Vita Chiesa

PAPA ALL’UDIENZA: LA PERSONA UMANA E’ UN CAPOLAVORO, ANCHE SE PERCOSSA E FERITA DALLA SOFFERENZA

La persona umana è un “capolavoro”, “pur percossa e ferita dalla sofferenza”. A soffermarsi sull’uomo come “la realtà più alta e mirabile dell’intero universo” è stato oggi il Papa, che nel corso dell’ultima udienza generale del 2005 ha ripreso la meditazione sul Salmo 138, la cui prima parte era stata oggetto della catechesi del 14 dicembre. Nella seconda parte del brano biblico proposto dalla liturgia dei vespri, definito dal Santo Padre un “inno sapienziale di intensa bellezza e passione”, si parla dell’uomo come il “prodigio” di Dio”, ha sottolineato Benedetto XVI, per il quale quello del salmo citato è “un tema profondamente in sintonia con il clima natalizio che stiamo vivendo in questi giorni, nei quali celebriamo il grande mistero del Figlio di Dio fattosi uomo per la nostra salvezza”.

“Dopo aver considerato lo sguardo e la presenza del Creatore che spaziano in tutto l’orizzonte cosmico”, nella seconda parte del Salmo “gli occhi amorevoli di Dio si rivolgono all’essere umano, considerato nel suo inizio pieno e completo”: anche se ancora “informe” nell’utero materno, ha fatto notare il Papa spiegando che “il vocabolo ebraico usato è stato inteso da qualche studioso della Bibbia come rimando all’embrione”, su di esso “si pone già lo sguardo benevolo e amoroso degli occhi di Dio”. Quest’ultimo, nei confronti della persona umana, è come un “vasaio” o uno “scultore”, che “forma, plasma la sua creazione artistica, il suo capolavoro, proprio come si diceva nel libro della Genesi per la creazione dell’uomo”. Anche Giobbe, ha ricordato il Pontefice, “rievocava con forza queste e altre immagini per esaltare quel capolavoro che è la persona umana, pur percossa e ferita dalla sofferenza”.

“La grandezza trascendente della conoscenza divina non abbraccia solo il passato e il presente dell’umanità, ma anche l’arco ancora nascosto del futuro”, ha detto il Papa, commentando la seconda parte del Salmo 138, e ribadendo come “nel libro della vita del Signore già sono scritti i giorni che quella creatura vivrà e colmerà di opere durante la sua esistenza terrena”, a partire da quell’“embrione ancora informe” che è la persona umana nel grembo materno.

Nella parte finale della catechesi, Benedetto XVI ha citato le omelie su Ezechiele di san Gregorio Magno, che “un’originale e delicata meditazione riguardante quanti nella Comunità cristiana sono più deboli nel loro cammino spirituale”. “Costoro, pur non costituendo la parte più perfetta, dell’edificio spirituale della Chiesa”, ha commentato il Santo Padre riportando le parole del padre della Chiesa, vi “vengono tuttavia annoverati in virtù del buon desiderio. È vero, sono imperfetti e piccoli, tuttavia per quanto riescono a comprendere, amano Dio e il prossimo e non trascurano di compiere il bene che possono. Anche se non arrivano ancora ai doni spirituali, tanto da aprire l’anima all’azione perfetta e all’ardente contemplazione, tuttavia non si tirano indietro dall’amore di Dio e del prossimo, nella misura in cui sono in grado di capirlo”. Per san Gregorio Magno, dunque, anche i “deboli” nella fede “contribuiscono, pur collocati in posto meno importante, all’edificazione della Chiesa, poiché, sebbene inferiori per dottrina, profezia, grazia dei miracoli e completo disprezzo del mondo, tuttavia poggiano sul fondamento del timore e dell’amore, nel quale trovano la loro solidità”. Il messaggio di san Gregorio, ha concluso il Pontefice, “diventa, allora, un invito alla speranza rivolto a tutti, anche a coloro che procedono con fatica nel cammino della vita spirituale ed ecclesiale”.

Come nell’udienza di mercoledì scorso, anche in quella di oggi, salutando la piazza gremita di circa 20 mila fedeli, il Papa ha indossato il camauro, il berretto di velluto rosso bordato di ermellino, per ripararsi dal freddo.

Un ricordo delle vittime dello tsunami, che proprio un anno fa ha devastato il sud-est asiatico, e una preghiera per tutti coloro che ancora oggi sono vittime di “calamità naturali” in tante regioni del mondo, e attendono ancora gesti di “solidarietà”. A rivolgerli è stato oggi il Papa, salutando al termine dell’ultima udienza generale del 2005 i fedeli italiani. “Mi unisco al ricordo che in questi giorni accomuna le care popolazioni colpite un anno fa dallo tsunami, che ha causato innumerevoli vittime umane e ingenti danni ambientali”, le parole di Benedetto XVI, che ha aggiunto: “Preghiamo il Signore per loro e per quanti, anche in altre regioni del mondo, hanno subíto calamità naturali, e attendono ancora la nostra concreta e fattiva solidarietà”.

Rivolgendo un “cordiale augurio natalizio” ai pellegrini di lingua italiana, benedetto XVI ha salutato tra gli altri la comunità dei Legionari di Cristo, i volontari di don Bosco e i rappresentanti del Comando provinciale della Guardia di finanza di Livorno. “La che nella Notte di Natale ha brillato sull’umanità – è l’augurio collettivo del Papa – splenda su ciascuno di voi, cari amici, e vi guidi nell’impegno di una coraggiosa testimonianza cristiana”. Sir