Vita Chiesa

CARITAS: RUINI, «RIPARTIRE DALLA PARROCCHIA PER RILANCIARE L’AZIONE MISSIONARIA»

“Ripartire dalla parrocchia per dare concretezza ed efficacia alla nostra azione missionaria” valorizzando quelle caratteristiche di accoglienza, annuncio e testimonianza che da sempre fanno parte dell’esperienza parrocchiale. E’ in sintesi quanto ha detto il card. Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana nel suo intervento al 30° convegno nazionale delle Caritas diocesane che si è aperto ieri a Fiuggi (fino al 16 giugno) sul tema “Parrocchia, territorio, Caritas parrocchiale”.

“Anni addietro – ha detto il cardinale – era il territorio a vivere all’ombra del campanile, oggi è la parrocchia a dover andare in cerca del proprio territorio. Ciò significa passare dal possesso all’accesso al territorio. Nel contempo, però, occorre incrementare l’accoglienza. Accogliere nella carità e proporre la fede nel Dio che è Carità sono dimensioni non separabili di una stessa missione”. Collegato al tema dell’annuncio è quello del pluralismo religioso che, ha spiegato Ruini, “nel nostro Paese aumenta in virtù soprattutto dell’immigrazione. Annunciare il Vangelo a credenti e non credenti costituisce un decisivo contributo all’azione di chi si muove nell’ambito caritativo e quindi al ruolo di sostegno e animazione che deve svolgervi la Caritas”. E’ nell’ancoraggio al Vangelo che “sta la possibilità di non scambiare la comunione dei credenti in un’organizzazione di promozione sociale e il servizio caritativo in una filantropia”. Il contributo della Caritas “è quello di tenere presente la prospettiva della carità, superando quelle involuzioni pastorali che la riducono alla solidarietà e non ne percepiscono i fondamenti teologali”. Un’altra sfida da raccogliere sono “le ‘fluide’ vicende spirituali dei nostri giorni che vedono “famiglie che, nell’arco di una generazione, si sono staccate nettamente da un credo che è divenuto per loro da scoprire di nuovo; battezzati che vivono distanti dalla Chiesa o la cui fede si è fermata a uno stadio iniziale, pur non essendo mai stata del tutto rimossa”. Tutto ciò, per il Presidente della Cei, “deve sollecitare ogni parrocchia ad un intervento a tutto campo, per un’iniziazione cristiana che punti al coinvolgimento dell’intero nucleo familiare, in particolare degli adulti”. Concretamente questo significa “creare occasioni di dialogo, elaborare progetti capaci di raggiungere i singoli e di impegnarsi – così come indica l’esperienza della Caritas – nell’attivare spazi di partecipazione, consultori, volontariato, come pure momenti di preghiera che coinvolgano genitori e figli”. Ma anche “rimodellare i ritmi di vita delle parrocchie, in modo da renderli accessibili agli adulti che lavorano”. “Restano poi i campi di cui da sempre si occupano le nostre parrocchie, ma che la Caritas deve contribuire a rendere efficacemente presidiati: le povertà, le malattie, le disabilità, la solitudine degli anziani”.

Per far sì che tutti questi spazi diventino “ambiti di evangelizzazione”, ha aggiunto Ruini, “è importante uno stile pastorale caratterizzato da rapporti umani approfonditi, coltivati senza quella concitazione che deriva dalla brevità del tempo che caratterizza le nostre giornate. Tra di essi, ve ne è uno speciale, in cui la vita delle parrocchie trova il centro: il giorno del Signore, il cui cuore è l’Eucaristia”.

C’è un’altra “scelta importante” che le parrocchie sono chiamate a fare, secondo il Presidente della Cei: “ribadire la loro vocazione territoriale, ma rivitalizzandola in forza della funzione più dinamica che il territorio ha oggi nella vita della gente. E la Caritas può agevolare il compito delle parrocchie fornendo strumenti di lettura del sociale e facendo crescere un atteggiamento operativo in ordine al servizio alle situazioni di sofferenza”.

Attenzione andrà riservata “al coltivare sul territorio rapporti corretti, non egemonici ma neppure subalterni, nei confronti delle istituzioni pubbliche con cui la comunità parrocchiale entra in contatto, anche nel suo servizio ai poveri. Ma questo richiede che ci si dedichi a un’adeguata azione formativa”.

Altro obiettivo da perseguire, per il cardinale, “è quello di una pastorale integrata per incrementare la collaborazione tra parrocchie nel medesimo territorio al fine di ‘fare rete’”. Fondamentale nel processo di integrazione “rimane la diocesi, anzitutto nella persona del Vescovo”. In tale prospettiva va rivisitata anche “la funzione della Caritas diocesana” quale “strumento di animazione delle forme che la carità esprime nelle diverse comunità, in particolare quelle parrocchiali”. L’integrazione va inoltre perseguita “con le varie realtà ecclesiali presenti sul territorio, dalle comunità religiose alle associazioni e ai movimenti laicali”. “La missione della parrocchia – ha concluso – non si è esaurita. Moltissimo può continuare a dare se a caratterizzarne lo sforzo sarà il tentativo di aggiornare la pastorale alla luce di una consapevolezza da mantenere salda: essere via ordinaria di accesso per ognuno alla comunione ecclesiale dove si fa esperienza della carità di Cristo”.Sir