Vita Chiesa
MONS. MARTINO: LIBERTÀ E RIPRISTINO DEL DIRITTO NON SI OTTENGONO CON LA FORZA
La centralità della persona umana e la naturale relazione tra le persone e tra i popoli sono le indicazioni fondamentali della dottrina sociale della Chiesa per la comunità internazionale, la cui regolamentazione deve essere finalizzata a garantire un effettivo bene comune universale dell’umanità, salvaguardando la fisionomia e l’identità proprie di ogni popolo. Lo ha affermato il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, arcivescovo Renato Martino, nell’introduzione generale del Convegno internazionale promosso a Roma, oggi e domani, dalla Pontificia Università Gregoriana e dall’Istituto internazionale Jacques Maritain nell’Aula Magna dell’ateneo pontificio sul tema: Chiesa e ordine internazionale, in occasione del quarantennale della Pacem in Terris di Giovanni XXIII. Dopo aver rilevato che la dottrina sociale della Chiesa fonda l’ordine internazionale su valori etici e giuridici tendenti alla solidale convivenza e collaborazione tra le diverse comunità politiche, il presule ha sottolineato che l’obiettivo preminente di tale insegnamento è quello di legare le relazioni tra gli Stati ad un concetto di giustizia internazionale quale componente essenziale del bene comune.
Con implicito riferimento alla critica situazione attuale, monsignor Martino ha ricordato che la libertà e il ripristino del diritto non sono mai stati raggiunti attraverso l’uso della forza e la guerra: gli strumenti normativi in alternativa alla forza armata, già esistenti nel diritto internazionale, devono essere ripensati in modo da renderli rispondenti alle effettive esigenze della comunità internazionale rafforzandone anzitutto la portata e la cogenza.
Nella prospettiva delineata dalla dottrina sociale della Chiesa per un rinnovato ordine internazionale ha aggiunto l’arcivescovo la comunità internazionale non deve più proporsi come semplice momento di aggregazione della vita degli Stati, ma trasformarsi in un’effettiva struttura in cui i conflitti possano essere pacificamente risolti e gli interessi delle singole parti tutelati e ricomposti sulle basi di vera giustizia. L’azione e l’evoluzione del diritto internazionale devono essere inoltre finalizzate a favorire un reale sviluppo socio-economico con il superamento dei persistenti e drammatici squilibri tra Paesi, aree geografiche e popolazioni.