Vita Chiesa

ZINGARI: GLI «ORIENTAMENTI» DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I MIGRANTI, NO A RAZZISMO E XENOFOBIA

Rispettare “l’identità collettiva” della popolazione zingara, “sradicare gli episodi di razzismo e xenofobia”, più un invito ai governi e alle organizzazioni internazionali a definire “una politica comune, globale e condivisa per strappare gli zingari alla miseria e al rifiuto”: è l’auspicio di fondo che emerge dal documento “Orientamenti per una pastorale degli zingari”, a cura del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, presentato oggi in Sala Stampa vaticana. Il documento – che ha avuto nel 2001 una prima stesura da un gruppo di esperti “non soddisfacente” e poi è stato affidato nella sua versione finale ad un solo esperto – riassume una attenzione della Chiesa verso i nomadi già iniziata alla metà del ventesimo secolo in Francia, Germania, Italia e Spagna e ora diffusa in quasi tutti i Paesi europei, in alcune zone dell’America centrale e meridionale e in qualche Paese dell’Asia. Nella sola Europa si contano 15 milioni di nomadi delle varie etnie (Rom, Sinti, Manouches, Kalé, Gitans, Yeniches, ecc.), tra cui 4 milioni di ragazzi in età scolare. La Chiesa, ha detto il card.Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, “è chiamata a riconoscere il loro diritto ad una avere una propria identità, risvegliando le coscienze, al fine di ottenere maggiore giustizia per essi”. Una identità “segnata molte volte da persecuzione, esilio, inospitalità, rifiuto, sofferenza e discriminazione”, come ha ricordato il card. Fumio Hamao, ma che si “esprime in lingue proprie, ed ha una cultura e una religiosità con tradizioni comuni ed un forte senso di appartenenza”.

“Grazie a loro – ha sottolineato – l’umanità si arricchisce di un vero patrimonio culturale” e “il loro modo di vita è, in fondo, una testimonianza viva di una libertà interiore rispetto ai vincoli del consumismo e della false sicurezze fondate sulla presunta autosufficienza dell’uomo”.

Tra i segnali di “evoluzione positiva” nel mondo zingaro il card. Fumio Hamao ha segnalato “il crescente desiderio di istruzione e formazione professionale, di consapevolezza sociale e politica con la formazione di associazioni e partiti, la crescente partecipazione nelle amministrazioni locali e nazionali in alcuni Paesi, la presenza delle donne nella vita sociale e civile, il numero sempre maggiore di vocazioni”. Il documento auspica una evangelizzazione dall’interno, attraverso un processo di “purificazione di culture”, che “non significa svuotamento” ma necessita di “una certa integrazione con la cultura circostante”. E chiede che sia “promossa l’uguaglianza di diritti fra uomini e donne, con l’eliminazione di ogni forma di discriminazione”.

Anche il forte senso di famiglia molto presente tra loro, come ha fatto notare l’arcivescovo mons. Agostino Marchetto, segretario del medesimo Pontificio Consiglio, non dovrebbe però “degenerare in un risentimento perenne tra famiglie e clan”. Come pure “l’onestà in ambito lavorativo – si legge nel documento – è altresì una virtù civile e cristiana che non può essere disattesa” e le “attività che producono ‘denaro facile’ al margine o addirittura fuori della legalità, vanno quindi decisamente abbandonate”.

“Comunque – ha riconosciuto mons. Marchetto – è necessario ancora un grande lavoro per ridestare le coscienze, informare e cambiare atteggiamenti di sfiducia, alimentata da notizie parziali che si riferiscono agli zingari. L’informazione audiovisiva o stampata raramente permette al pubblico di conoscere aspetti positivi della cultura zingara, ma molto spesso si sofferma su quelli negativi, che ne danneggiano ulteriormente l’immagine”. La Chiesa invita perciò governi e organismi internazionali a “rispettare questa minoranza tra le minoranze, e riconoscerla, impegnandosi a sradicare gli episodi di razzismo e xenofobia ancora diffusi, che provocano discriminazioni in materia di impiego, alloggio e accesso agli studi”.

A livello pastorale il documento punta l’accento sull’incontro tra pastorale specifica per gli zingari e pastorale ordinaria nelle parrocchie. Il battesimo, ad esempio, che è “il sacramento più richiesto” andrà curato nel linguaggio e sarebbe preferibile celebrarlo in presenza di tutta la comunità parrocchiale. Gli Orientamenti consigliano, per l’evangelizzazione, di usare modalità e strumenti più consoni alla cultura zingara, come la musica, i video, i pellegrinaggi ai luoghi sacri del “Santo” legato alla storia familiare, il culto dei defunti vissuto in maniera comunitaria. Da valutare, secondo mons. Marchetto, “l’opportunità di tradurre la Bibbia, i testi liturgici e i libri di preghiera nella lingua usata dai vari gruppi etnici delle diverse regioni”.

Il documento mette in guardia però dal rischio – confermato dai fatti – che gli zingari “cadano vittime delle sètte”. Per questo si suggerisce di dare un ruolo particolare ai nuovi momenti ecclesiali, che “possono costituire un luogo concreto per l’espressione emotiva religiosa degli zingari”. Tra le novità, l’indicazione di nominare, all’interno delle Conferenze episcopali, un vescovo promotore della pastorale degli zingari, che abbia avuto qualche esperienza in quest’ambito. Da incoraggiare è anche la presenza delle “comunità-ponte”, sacerdoti o religiosi/e che vivono tra gli zingari, spesso in roulotte. E anche il protagonismo degli stessi zingari, con “laici zingari” impegnati nella pastorale e nuove vocazioni sacerdotali. In Europa sono una trentina i sacerdoti e religiosi/e appartenenti alle varie etnie zingare.Sir