Il film: “Conclave”, l’Oscar delle banalità
Quello del regista Edward Berger è film che non sfugge agli stereotipi di genere, incapaci di affrontare i temi della spiritualità e della fede che guidano la mano dei cardinali chiamati ad eleggere il successore di Pietro

A seguito della morte di Gregorio XVII viene convocato il conclave per eleggere il suo successore. A guidare le operazioni di voto è il decano Thomas Lawrence che deve destreggiarsi tra i quattro favoriti della vigilia: Aldo Bellini, un liberale in linea con le idee del defunto papa, Joshua Adeyemi nigeriano e conservatore, l’ambiguo e corrotto Joseph Tremblay, l’intollerante e dogmatico Goffredo Tedesco. Quando ormai tutto è pronto per il primo scrutinio, il collegio cardinalizio viene sorpreso dall’arrivo di Vincent Benitez, un missionario originario del Messico, segretamente nominato arcivescovo di Kabul. Con queste premesse ha inizio Conclave, del regista Edward Berger, tratto dall’omonimo romanzo di Robert Harris, una pellicola che ripropone il tema ancestrale dei misteri, dei giochi di potere e persino dei crimini ambientati tra le sontuose stanze vaticane, nutrimento di un vero e proprio genere cinematografico incardinato sull’immagine di una Chiesa soffocata da loschi maneggi di alti porporati, assetati soltanto di potere temporale e pronti a qualsiasi nefandezza pur di conquistare il soglio pontificio.
Se fosse un semplice thriller incentrato sugli intrighi e i colpi di scena legati all’elezione dell’amministratore delegato di una multinazionale o del presidente di un grande paese occidentale, Conclave potrebbe anche incuriosire lo spettatore, ma qui siamo in presenza ancora una volta dell’inflazionata resa dei conti tra due schiere di cardinali, conservatori e affaristi da una parte, innovatori e rivoluzionari dall’altra, accomunati soltanto dal rappresentare entrambi lo specchio dell’irrimediabile declino dell’istituzione millenaria. E se, nella realtà dei fatti che ci vengono mostrati, in attesa della fumata bianca, le segrete stanze chiuse cum clave ospitano sicuramente terrene vulnerabilità (siamo pur sempre in presenza di uomini, con tanto di cellulare e tentazioni mondane, pronti a difendere ad ogni costo le istanze di sé stessi o del candidato più vicino alle proprie idee), nelle due ore della pellicola non c’è alcuna traccia di spiritualità, della fede che guida la mano dei grandi elettori nel decretare il successore di San Pietro.
Eppure, per una volta, poteva essere una scelta di verità rinunciare a dipingere gli affari del Vaticano come una cupa spy story ed invece, in quanto superproduzione destinata a conquistarsi un’enorme passerella nell’imminente notte degli Oscar (intanto ha già fatto incetta di candidature ai Golden Globe), Conclave ripresenta l’ennesimo cliché di una Chiesa governata da uomini malvagi, destinata a vivere nelle tenebre o, peggio ancora, a sopravvivere soltanto se riuscirà a rinnegare sé stessa. Per il resto, il film è innegabilmente confezionato con cura. Non gli difetta, infatti, un’attenzione alla forma che passa attraverso la presenza di un cast internazionale, come Ralph Fiennes nei panni del grande tessitore Thomas Lawrence o Isabella Rossellini, sorella Agnes, un personaggio che, rimasto in silenzio per gran parte del tempo, prenderà la parola al momento giusto per cambiare le sorti degli eventi. Al contrario non convince Sergio Castellitto relegato a vestire i panni di un improbabile cardinale italiano, stereotipato fino alla parodia. Una nota di merito, infine, spetta all’accattivante colonna sonora affidata a Volker Bertelmann ma soprattutto alle creazioni della bottega orafa fiorentina di Paolo Penko: manufatti raffinatissimi, carichi di potente simbolismo e capaci di connotare a dovere i tratti salienti dei personaggi.
CONCLAVE di Edward Berger. Con Ralph Fiennes, John Lightow, Stanley Tucci, Sergio Castellitto, Isabella Rossellini.
Produzione: FilmNation Entertainment; Distribuzione: Eagle Pictures; Regno Unito, USA, 2024
Drammatico, Colore
Durata: 2h