Vita Chiesa

MEETING RIMINI: MONS. BETORI, ‘ARIA NUOVA’ NELLA CHIESA ITALIANA; REAGIRE ALLA ‘DIASPORA’ DEI CATTOLICI

Oggi c’è un’”aria nuova” neri rapporti tra parrocchie, associazioni e movimenti ecclesiali, e per confrontarsi con una “cultura pubblica dimentica delle radici cristiane” occorre “rivendicare il patrimonio di fede cristiano, come fattore culturale ineliminabile all’identità del nostro popolo e riproporne la vitalità, come apporto di piena umanizzazionenper la persona e per la società”. Ne è convinto mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, che intervenendo oggi al 25° Meeting di Rimini (in corso fino al 28 agosto sul tema “il nostro progresso non consiste nel presumere di essere arrivati ma nel tendere continuamente alla meta”) si è soffermato sul rapporto tra le diverse componenti della comunità ecclesiale italiana, sottolineando che “la Chiesa si edifica giorno per giorno, nelle grandi e piccole cose, nella eccezionalità come nella ferialità dei gesti umani che costruiscono la vita di tutti”. In questo compito, secondo Betori, occorre “perseverare insieme”, promuovendo la “crescita di legami che a diversi livelli si vanno intessendo nella Chiesa italiana”. Per i vescovi italiani, infatti, “c’è un’aria nuova su questo orizzonte”, che “riempie di presenze fraterne gli appuntamenti ci ciascuna aggregazione, vede convogliarsi molti in obiettivi comuni di servizio alla fede e alla carità, crea presenze convergenti nelle convocazioni diocesane o nazionali”.

“Alla fisiologica stagione dell’affermazione delle identità – ha osservato il segretario generale della Cei – sta ora succedendo un tempo di rinnovata consapevolezza di essere un unico popolo di dio tra la gente del nostro paese, a cui dobbiamo la testimonianza di un’assiduità unanime al Vangelo”. Di qui il richiamo dei vescovi a “riscoprire la dimensione contemplativa della vita cristiana, recuperando una spiritualità non vaga, ma incentrata sulla persona di Cristo”.

Una delle sfide principali per la Chiesa del futuro, secondo Betori, è quella di “un più compiuto radicamento di tipo culturale della proposta di fede”: di qui la centralità della capacità di “iniziare ed educare alla fede”, di cui la comunità cristiana deve riappropriarsi attraverso la capacità di “offrire itinerari sempre più personalizzati, luoghi in cui la persona possa fare concreta esperienza del Vangelo”.

“Diventare cristiani oggi deve essere un processo sempre più ecclesiale”, ha ammonito il presidente della Cei, puntualizzando che tale compito “non può essere affidato esclusivamente alla famiglia, ormai impari al compito, né ai soli specialisti, preti o catechisti. Tutti dobbiamo sentire l’impegno a invadere gli spazi di vita della gente per provocarli con la forza del vangelo, di favorire l’accoglienza di chi si affaccia alla soglia della Chiesa, di accompagnare il cammino spesso esitante dei neofiti”. “Costruire una visione del mondo cristiana, consapevole delle proprie radici e della propria pertinenza sulle questioni vitali, fiduciosa circa le proprie potenzialità di dialogo con la cultura contemporanea”: Betori ha sintetizzato in questi termini la “consegna” affidata alla Chiesa del futuro, chiamata ad un “salto di qualità” proprio a partire dalla prospettiva di una “pastorale integrata” tra parrocchie, associazioni e movimenti.

La “diaspora culturale” dei cattolici – ha denunciato mons. Betori – rischia di “far venire meno l’attitudine del cattolicesimo italiano ad essere forza che incide sul tessuto sociale del Paese”. Per “reagire” a tale pericolo, ha proseguito, bisogna partire dalla “consapevolezza che l’incidenza non è il portato di un’occupazione di potere, ma esito di una coerente visione e di un’articolata interpretazione del ruolo storico del cristianesimo nel mondo: testimoniare il Vangelo come verità ‘eccedente’ per il mondo”.

Secondo i vescovi italiani, “siamo dentro ad una svolta storica e dunque in fase ancora di transizione, contrappuntata da incertezze, i cui sviluppi però avranno conseguenze rilevanti per la persistenza o l’emarginazione di quell’eredità cristiana che ha alimentato la nostra civiltà”: per non “ridursi ad agente sociale o a rifugio spirituale”, il cattolicesimo italiano può “puntare” solo sul “versante dell’interpretazione anche culturale”, e verificare così la sua “capacità di tenuta a fronte dei processi di scristianizzazione della mentalità e del costume” in atto anche sullo scenario europeo.

“Promozione dei diritti dell’uomo, solidarietà e coesione della nazione, sostegno della famiglia, rispetto e accoglienza della vita, moralità e pluralismo nella comunicazione sociale, attenzione alle situazioni di povertà, esercizio della giustizia secondo equità e recupero di chi ha sbagliato, solidarietà e pace tra le nazioni”: questi, ha detto Betori citando lo storico discorso del Papa al Parlamento italiano, alcuni “fronti” su cui “c’è una verità del Vangelo che è patrimonio non sperperabile per i credenti, e insieme verità profonda dell’uomo”, e attorno ai quali è urgente “cercare tutte le convergenze ragionevolmente possibili”.

“Rilanciare la natura popolare” della Chiesa italiana è una delle priorità più recenti su cui si è focalizzata l‘attenzione dell’episcopato italiano, impegnato a recuperare la centralità della parrocchia andando oltre le due “possibili derive” di comunità “autoreferenziale” o “centro di servizi religiosi”. Per non “rassegnarsi” ad esse, ha affermato il segretario generale della Cei rivolgendosi al “popolo” del Meeting, “c’è bisogno di tutti, dunque anche di voi”, visto che “la Chiesa ha bisogno di affidarsi alle radici dell’istituzione, ma anche di aprirsi alla novità dei carismi. Sta ai movimenti offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo l’immagine di una salvezza che si fa avvenimento nella storia, ma questo avvenimento edifica a sua volta la comunità ecclesiale per il tramite delle istituzioni che la configurano”.

Betori ha terminato il suo intervento esprimendo la “gratitudine della Chiesa italiana” per l’attività di Comunione e Liberazione, che festeggia quest’anno i 50 anni dal “seme gettato in un liceo milanese – ha ricordato il segretario generale della Cei – dall’intuizione culturale e teologica e dal coraggio apostolico di un grane sacerdote, don Luigi Giussani”. “Sentiamo Cl né insensibile, né estranea, ma attenta, pronta, disponibile, generosa”, ha concluso Betori, rinnovando la sua “gratitudine” e dicendosi “certo che i vescovi italiani potranno trovare intelligente e flessibile corrispondenza nel movimento che, inserendo la sua esperienza nel tessuto vivo delle chiese locali, continuerà ad essere l’inizio di un cammino in cui si sperimenta, dunque si vive, una tensione permanente verso la meta che è Cristo”. (Sir)