Un indio “semplice ed umile”, “buono e cristiano”, “modello di evangelizzazione perfettamente inculturata” ed esempio da seguire per “edificare un Messico migliore, più giusto e solidale”. Queste alcune espressioni usate dal Papa per definire Juan Diego Cuauhtlatoatzin, il “primo santo indigeno del Continente americano”, ha sottolineato oggi Giovanni Paolo II nel corso della Messa di canonizzazione dell’indio al quale è apparsa la Madonna di Guadalupe, svoltasi a Città del Messico, presso l’omonima Basilica dedicata alla Vergine, alle ore 10 locali (le 17 in Italia) di mercoledì 31 luglio.Come aveva già fatto in Guatemala, anche in Messico, ultima tappa del suo 97° viaggio apostolico, Giovanni Paolo II si è rivolto in modo particolare agli indios: “Il Messico ha bisogno degli indios e gli indios hanno bisogno del Messico!”, ha esclamato infatti il Pontefice, che all’inizio del suo discorso ha indirizzato “un saluto particolarmente affettuoso ai numerosi indigeni giunti dalle varie regioni del Paese, rappresentanti delle diverse etnie e culture che costituiscono la ricca e multiforme realtà messicana. Il Papa esprime loro la sua vicinanza, il suo profondo rispetto e ammirazione, e li accoglie fraternamente nel nome del Signore”. Poi, nell’affidare a tutti i fedeli il “nobile compito di edificare un Messico migliore, più giusto e solidale”, Giovanni Paolo II ha aggiunto: “E’ necessario sostenere oggi gli indigeni nelle loro legittime aspirazioni, rispettando e difendendo gli autentici valori di ciascuno gruppo etnico”, proprio partendo dall’esempio di Juan Diego, “l’indio semplice ed umile che contemplò il volto dolce e saereno della Vergine del Tepeyac, tanto caro alle popolazioni del Messico”.Un “protagonista della nuova identità messicana”: questo è stato essenzialmente per il Papa il nuovo santo, “uomo fedele ed autentico” ed esempio per i laici, “perché sentendosi chiamati alla santità, impregnino tutti gli ambiti della vita asociale con lo spirito evangelico”. Altro tema centrale dell’omelia papale, il legame tra le apparizioni mariane e l’identità spirituale di Juan Diego e del Messico: “Guadalupe e Juan Diego ha detto, infatti, il Pontefice – possiedono un profondo significato ecclesiale e missionario e sono un modello di evangelizzazione perfettamente inculturata. Juan Diego, nell’accogliere il messaggio cristiano senza rinunciare alla sua identità indigena, scoprì la profonda verità della nuova umanità, nella quale tutti sono chiamati ad essere figli di Dio. In tal modo facilitò l’incontro fecondo di due mondi e si trasformò in protagonista della nuova identità messicana, intimamente unita alla Vergine di Guadalupe, il cui volto meticcio esprime la sua maternità spirituale che abbraccia tutti i messicani”. Un’eredità, quella del primo santo indigeno d’America, che secondo Giovanni Paolo II è ancora attuale oggi: “La testimonianza della sua vita ha auspicato il Papa deve continuare a dare vigore alla costruzione della nazione messicana, a promuovere la fraternità fra tutti i suoi figli e a favorire sempre di più la riconciliazione del Messico con le sue origini, i suoi valori e le sue tradizioni”.Il “nobile compito di edificare un Messico migliore, più giusto e solidale”, ha precisato il Santo Padre, “richiede la collaborazione di ciascuno”, e in modo particolare dei laici, in un “momento decisivo della storia del Messico”. All’indio “buono e cristiano, che il popolo semplice ha sempre considerato come un vero santo”, Giovanni Paolo II ha affidato “la Chiesa pellegrina in Messico, perché ogni giorno sia sempre più evangelizzatrice e missionaria” e ha invitato “governanti e sudditi” ad agire “sempre secondo le esigenze della giustizia e il rispetto della dignità di ogni uomo, perché si consolidi la vera pace”. Il Papa ha concluso l’omelia con una benedizione rivolta a “famiglie, sposi, genitori” che si sforzano di “educare cristianamente i propri figli”, ed ha ricordato “quanti soffrono nel corpo e nello spirito, quanti patiscono povertà, solitudine, emarginazione o ignoranza”.Sir