Vita Chiesa

RAGAZZI DI STRADA: PONT.CONS. MIGRANTI: 150 MILIONI DI BAMBINI DA AIUTARE

Sono stimati tra i 100 e i 150 milioni in tutti i continenti del mondo (Europa compresa), hanno dai 5 ai 18 anni, vengono chiamati “chokora”, “homeless”, “pajaros fruteros”, “moineaux”, “meninos de rua”, “ninos de la calle”: sono i ragazzi di strada, le prime vittime “della disgregazione familiare, dell’urbanizzazione forsennata, delle migrazioni e delle numerose guerre dei nostri giorni”. Se ne sta parlando in questi giorni in Vaticano, nel I° incontro internazionale per la pastorale dei ragazzi di strada organizzato dal Pontificio Consiglio per il migranti e gli itineranti, con circa 40 partecipanti dalla maggioranza dei Paesi europei e testimonianze anche da Bolivia, Brasile, India, Filippine, Perù.

L’incontro, che si conclude oggi, ha l’obiettivo “di dare visibilità a tutte le forze istituzionali e private, alle associazioni e organizzazioni non governative, agli operatori di base, al volontariato e ai gruppi impegnati a favore di ogni piccolo emarginato”, ha spiegato in apertura di lavori il cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio. Per questo vengono esaminate “le questioni e i bisogni pastorali di coloro le cui vite ruotano attorno alla strada”. Si scopre così che “in alcuni Paesi – come ha detto l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio – i bambini finiscono in strada anche per motivi legati alla superstizione, frutto dell’ignoranza”. Li chiamano “ndoki” o “enfants sorciers”, ossia bambini stregoni. La strada, ha spiegato mons. Marchetto durante l’incontro che si conclude oggi in Vaticano, è come “una madre-matrigna”: all’inizio per i bambini sembra “un’isola di salvezza” perché vissuta come gioco o “scenari di un’avventura meravigliosa, che può fare piacere e liberare dalla visione ripetuta della madre picchiata, dei fratellini affamati, della violenza e dell’umiliazione”. Ma poi si trasforma, come ha raccontato padre Shay Cullen, presidente della Preda foundation delle Filippine (dove vivono 1,2 milioni di ragazzi di strada), in un luogo terribile dove devono “scavare tra i rifiuti, mendicare, vendere e sniffare droga, rubare. Spesso non sono rispettati dalla polizia, subiscono violenze, sono costretti a prostituirsi. Lo sfruttamento peggiore dei bambini è quello di togliere loro un rene per venderlo a malati benestanti in attesa di trapianto”.

Ma ancora peggio, come accade anche in Brasile, Guatemala e Honduras, “i ragazzi di strada sono considerati dei parassiti dai commercianti, che ne chiedono l’eliminazione. Numerose città sono state testimoni di attività degli squadroni della morte, gruppi di vigilantes che sono spesso poliziotti che hanno terminato il servizio. Davao city, nell’isola di Mindanao, al sud delle Filippine, è tristemente celebre per i suoi squadroni della morte che sopprimono i ragazzi di strada”.

Il sociologo Mario Pollo, presentando i risultati di un questionario inviato ai diversi Paesi e descrivendo la tipologia di interventi sociali del terzo settore e della Chiesa, ha indicato alcune linee per una pastorale dei ragazzi di strada: “Mentre esistono progetti molto qualificati ed efficaci che affrontano i bisogni di natura socio-assistenziale ed educativa, esistono pochi progetti di ‘prevenzione’ attraverso la mobilitazione delle comunità cristiane verso il mutamento delle condizioni sociali ed economiche all’origine di questo triste fenomeno”. “Una pastorale per i ragazzi di strada – ha concluso Pollo – non può limitarsi agli effetti ma deve rivolgersi anche alle cause”. Sir