Vita Chiesa
BENEDETTO XVI ALLA CURIA ROMANA: «INDIMENTICABILE» GIOVANNI PAOLO II; LO STATO NON PUO’ ESSERE NEUTRO SUI VALORI
Il Santo Padre, con le sue parole e le opere, ci ha donato cose grandi; ma non meno importante è la lezione che ci ha dato dalla cattedra della sofferenza. E’ il ricordo personale di Giovanni Paolo II, che Benedetto XVI ha offerto ai membri della Curia romana, ricevuti oggi in udienza per i tradizionali auguri natalizi.
Ripercorrendo i grandi avvenimenti che hanno segnato profondamente la vita della Chiesa, il Papa ha citato per primo la dipartita del nostro amato Santo Padre Giovanni Paolo II, preceduta da un lungo cammino di sofferenza e di graduale perdita della parola. Nessun Papa ha fatto notare il Pontefice à ci ha lasciato una quantità di testi pari a quella che ci ha lasciato lui; nessun Papa in precedenza ha potuto visitare, come lui, tutto il mondo e parlare in modo diretto agli uomini di tutti i continenti. Ma, alla fine, gli è toccato un cammino di sofferenza e di silenzio.
Durante tutti quei giorni regnava semplicemente la gioia, è il ricordo di Benedetto XVI, per il quale a prescindere dai servizi d’ordine, la polizia non ebbe niente da fare. Per tutti coloro che erano presenti ha detto il Papa citando la Gmg tra gli avvenimenti più importanti del 2005 – rimane indimenticabile l’intenso silenzio di quel milione di giovani, un silenzio che ci univa e sollevava tutti quando il Signore nel Sacramento era posto sull’altare. Sia la Gmg di Colonia, che il recente Sinodo dei vescovi, secondo il Santo Padre, hanno mostrato che prima di ogni attività e di ogni mutamento del mondo deve esserci l’adorazioni. Solo essa ci rende veramente liberi; essa soltanto ci dà i criteri per il nostro agire. E’ commovente per me vedere come dappertutto nella Chiesa si stia risvegliando la gioia dell’adorazione eucaristica e si manifestino i suoi frutti.
Serbiamo nel cuore le immagini di Colonia: sono una indicazione che continua ad operare. E’ l’auspicio espresso dal Papa, che ha sottolineato come la Giornata Mondiale della Gioventù è rimasta nella memoria di tutti coloro che erano presenti come un grande dono. Oltre un milione di giovani si radunarono nella Città di Colonia, situata sul fiume Reno, e nelle città vicine per ascoltare insieme la Parola di Dio, per pregare insieme, per ricevere i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, per cantare e festeggiare insieme, per gioire dell’esistenza e per adorare e ricevere il Signore eucaristico durante i grandi incontri del sabato sera e della domenica. Durante tutti quei giorni regnava semplicemente la gioia, è il ricordo di Benedetto XVI, per il quale a prescindere dai servizi d’ordine, la polizia non ebbe niente da fare. Per tutti coloro che erano presenti ha detto il Papa citando la Gmg tra gli avvenimenti più importanti del 2005 – rimane indimenticabile l’intenso silenzio di quel milione di giovani, un silenzio che ci univa e sollevava tutti quando il Signore nel Sacramento era posto sull’altare. Sia la Gmg di Colonia, che il recente Sinodo dei vescovi, secondo il Santo Padre, hanno mostrato che prima di ogni attività e di ogni mutamento del mondo deve esserci l’adorazioni. Solo essa ci rende veramente liberi; essa soltanto ci dà i criteri per il nostro agire. E’ commovente per me vedere come dappertutto nella Chiesa si stia risvegliando la gioia dell’adorazione eucaristica e si manifestino i suoi frutti.
Può esistere uno Stato moderno laico, che tuttavia non è neutro riguardo ai valori, ma vive attingendo alle grandi fonti etiche aperte dal cristianesimo. A citare l’esempio di uomini di Stato cattolici nel periodo tra le due guerre mondiali e ancora di più dopo la seconda guerra mondiale è stato il Papa, durante gli auguri natalizi alla Curia Romana. Dedicando la parte più cospicua del suo discorso ad un bilancio dei 40 anni trascorsi dal Concilio, il Santo Padre ha ricordato che la dottrina sociale cattolica era diventata un modello importante tra il liberalismo radicale e la teoria marxista dello Stato e ha indicato come uno dei compiti più importanti del Concilio quello di definire in modo nuovo il rapporto tra Chiesa e Stato moderno, che concedeva spazio a cittadini di varie religioni ed ideologie, comportandosi verso queste religioni in modo imparziale e assumendo semplicemente la responsabilità per una convivenza ordinata e tollerante tra i cittadini e per la loro libertà di esercitare la propria religione. Se la libertà di religione ha precisato Benedetto XVI – viene considerata come espressione dell’incapacità dell’uomo di trovare la verità e di conseguenza diventa canonizzazione del relativismo, allora essa da necessità sociale e storica è elevata in modo improprio a livello metafisico ed è così privata del suo vero senso, con la conseguenza di non poter essere accettata da colui che crede che l’uomo è capace di conoscere la verità di Dio e, in base alla dignità interiore della verità, è legato a tale conoscenza. Una cosa completamente diversa, ha puntualizzato il Pontefice, è invece il considerare la libertà di religione come una necessità derivante dalla convivenza umana, anzi come una conseguenza intrinseca della verità che non può essere imposta dall’esterno, ma deve essere fatta propria dall’uomo solo mediante il processo del convincimento.