Vita Chiesa

EUROPA: DOCUMENTO COMECE, LE RESPONSABILITÀ DEI CRISTIANI NELLA COSTRUZIONE EUROPEA

Un invito ad “avere uno sguardo cristiano” nella costruzione dell’Europa viene dalla Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), che ha reso noto oggi un documento di venti pagine, elaborato da un gruppo di teologi europei presieduto dal vicepresidente della Comece mons. Hippolyte Simon, arcivescovo di Clermont. Il documento, intitolato “Apriamo i nostri cuori – la responsabilità dei cattolici e il progetto dell’Unione europea”, viene diffuso alle Chiese locali – Conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, associazioni e movimenti – dei Paesi membri dell’Unione e dell’allargamento. Si tratta di un “testo bersaglio” – si legge nel documento – per “invitare tutte le persone e tutti i gruppi che lo desiderano ad intavolare un dialogo” sul tema della costruzione europea. Per questo sono attese riflessioni e critiche entro il 15 novembre 2003, per poi procedere alla stesura definitiva.

Il testo è diviso in tre parti: la prima con gli orientamenti della tradizione cristiana importanti per la costruzione dell’Europa, la seconda con una rilettura cristiana della dichiarazione di Robert Schuman e la terza centrata sulle responsabilità dei cattolici in Europa. Parte dalla constatazione che nel 2004, con l’adesione di dieci nuovi membri, l’Europa si troverà ad “un appuntamento con se stessa”.

Ripercorrendo la storia di questi cinquant’anni, nel documento si osserva che “la costruzione europea non suscita solo speranze e gioiosa impazienza”, ma anche “preoccupazioni e incertezze”. Molti cittadini, ad esempio, “hanno la sensazione che i loro rappresentanti si esprimano in una lingua incomprensibile”, “sentono un profondo malessere che esprimono con la nozione ambigua di ‘mondializzazione'”, per cui “il processo di integrazione europea è considerato con dei sentimenti alterni, se non addirittura con un rifiuto radicale, poiché alcuni temono che la cultura e l’identità nazionale finiranno per sparire”. Ma “l’Europa non può essere compresa – sottolinea il documento – senza tener conto del ruolo fondatore che hanno avuto i cristiani nella sua storia. Anche se, oggi, una forma di agnosticismo diffuso sembra dominare il dibattito pubblico, le convinzioni dei cristiani sono sempre riconosciute come capaci di svolgere un loro ruolo, insieme con quelle degli ebrei e dei musulmani o dei membri di altre comunità religiose”. Compito dei cristiani è perciò quello di “definire le vie di una Europa caratterizzata dalla stabilità, la pace e il benessere pubblico, e che servirà non soltanto i propri cittadini, ma anche il mondo intero”.

Il documento analizza i punti di forza del processo storico di integrazione europea (i principi di pace, libertà e solidarietà) ma anche i limiti: “L’impotenza europea – si osserva – si è manifestata in modo ancor più evidente durante il conflitto nei Balcani” come pure durante la repressione delle sollevazioni degli ungheresi, dei cecoslovacchi, dei polacchi. Anche il principio di solidarietà, si legge, “dimostra i propri limiti” quando “un Paese può effettivamente e da solo impedire a tutti gli altri di agire”. Una contraddizione estesa anche all’economia di mercato, che “spesso aumenta le disuguaglianze tra gli strati sociali e lascia parecchi individui nella precarietà se non nell’indigenza”. Da qui l’invito a porre delle regole “per garantire la concorrenza ed evitare le concentrazioni” e “per mantenere la coesione sociale e proteggere le famiglie e le persone meno abbienti, le generazioni future e il resto del mondo: “L’Unione europea e gli Stati Uniti – sottolineano – devono lavorare insieme alla costruzione di un mondo più solidale”. Inoltre, suggeriscono i vescovi europei, “bisogna a tutti i costi superare la divisione che si è stabilita tra le élites e l’insieme dei cittadini europei”, in modo da “risvegliare l’entusiasmo dei nostri vari popoli”. Ai cittadini europei è affidato il compito di “aprirsi alla diversità” e ai cattolici di riscoprire la “ricchezza della tradizione cattolica” esplorando “le diverse tradizioni di spiritualità”, da inserire anche nei programmi di catechesi in tutti i Paesi. Tra i “gesti profetici” a cui sono chiamati i cattolici spiccano in primo luogo l’ecumenismo e il dialogo con gli ebrei e i musulmani, ma anche una “educazione che tenga conto della dimensione europea”, la formazione delle coscienze “sulla necessità di un governo mondiale” e una “mutua responsabilità est-ovest e nord-sud”.Sir