Vita Chiesa

MIGRAZIONI E ISLAM; PONTIFICIO CONSIGLIO: ASSISTERE CHI VUOLE CONVERTIRSI ALLA FEDE CATTOLICA

“Seguire e assistere” coloro che vogliono convertirsi dall’islam alla fede cattolica, anche con vescovi e laici incaricati di sviluppare “opportune iniziative di dialogo e di incontro”. E’ uno dei suggerimenti dati oggi da mons. Giovanni Lajolo, Segretario dei Rapporti con gli Stati, ai partecipanti alla Sessione plenaria del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti sul tema “Migrazione e itineranza da e per i Paesi a maggioranza islamica”.

Mons. Lajolo ha ricordato le cifre dell’esodo dei cristiani, “non adeguatamente protetti nei loro diritti fondamentali: in Iran erano 0,1% nel 1973 ora sono 0,01%; in Iraq la presenza cristiana è diminuita dei 2/3 (dal 2,6% nel 1973 all’1%); in Siria i cattolici erano il 2,8%, ora sono l’1,9%; sempre nel 1973 in Israele-Palestina i cattolici erano l’1,9%, oggi circa l’1%.

Mons. Lajolo ha fatto notare che la libertà religiosa “include anche la libertà di cambiare senza costrizioni la propria religione e di abbracciarne un’altra”. A questo proposito ha citato “le gravi pressioni, non escluse minacce di morte, esercitate sulle famiglie di chi vuole convertirsi alla fede cattolica, o persino dai servizi segreti o da funzionari delle ambasciate dei loro Paesi di provenienza”. Anche i mezzi di comunicazione sociale della Chiesa cattolica, ha suggerito mons. Lajolo, “potranno dare un importante contributo per formare i cristiani in questo campo e diffondere la conoscenza della nostra fede anche tra i musulmani, mediante programmi radiofonici, siti internet, programmi via satellite”.

Mons. Robert Sarah, Segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, ha confermato le difficoltà di molti cristiani che vivono nei Paesi musulmani e si vedono costretti ad emigrare (“o più frequentemente sono tentati di passare all’islam”) perché “appartengono ad un ordine sociale inferiore” e “non possono accedere alle cariche pubbliche”, una condizione che “li chiude in una vita e una pratica religiosa asfittica e senza nessuna possibilità di sviluppo”.

Mons. Sarah ha denunciato soprattutto “il modo umiliante e inumano con cui i migranti dell’Africa sub-sahariana sono trattati all’arrivo, quanto sopravvivono al deserto del Sahara o al mare”, dopo aver intrapreso costosi e disperati viaggi in autobus, taxi, camion, barca, cammelli, a piedi, con poco cibo e acqua, oggetto di “razzismo”, di “sfruttamento”, “maltrattamento” e di “abusi sessuali”. “E poi, ogni tanto, la morte con il naufragio in mare”. Nonostante tutto ciò, conclude, “le condizioni molto drammatiche e tragiche non tolgono loro la decisione di partire”. Mons. Sarah chiede quindi alle Conferenze episcopali di partenza e di arrivo di “cooperare per informare, aiutare ed accompagnare chi vuole immigrare nella legalità”, di promuovere maggiormente “la cooperazione internazionale per la stabilità politica e per rimuovere il sottosviluppo”, ma anche una “più fattiva collaborazione tra Chiesa e società civile, con la definizione di una legislazione chiara e applicata”. Sir