Vita Chiesa

EVANGELIZZARE OGGI: LETTERA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO ANTONELLI

La società in cui viviamo “crea difficoltà notevole alla comunicazione e all’accoglienza del Vangelo”: per questo “la proposta della fede agli indifferenti, ai non cristiani e ai non credenti diventa oggi, insieme all’iniziazione cristiana delle nuove generazioni, l’impegno primario delle nostre parrocchie”. Sono queste le considerazioni intorno a cui ruota la prima lettera pastorale che l’arcivescovo Ennio Antonelli rivolge alla Diocesi di Firenze. Il messaggio viene presentato in Cattedrale in occasione della Natività di San Giovanni Battista, patrono della città, e dai prossimi giorni potrà essere ritirato nei locali della curia arcivescovile. Il testo prende spunto dall’assemblea diocesana che si è svolta lo scorso 23 febbraio nella basilica di San Lorenzo, e porta lo stesso titolo: “Evangelizzare oggi: comunità cristiana e ministeri”.

“In una società complessa come la nostra – scrive il vescovo – attività e appartenenze, interessi e relazioni, si parcellizzano e non hanno più un centro unificante”. Antonelli mette in guardia da un’immagine dell’uomo appiattita sulla dimensione materiale; dalla fretta e dall’attivismo che ostacolano la riflessione; dall’”aggressività invadente della comunicazione mediale”, dalla multiculturalità che “rischia di favorire la mentalità relativista, secondo cui non esiste verità etica e religiosa, ma solo opinioni, sensibilità e tradizioni diverse”. Tutti elementi, afferma, che contribuiscono a diffondere “modelli di vita estranei alla fede cristiana”. Ma l’Arcivescovo enumera anche elementi positivi che vanno crescendo nella società: “un forte desiderio di vivere in autenticità e pienezza di senso; il desiderio di solidarietà e di pace, di dialogo e di prossimità; l’attenzione alla salvaguardia del creato”. I cristiani quindi “si trovano a convivere con numerosi non credenti e indifferenti, oltre che con credenti di altre religioni, ma anche con molte persone in cui riemerge il desiderio di Dio e dell’incontro con lui”.

Di fronte a questa situazione, Antonelli invita a privilegiare la famiglia come destinatario e come soggetto di evangelizzazione. “In passato – nota l’Arcivescovo – la famiglia e la tradizione sociale trasmettevano spontaneamente un’esperienza di vita ispirata al vangelo”. Questo, insieme all’elevata partecipazione alla Messa domenicale, rendeva sufficienti pochi incontri per la preparazione ai sacramenti. Dopo il Concilio invece si è diffusa la prassi di un’ora settimanale di catechismo, dalle elementari fino alla terza media. La frequenza alle lezioni, nota Antonelli, “è numericamente piuttosto buona. Molti genitori, anche tra i non praticanti e non credenti, la favoriscono, ritenendola un passaggio comunque utile per l’educazione morale e l’equilibrio della personalità”. Eppure, i risultati appaiono deludenti: “Non pochi ragazzi che frequentano il catechismo trascurano la messa festiva, ritenuta inutile e noiosa. Molti giovani considerano la religione irrilevante per i loro interessi vitali che sono l’amicizia, lo sport, la musica, il ballo, il protagonismo, il successo. Cresce il divario tra il vangelo e i modelli di vita e di pensiero preferiti”.

Le tradizionali lezioni di catechismo, quindi, non bastano più: serve, dice Antonelli, un vero e proprio “tirocinio di vita cristiana” in cui l’istruzione religiosa sia accompagnata dalla frequenza alla messa, dalla preghiera quotidiana, dalla lettura della Bibbia, dal servizio ai poveri e alla comunità, dall’esperienza di vita comunitaria, dall’impegno culturale e sociale. Ai catechisti tradizionali devono unirsi altre figure: animatori della liturgia e della carità, testimoni di fede, cristiani laici impegnati nella Chiesa e nella società. E soprattutto, prosegue l’Arcivescovo, in questo cammino di fede “è necessario coinvolgere i genitori incentrando la pastorale sulla famiglia come tale”. Le idee non mancano: incontri prebattesimali e postbattesimali per i genitori; qualche incontro nel periodo della scuola materna per aiutare i genitori a testimoniare e comunicare la fede ai figli; coinvolgere i genitori durante la catechesi delle classi elementari e medie per animare insieme ai figli la messa domenicale o per compiere servizi di volontariato familiare. “L’obiettivo – afferma Antonelli – è quello di condurre insieme genitori e figli all’incontro con Cristo e a uno stile cristiano di vita, facendo leva sul fatto che la gran parte delle famiglie ancora chiede i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Un discorso analogo potrebbe essere fatto anche per la preparazione al matrimonio, considerando che è ancora assai elevata la percentuale di quelli che desiderano il matrimonio in chiesa”. Per i fidanzati, Antonelli propone di passare da poche lezioni a un “itinerario di fede focalizzato sul rapporto con Gesù Cristo: «Chi è Gesù per te?»”. Su questi punti, Antonelli invita le parrocchie “alla sperimentazione coraggiosa”: “nella stessa parrocchia o in parrocchie vicine, previo accordo, si possono fare proposte alternative, itinerari sperimentali di vita cristiana oppure cammini catechistici tradizionali: non bisogna aver paura della diversità”.

La lettera si conclude con una riflessione sul ruolo dei cristiani laici nella trasmissione della fede: “Anche oggi in Italia – ricorda Antonelli – circa il 60 per cento dei credenti dichiara di aver ricevuto la propria fede religiosa principalmente dalla famiglia”. L’attività evangelizzatrice dei laici, sottolinea l’Arcivescovo richiamandosi a Paolo VI, ha il suo campo nel “mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza”. Per svolgere questo ruolo, “i cristiani devono riappropriarsi della loro libertà di professare esplicitamente la fede in ogni ambiente, anche con le parole”. Al laicismo imperante, Antonelli contrappone una “sana laicità” che è “pacifica convivenza, dialogo e valorizzazione delle differenze nello spazio pubblico e non segregazione di esse nel privato. I cristiani – prosegue – devono liberarsi anche di una certa timidezza e autoinibizione, per poter proporre la fede agli altri con semplicità, cordialità e rispetto della loro libertà”. Accanto alla “ministerialità generale” propria di tutti i cristiani, la Lettera Pastorale ricorda anche alcuni “ministeri specifici”: incarichi particolari affidati a persone con una formazione specifica. Il Vescovo ricorda ad esempio gli animatori di gruppi di preghiera, le coppie di sposi che collaborano con i parroci nella preparazione al matrimonio o nell’accoglienza delle persone in situazione familiare irregolare. O ancora, laici che facciano da riferimento per i cristiani presenti nella scuola, nel volontariato socio-sanitario, nell’ambito sociale e culturale.

Il testo della Lettera pastorale