliore’: egli rimane infatti prigioniero di una ‘strana penombra’ e delle spinte a vivere secondo i propri interessi, prescindendo da Dio e dall’etica”. Soltanto la rivelazione “ci rende davvero capaci di superare questa penombra”. Di qui l’atteggiamento più diffuso oggi tra i non credenti non è propriamente “l’ateismo”, ma “l’agnosticismo, che sospende il giudizio riguardo a Dio in quanto razionalmente non conoscibile”. Ma, per Ratzinger, l’agnosticismo “è un programma non realizzabile per la vita umana” perché “la questione di Dio non è soltanto teorica ma eminentemente pratica, ha conseguenze cioè in tutti gli ambiti della vita”. Insomma, se Dio esiste, “non può essere un’appendice da togliere o aggiungere senza che nulla cambi, ma è invece l’origine, il senso e il fine dell’universo, e dell’uomo in esso”. Nella “assolutizzazione” della ragione secolare, propugnata da Habermas, “abbiamo – ha chiarito il porporato – in qualche modo il corrispettivo, a livello teoretico, di quella “dittatura” o assolutizzazione del relativismo che si verifica quanto la libertà individuale, per la quale tutto è finalmente relativo al soggetto, viene eretta a criterio ultimo al quale ogni altra posizione deve subordinarsi”. Il card. Ruini, all’VIII Forum del progetto culturale, ha infine proposto “una riflessione personale” per “chiarire ulteriormente il punto decisivo del discorso che intende risalire a Dio dall’intelligibilità dell’universo”. Per il porporato, è necessario correggere “la scelta compiuta da Kant” per il quale “non è la nostra conoscenza a doversi regolare sugli oggetti, ma al contrario gli oggetti sulla conoscenza”, per “la corrispondenza tra la matematica, creazione della nostra intelligenza, e le strutture reali del mondo fisico, corrispondenza che è continuamente verificata dai successi delle scienze e delle tecnologie e che implica una conoscibilità di fondo – per quanto imperfetta e sempre in progresso – del reale da parte della nostra intelligenza”. Perciò, si ripropone inevitabilmente “la domanda sull’origine di tale corrispondenza e quindi sulla ‘ipotesi’ dell’Intelligenza creatrice, ossia di Dio”. Questo superamento di Kant non è un rifiuto degli “sviluppi della cultura degli ultimi due secoli”, ma serve “a propiziare il cammino ulteriore che sta davanti a noi”, adottando, come ha detto il Papa a Verona, un “taglio coraggioso che diviene maturazione e risanamento”, “tipico del rapportarsi della fede cristiana alle culture e alle forme di razionalità di tutte le diverse epoche e che non esclude affatto, ma al contrario garantisce e favorisce l’accoglienza e lo sviluppo dei loro valori autentici”. Sir