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Disuguaglianze: Oxfam, la ricchezza dei miliardari è cresciuta

Nel 2024, dice il rapporto presentato oggi in termini reali, di 2.000 miliardi di dollari”. “L’Italia è il Paese delle ‘fortune invertite’”

povertà (foto archivio Agensir)

Nel 2024 “la ricchezza dei miliardari è cresciuta, in termini reali, di 2.000 miliardi di dollari, pari a circa 5,7 miliardi di dollari al giorno, a un ritmo tre volte superiore rispetto all’anno precedente. Ogni settimana, in media, si sono configurati 4 nuovi miliardari”. Allo stesso tempo “il numero assoluto di individui che vivono sotto la soglia di povertà di 6,85 dollari al giorno è oggi lo stesso del 1990, poco più di 3,5 miliardi di persone e, alle tendenze attuali, ci vorrebbe più di un secolo per portare l’intera popolazione mondiale sopra tale soglia. Anche il rallentamento del tasso di riduzione della povertà estrema (condizione in cui versa chi non dispone di risorse superiori a 2,15 dollari al giorno) tende a consolidarsi, allontanando l’obiettivo di eliminare la povertà globale entro il 2030”. È quanto emerge da “Disuguaglianza: povertà ingiusta e ricchezza immeritata”, il nuovo rapporto pubblicato oggi da Oxfam, in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos e in concomitanza con l’insediamento alla Casa Bianca del miliardario Donald Trump, sostenuto dall’uomo più ricco del mondo Elon Musk.

Nel 2024 il numero di miliardari è salito a 2.769 rispetto ai 2.565 del 2023. Il valore dei loro patrimoni è aumentato da 13.000 a 15.000 miliardi di dollari in soli 12 mesi. Si tratta del 2° più grande incremento annuo di ricchezza riscontrato da quando i patrimoni miliardari sono monitorati. L’anno scorso la ricchezza dei 10 uomini più facoltosi al mondo è cresciuta, in media, di quasi 100 milioni di dollari al giorno. L’anno scorso Oxfam prevedeva la comparsa del primo trilionario entro un decennio, ma al tasso attuale di crescita della ricchezza estrema di trilionari ne avremmo cinque. “L’incapacità di contenere la concentrazione di ricchezza tende a consolidare il potere nelle mani di pochi e generare paperoni trilionari – ha dichiarato Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia –. Un’inversione di tendenza è necessaria, ma il contesto politico la complica. La precarizzazione economica e la marginalizzazione culturale di ampie fasce della popolazione favoriscono proposte politiche identitarie – come quelle che si vanno radicando negli Stati Uniti, con la rielezione di Donald Trump, e nel vecchio continente – che mirano a creare artificiose contrapposizioni tra gli emarginati”. Così, “l’obiettivo di un’economia più inclusiva e una società più dinamica ed equa si allontana”.

“Ai super-ricchi piace dire che per accumulare enormi patrimoni ci vogliono abilità, determinazione e duro lavoro. Ma la verità è che gran parte della ricchezza estrema non è ascrivibile al merito – ha aggiunto Amitabh Behar, direttore esecutivo di Oxfam International –. Molti dei cosiddetti ‘self-made men’ sono in realtà eredi di grandi fortune, tramandate per generazioni. È per questo, ad esempio, che la tassazione irrisoria o nulla delle grandi eredità è contraria a qualsiasi criterio di equità e non fa che perpetuare un sistema in cui ricchezza e potere restano nelle mani di pochi”. Il sistema economico profondamente iniquo e squilibrato va caratterizzandosi per forme di moderno colonialismo che condizionano i rapporti economici tra il Nord ed il Sud globale, con i Paesi ad alto reddito che controllano il 69% della ricchezza globale, nonostante rappresentino appena il 21% della popolazione del pianeta.

In Italia, a metà del 2024, “il 10% più ricco dei nuclei familiari (titolare di quasi 3/5 della ricchezza netta del Paese) possedeva oltre 8 volte la ricchezza della metà più povera delle famiglie. Il rapporto era pari a 6,3 appena 14 anni fa. Il fenomeno dell’inversione delle fortune è di lungo corso: tra dicembre 2010 e giugno 2024 la quota di ricchezza del top-10% delle famiglie è aumentata di oltre 7 punti percentuali (p.p.) – passando dal 52,5% al 59,7% –, mentre quella detenuta dal bottom-50% si è contratta di quasi 1 p.p. (dall’8,3% al 7,4%). La ricchezza è fortemente concentrata al vertice: il 5% più ricco delle famiglie italiane, detentore del 47,7% della ricchezza nazionale, possiede oggi quasi il 20% in più dell’ammontare di ricchezza complessivamente detenuta dal 90% più povero”. “Lo 0,1% più ricco degli italiani ha registrato un incremento di oltre il 70% tra il 1995 e il 2016 (dal 5,5% al 9,4%); beneficiando inoltre di un rendimento medio annuo sui patrimoni (5%) quasi doppio rispetto a quello (2-3%) del 90% più povero degli italiani”, spiega il rapporto.

Nel 2024 “la ricchezza dei miliardari italiani è aumentata di 61,1 miliardi di euro – al ritmo di 166 milioni di euro al giorno – raggiungendo un valore complessivo di 272,5 miliardi di euro detenuto da 71 individui. L’ammontare permetterebbe di coprire l’intera superficie della città di Milano con banconote da 10 euro. Quasi 2/3 della ricchezza miliardaria (il 63%) in Italia è frutto di eredità”. “L’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023 non ha comportato la riduzione dell’incidenza della povertà assoluta, ostacolata dall’impatto dell’inflazione ancora elevata e con effetti più marcati sulle famiglie meno abbienti – ha commentato Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia –. La dinamica del 2024 risentirà verosimilmente del rallentamento dell’economia nazionale, ma peserà anche la portata delle misure di contrasto alla povertà che hanno sostituito il reddito di cittadinanza. Rispetto al Rdc, l’Assegno di inclusione ha comportato una contrazione del 37,6% del numero dei nuclei beneficiari e uno scostamento maggiore – eccezion fatta per i nuclei con i minori – tra le famiglie che beneficiano del sussidio e quelle in povertà assoluta nel nostro Paese. Fallimentare fin qui è anche l’esperienza del Supporto per la formazione ed il lavoro che va prefigurando, per i suoi percettori, una lenta transizione dall’occupabilità alla disperazione”. La ripresa occupazionale post-pandemica con il tasso di occupazione al 62,4% – trainato dall’occupazione over-50 – o quello, ai minimi storici, della disoccupazione al 5,7%, spiegato in parte dall’aumento degli inattivi la cui incidenza colloca l’Italia in cima all’Ue, non devono distogliere l’attenzione dai problemi strutturali del mercato del lavoro nazionale. “Piuttosto che adottare toni acriticamente trionfalistici sulla crescita dell’occupazione, il Governo dovrebbe affrontare con maggior vigore le datate debolezze strutturali del mercato del lavoro italiano, favorendo la riduzione dei divari retributivi e delle sacche di lavoro povero – ha aggiunto Maslennikov –. Non sembra tuttavia questa l’intenzione dell’esecutivo. Una chiara politica industriale, orientata alla creazione di buona occupazione, resta del tutto assente, accompagnata da un immobilismo sul rafforzamento della contrattazione collettiva e sulla revisione del sistema di fissazione dei salari, nonché dall’affossamento del salario minimo legale come tutela dei lavoratori più fragili e meno protetti. Insistere sulla liberalizzazione dei contratti a termine, di somministrazione e stagionali e ridurre le tutele del lavoro negli appalti rischia di esasperare ulteriormente saltuarietà, discontinuità e precarietà lavorativa”.