Vita Chiesa

CONVEGNO CEI SULL’EDUCAZIONE: CARD. RUINI, PIENA LIBERTÀ ALLE SCUOLE NON STATALI

Nel “quadro” di una scuola intesa come “espressione della società civile, entro le norme generali di competenza dello Stato e le leggi ordinarie di iniziativa regionale, anche le istituzioni scolastiche non statali che operano nel rispetto delle norme generali devono godere di piena libertà e deve essere accessibili a tutti”. A rivendicare ancora una volta la necessità di una compiuta attuazione del principio della parità scolastica, incentivando la “sussidiarietà” grazie alla logica dell’autonomia, è stato il card. Camillo Ruini, presidente della Cei, che aprendo oggi il convegno nazionale “Le sfide dell’educazione”, in corso a Roma (fino al 14 febbraio), ha dato un giudizio complessivo e dettagliato sulla riforma Moratti. Per i vescovi italiani, uno dei punti cruciali del processo di riforma, che “va nella direzione di una maggiore responsabilità educativa e culturale affidata alle comunità locali”, è “la definizione dei contenuti”, fatta di “saperi che devono concorrere alla funzione critico-educativa della cultura e non possono essere semplicemente piegati alle esigenze informativo-addestrative”. Di qui la necessità di “realizzare la promozione della razionalità, della libertà e della responsabilità, evitando i rischi di un impianto funzionalistico” che ignori “le grandi domande di senso e l’apertura alla trascendenza”. Un punto a favore della riforma della scuola è, per la Cei, “l’introduzione di un percorso graduale e continuo di formazione professionale, parallelo a quello dell’istruzione liceale e universitaria”, che “fa sì che “la formazione professionale non venga più concepita come un addestramento”, ma divenga “un percorso capace di rispondere alle esigenze del pieno sviluppo della persona” e “un ambito significativo di incontro tra scuola e mondo del lavoro”.

“Aggiornare e rimotivare l’impegno educativo, soprattutto per quanto riguarda le mete ultime, le grandi domande di senso, l’apertura alla trascendenza”: questa la ricetta dei vescovi per “sconfiggere la cultura della banalità, purtroppo diffusa anche nel mondo della scuola” ed evitare che l’espressione “convivenza civile” (utilizzata per la prima volta nella riforma Moratti) non “vada oltre la definizione di un galateo sociale”. Educazione alla cittadinanza, ambientale, stradale, alla salute, alimentare, all’affettività: questi, ha fatto notare il presidente della Cei, i “vari tipi di educazione” di cui il termine “convivenza civile”, secondo la riforma Moratti, costituisce la “sintesi”, e che indica che “la scuola si assume, tra i suoi compiti educativi, anche i comportamenti e gli atteggiamenti degli alunni”.

“Non si tratta di una nuova disciplina – ha precisato il cardinale – ma di un compito che vede impegnati tutti i docenti”. Un obiettivo, questo, ha aggiunto, che “si presenta nobile e degno” e in forza del quale “la scuola è interessata anche alla saggezza del vivere e dell’agire bene”. Di fronte, tuttavia, al “disorientamento della società in cui viviamo e al clima di relativismo diffuso che si respira”, un traguardo del genere “appare assai problematico”, e il pericolo per la Cei è che “non si vada oltre la definizione di un galateo sociale”.

“Nella realizzazione di questo nuovo compito educativo della scuola – ha ammonito, dunque, il presidente della Cei – i cristiani possono e devono essere presenti”, partendo dalla consapevolezza che “il primato dell’educazione di fronte a queste sfide significa anche testimoniare in un contesto fortemente pluralistico una chiara visione antropologica, tesa a impedire al pluralismo di smarrirsi nella confusione”. Sir