“La figura chiave della parrocchia, anche in ordine al suo indispensabile rinnovamento, rimane comunque quella del sacerdote parroco”. A ribadirlo è stato il card. Camillo Ruini, presidente della Cei, aprendo questo pomeriggio ad Assisi la 52ª Assemblea generale della Cei, in corso fino al 20 novembre sul tema “Chiesa che vive tra le case degli uomini”, con la partecipazione di circa 250 vescovi. “La via per promuovere il rinnovamento delle nostre parrocchie nella direzione di una pastorale integrata e missionaria nella quale tutti possano essere attivi e corresponsabili ha precisato il cardinale – non è quella di mettere in forse o sminuire” il “ruolo di presidenza” proprio dei parroci, e la “responsabilità che gli è connessa”, ma piuttosto di aiutare i parroci stessi a “superare le tentazioni di porsi come protagonisti esclusivi della vita della propria parrocchia e di considerarla come una realtà chiusa in se stessa e autosufficiente”. La “logica del servizio”, secondo il presidente della Cei, consiste per il parroco nel “coinvolgere e far crescere” gli altri componenti della comunità cristiana, e in primo luogo i laici, dando loro “spazi di corresponsabilità” per “far maturare la consapevolezza di una responsabilità missionaria che riguarda tutta la vita, ben al di là dei confini della propria parrocchia”. “Formare i cristiani” praticanti (oltre che i preti e i seminaristi) ad “una fede consapevolmente missionaria”, che si traduca in “coerenza della vita”; “sviluppare le potenzialità missionarie già presenti” nella pastorale ordinaria, per avvicinare anche i “non credenti”; “dare uno spazio centrale alla pastorale degli adulti”, cercando di “rimodellare i ritmi di vita delle parrocchie” su quelli quotidiani della gente; potenziare l’impegno per i giovani: queste alcune “linee-guida” individuate dai vescovi per la parrocchia del futuro, improntata ad uno “stile pastorale caratterizzato da rapporti umani approfonditi e coltivati senza quella concitazione che deriva dalla scarsità del tempo disponibile”. Con “l’accentuarsi della mobilità, dell’anonimato e dei rapporti prevalentemente funzionali”, ha fatto notare il cardinale, oggi “sembra diminuire l’importanza del territorio per la vita reale della gente, mentre crescono invece i modi di aggregarsi elettivi ed elastici, anche tra persone localmente distanti”. Nonostante ciò, per Ruini, “sarebbe profondamente sbagliata una diagnosi che ritenesse il territorio ormai poco rilevante rispetto alle esperienze, scelte, comportamenti e ai rapporti sociali di coloro che vi abitano”, perché anche se non più “totalizzante” il territorio “continua ad essere assai importante e rimane l’ambito di socializzazione meno selettivo e maggiormente aperto a persone ed esperienze anche molto diverse”. Senza contare che, “almeno in Italia, una parte molto rilevante della popolazione, assai più ampia dei praticanti regolari della domenica” trova “anche oggi nella parrocchia un riferimento naturale”, per “momenti” come “i sacramenti dei figli, a volte la scuola materna, o l’oratorio o il gruppo giovanile, il matrimonio, problemi o difficoltà, sa solitudine di molti anziani, la malattia e morte”.Con altri “aspetti della vita quotidiana”, ha sottolineato però il presidente della Cei, come “le grandi esperienze umane” del lavoro, dello studio e del tempo libero, la parrocchia interagisce di meno: di qui l’esigenza di una “pastorale integrata” che superi le “tentazioni di autosufficienza” e si configuri attraverso “la collaborazione e l’integrazione con le parrocchie vicine” e con altre “realtà ecclesiali presenti sul territorio”, come comunità religiose, associazioni e movimenti, attraverso “spazi di creatività, inventiva e flessibilità” nella pastorale.Sir