Toscana

Centocinquanta giovani toscani in Bosnia, un’estate per aprire gli occhi sul mondo

«Non siamo una Ong – sottolinea – non andiamo lì con obiettivi particolari ma per creare occasioni di formazione, di relazioni, per offrire ai nostri giovani uno sguardo sul mondo, sulle tensioni, le ingiustizie…»La partecipazione è varia: il primo gruppo è partito proprio in questi giorni da Pescia, gli ultimi partiranno a settembre. «C’è una belle rete di gruppi scout da diverse zone della Toscana, ci sono gruppi di Azione cattolica… Si formeranno anche gruppi misti, a fine agosto ad esempio insieme ai giovani della diocesi di San Miniato ci saranno anche l’Ac di Grosseto e alcuni ragazzi di Volterra. A fine luglio ci saranno insieme giovani da Prato, da Siena e da Firenze…»Non si tratta di campi di lavoro anche se la permanenza di alcuni gruppi scout avrà anche una dimensione di servizio, nei «social corner» dei campi di accoglienza per migranti lungo la «rotta balcanica» diventata tristemente nota in questi mesi per il trattamento disumano riservato a molte persone che cercano di entrare in Europa. Altri viaggi avranno caratteristiche particolari: «alcuni – spiega don Armando – saranno incentrati sull’economia sociale e faranno conoscere cooperative e forme di incentivazione al lavoro che puntano a fermare l’emigrazione. Altri pongono l’accento sul tema ecumenico e interreligioso. C’è anche una bellissima mostra sulla guerra vista dai bambini, che porteremo anche in Toscana in autunno». Un pacchetto di proposte che nasce da una relazione antica: «fin dai tempi della guerra di Bosnia, tra il 1992 e il 1995, diverse Caritas toscane, Pescia, Volterra, Massa Marittima in particolare ma anche altre, hanno stretto legami e avuto una presenza in questi territori. Riprendiamo questa relazione, riapriamo un ponte che era un po’ trascurato. Quando si apre un ponte poi non si sa cosa succede, chi ci passerà… speriamo che in futuro qualche gruppo possa, se vorrà, prendere contatti direttamente con la Caritas di Sarajevo per continuare. La natura dei viaggi è quella di creare spazi di incontro, di conoscenza».I luoghi in cui si svolgono i soggiorni sono Sebrenica, Banja Luka, Sarajevo, Mostar… Nomi che evocano anche la barbarie della guerra che si è svolta trent’anni fa a poche ore di viaggio da casa nostra. Mentre c’è una nuova guerra in corso in Europa, è importante andare a vedere le ferite ancora vive lasciate in Bosnia-Erzegovina. «Soprattutto – aggiunge don Armando – perché in questi anni non sono state affrontate le cause che l’avevano fatta scoppiare. I conflitti o li abiti o li subisci, o li accompagni oppure ne vedi le conseguenze. E chi fabbrica e vende armi ha tutto l’interesse a mantenere certe situazioni di tensione che obbligano a rinnovare continuamente gli armamenti. Anche in Ucraina è andata così, il Papa lo ha detto in modo molto chiaro. Per questo è importante che i nostri giovani cattolici, già impegnati nelle loro associazioni, abbiano gli strumenti per capire la complessità, per farsi un’idea vera di quello che succede intorno a noi».Da quando è finita la guerra, nel 1995, in Bosnia è rimasta una situazione di divisione tra le etnie bosniaca, serba e croata, congelata con un sistema politico molto complesso che prevede un’alternanza: il presidente viene espresso a rotazione, cambiando ogni otto mesi. Ci sono scuole confessionali, musulmane o cristiano-ortodosse e il dialogo tra religioni è molto difficile. La Chiesa cattolica, con la Caritas, porta avanti progetti di unificazione attraverso le scuole miste, altrimenti ogni scuola è divisa su base etnica e confessionale.«Certe situazioni viste da dentro – afferma don Armando – cambiano completamente, si vedono le cause vere di povertà, tensioni, conflitti, ingiustizie. La Bosnia è una polveriera in cui le tensioni sono fortissime, con responsabilità dell’Europa, della Russia… Vogliamo fare in modo che i nostri giovani, che già vivono esperienze formative in Italia, possano allargare lo sguardo. Ci è sembrato bello offrire loro questa occasione».