Vita Chiesa
AREZZO, MONSIGNOR BASSETTI LAVA I PIEDI AI CARCERATI
Tra le mura del carcere di Arezzo gli apostoli non sono dodici, ma molti di più. E hanno il volto scavato di un immigrato dell’Est europeo, la pelle scura del clandestino arrivato dall’Africa, lo sguardo cupo del giovane del Mezzogiorno prigioniero della malavita. Sono gli apostoli del Giovedì Santo del Vescovo di Arezzo. Apostoli dietro le sbarre. Apostoli in cerca di riscatto. E a loro monsignor Gualtiero Bassetti oggi pomeriggio (alle 15) bagna i piedi vicino alle celle in cui passano le giornate. Senza mettere limiti: né di numero, né di appartenenza. Non fa differenza se si è musulmani, ortodossi o atei: basta farsi avanti per diventare i protagonisti di un’infinita lavanda dei piedi che da anni il Vescovo ripete nella casa mandamentale di Arezzo alla vigilia della Pasqua e che viene accompagnata dalla celebrazione della Messa.
Una tradizione che monsignor Bassetti considera parte integrante della sua missione: «Chinarsi sugli ultimi serve a rinnovare la chiamata del Signore», spiega mentre supera i cancelli che si chiudono dietro di lui.
L’altare è in fondo al corridoio, a pochi metri delle finestre sbarrate che si affacciano sul cortile. Sopra l’ultima inferriata la statua della Madonna, emblema di speranza. Quella stessa speranza che fa da filo conduttore alle parole del Vescovo. «Anche di fronte alle difficoltà che sembrano insormontabili afferma Bassetti davanti ai detenuti è necessario non avere paura». Perché oltre il buio c’è sempre la luce. «La luce della Pasqua per i credenti», sussurra il Vescovo nel silenzio freddo delle celle.
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