Il film: “Piccole cose come queste”, la forza nascosta di minuscoli semi di gratuità e altruismo
Fresco dell'Orso d'Argento vinto al Festival del Cinema di Berlino, arriva in sala «Piccole cose come queste», tratto dal libro Premio Orwell «Piccole cose da nulla» della scrittrice irlandese Claire Keegan
Dopo decenni di omertà e silenzio, sono state diverse le voci che si sono levate negli ultimi anni a denunciare la dolorosa realtà delle Magdalene Laundry, le “lavanderie Maddalena”, istituti cattolici irlandesi gestiti da suore fino alla fine degli anni Novanta. Teoricamente impegnate ad accogliere e salvare dalla strada ragazze “perdute”, le lavanderie ricevevano lauti compensi dalle famiglie bene per nascondere le figlie rimaste incinte fuori dal matrimonio. Sottoposte a violenze e lavori forzati, le ragazze venivano poi separate dai figli, dati in adozione a coppie americane ben paganti o sistemati in qualche orfanotrofio.
Una delle voci più penetranti ed efficaci che ha affrontato il tema, ancora oggi scabroso e controverso, è quella di Claire Keegan, che col suo libro «Piccole cose da nulla» si è aggiudicata il Premio Orwell, e ha soprattutto saputo tessere una storia delicata, sincera e sentita fuggendo ogni facile sensazionalismo. Cillian Murphy, fresco dell’Oscar per «Oppenheimer», si appassiona al libro e lo porta al cinema, in veste di attore protagonista ma anche di produttore assieme agli amici Matt Damon e Ben Affleck.
In «Piccole cose come queste», Orso d’Argento a Berlino, Murphy è Billy Furlong, che nell’Irlanda del 1985 vive vendendo carbone e altri combustibili. Tra i suoi clienti c’è anche una Magdalene Laundry, ed è proprio qui che l’uomo trova, nascosta nella rimessa del carbone e semi-congelata, una delle ragazze “ospiti”, Sarah, che gli chiede aiuto.
Il percorso che porterà Billy a prendere una decisione rivoluzionaria è costellato di piccolissime gentilezze, atti di cura disinteressata che originano nell’uomo dal vivo ricordo della bontà ricevuta: lui stesso è figlio di una ragazza madre, anche lei di nome Sarah, e se non è cresciuto in un orfanotrofio lo deve solo a una ricca benefattrice che ha scelto di prendere lui e la madre in casa propria. La sua storia sarà rivelata piano piano, in flashback fugaci in cui è più il non detto che il detto, che costruiscono un’ideale eco di ciclicità tra le due Sarah e la bontà inaspettata che si trovano a ricevere.
Nel dirigere il film, il Tim Mielants di «Peaky Blinders» tenta di tradurre in immagini lo stile asciutto ed essenziale del libro di Keegan, e lo fa eliminando sistematicamente qualsiasi cosa possa anche solo somigliare a un artificio retorico: la fotografia di Frank van der Eeden sfrutta perlopiù la (poca) luce naturale, le musiche di Senjan Jansen sono sempre fievoli, la camera si limita spesso a una posizione fissa su sequenze simil-teatrali.
Anche l’interpretazione di Murphy lavora in sottrazione, con un protagonista che parla pochissimo ma ha gli occhi sempre spalancati sul mondo, a vedere quello che agli altri sfugge, piegato dai sacchi di carbone come da una vita portata come un fardello, ma sempre pronto ad aiutare, andando naturalmente e spontaneamente contro il conformismo abbracciato da tutti, perfino dalla moglie.
Le “piccole cose” del titolo sono questi minuscoli semi di gratuità e altruismo lasciati lungo il cammino, che danno a loro volta frutti di gentilezza, cura e attenzione all’altro. Tutto il film si gioca su una questione intima, di coscienza, in un invito sommesso ma potente a prestare aiuto agli ultimi, ai reietti, ai diseredati, anche e soprattutto quando non c’è nessun altro a farlo, quando l’indifferenza è diventata istituzionale e si rischia di abituarsi a tutto, anche all’abuso e alla crudeltà.
Per essere un film dal passo così lento e da toni così delicati, «Piccole cose come queste» è sorprendentemente potente ed efficace.
PICCOLE COSE COME QUESTE di Tim Mielants. Con Cillian Murphy, Zara Devlin, Michelle Fairley, Eileen Walsh. Irlanda, USA, Belgio, 2024. Drammatico.