Vita Chiesa

SU PACE E AMBIENTE L’AUTOCRITICA DELLE RELIGIONI

Hanno ammesso di aver fatto troppo poco per la pace, dopo l’11 settembre e di non aver lavorato “seriamente” per preservare la religione dagli effetti delle violenze. Hanno riconosciuto la propria paura ad aprirsi al dialogo ecumenico. Hanno sottolineato i limiti di una comunità che relega ai margini le donne e i poveri. E’ successo lunedì 2 settembre nell’ottocentesco Teatro Politeama di Palermo dove cristiani, ebrei e musulmani sono stati invitati a fare “un’autocritica delle religioni”, in una tavola rotonda promossa nell’ambito del meeting “Uomini e Religioni” della Comunità di Sant’Egidio.“E’ l’amore alle nostre religioni – ha detto il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani – che ci ha spinto questa sera a fare questa autocritica”. “Dopo l’11 settembre – ha chiesto il rabbino francese René Samuel Sirat, della Conferenza dei rabbini d’Europa – a parte le condanne ad ogni forma di terrorismo e violenza, che cosa abbiamo fatto per evitare che una simile situazione potesse ripetersi? L’11 settembre, è successo qualcosa di terribile che abbiamo condannato tutti. Dobbiamo ora interrogarci se potevamo fare di più”. Il rabbino francese ha ricordato il conflitto tra Israele e Palestina a causa del quale – ha detto – “non c’è stato un solo giorno di pace su questa terra”. Anche il teologo musulmano Mehmet Aydin (Turchia) ha ammesso: “la maggior parte di noi preferisce rimanere in silenzio di fronte ai grandi problemi del mondo come le guerre ingiuste, la pulizia etnica, il secolarismo militante, la corruzione morale”. Ma è soprattutto sul fronte della pace che le religioni devono interrogarsi. “Coloro che prendono la religione sul serio – ha detto il musulmano – devono lavorare seriamente per preservare la religione dagli effetti letali delle violente reazioni religiose o delle reazioni che pretendono di essere religiose”. Il metropolita ortodosso Serafim del Patriarcato di Romania ha invece spiegato perché le Chiese ortodosse europee hanno timore di aprirsi al dialogo ecumenico. “70 anni di storia comunista – ha detto – hanno lasciato le nostre chiese estremamente indebolite nelle strutture ed impoverite di fronte ad una modernità aggressiva che è arrivata nell’Est in seguito al crollo della cortina”. “La reazione – ha detto Serafim – è stata la nascita di ambienti anti-ecumenici e anti-occidentali, provocando una crisi ecumenica che tuttora stiamo vivendo. Personalmente penso che certe reazioni siano troppo dure e non servano alla causa dell’unità e alla propria causa. Il dialogo è più che mai necessario”.Chiede invece alla Chiesa cattolica un atto di riconoscimento per i limiti con cui fino ad oggi ha affrontato la questione femminile, Ignazia Siviglia Sammartino, teologa nonché responsabile dell’ecumenismo e dialogo dell’arcidiocesi di Palermo. “Ho spulciato il programma di questa assiste – ha detto – ed ho verificato che 172 interventi sono voci maschili e solo 6 sono voci femminili. E’ un segno che dice che sulla questione della presenza delle donne nella Chiesa, dobbiamo fare ancora passi avanti nella storia”.Secondo la teologa palermitana, la Chiesa non ha fatto abbastanza anche sul fronte dei poveri. “L’auspicio – ha detto – è che questo diventi il millennio della sobrietà, l’era in cui ci si distacca da ogni potere e privilegio, la stagione in cui i poveri diventino soggetti e non destinatari dell’attenzione della Chiesa”. Sir