Associazioni e movimenti
Giovani del Mediterraneo, progetto “Prendersi cura”
L’opera-segno lanciata in vista del grande Giubileo del 2025 è rivolta a Conferenze episcopali, parrocchie e realtà ecclesiali per aiutare famiglie, persone e situazioni di povertà e criticità. Intervista a Tina Hamalaya, della Fondazione Giovanni Paolo II e nella segreteria del Consiglio dei Giovani del Mediterraneo
«Prendersi cura – una famiglia per ogni comunità»: è il nome del progetto dal Consiglio dei Giovani del Mediterraneo che ha sede a Fiesole. «è una proposta libera, semplice ed efficace per la quale le Conferenze episcopali, le diocesi, le parrocchie, i conventi e le varie realtà ecclesiali potranno appunto “prendersi cura” di famiglie, persone e situazioni di povertà e criticità che purtroppo numerose ci interpellano e ci chiedono di agire» sottolinea Tina Hamalaya, giovane libanese, che lavora per la Fondazione Giovanni Paolo II curando la segreteria del Consiglio dei Giovani del Mediterraneo.
Il progetto è un’opera-segno presentata, in vista del grande Giubileo del 2025, nel corso dell’incontro svoltosi a Palermo (8-10 novembre), «Non c’è pace senza accoglienza» promosso dal Centro di accoglienza Padre Nostro, dal Consiglio dei Giovani del Mediterraneo, dalla Pontificia facoltà teologica di Sicilia e dalla Rete Mare Nostrum con il patrocinio dell’Assemblea regionale siciliana.
L’opera-segno è stata lanciata quest’anno, nel momento in cui «celebriamo 800 anni delle Stimmate di san Francesco “Dalle Ferite una Nuova Vita”» continua Hamalaya che aggiunge: «Questo legame con la spiritualità francescana è ancora più evidente se pensiamo alla preghiera di san Francesco: “Dove c’è disperazione che io porti speranza”. Il nostro progetto, dunque, si fonda su questo stesso spirito di speranza e cura, mirando a portare supporto e luce là dove ce n’è più bisogno, proponendosi di offrire un sostegno concreto e accoglienza alle persone che vivono situazioni di grave fragilità. In 3 parole: Osservare, Riflettere, Agire».
Il progetto si rivolge in modo particolare a emigranti, rifugiati, richiedenti asilo ed è anche aperto ad altre realtà in disagio: persone senza fissa dimora, famiglie vulnerabili dal punto di vista economico e sociale, madri in difficoltà, donne vittime di tratta e giovani in situazioni di vulnerabilità: «è per tutte quelle persone in condizioni di sofferenza e precarietà che, purtroppo, rappresentano una sfida crescente nella nostra società. L’iniziativa si concentra a tradurre la solidarietà in azioni concrete, costruendo ponti e legami di fiducia, offrendo alle persone più fragili l’opportunità di una nuova vita radicata nella dignità e sull’inclusione nella comunità».
Ma chi è chiamato a tradurre le parole del progetto in opere concrete? «I potenziali attuatori – spiega le diocesi, le parrocchie, i conventi, le comunità religiose, le famiglie, i movimenti ecclesiali e altre forme di ‘consorzialità’ che si rendano disponibili. Tutti sono chiamati a diventare protagonisti di quest’iniziativa. Il progetto si caratterizzerà per una durata temporanea, la quale sarà stabilita di volta in volta in base alle specifiche necessità di ogni singola situazione. L’obiettivo primario sarà di favorire un’integrazione reale effettiva, con prospettive di autosufficienza e autonomia in modo da consentire un pieno inserimento nella società e nella comunità».
In prima linea in questa iniziativa c’è il Consiglio dei giovani del Mediterraneo. Il Consiglio è formato da 34 giovani provenienti da Italia, Francia, Spagna, Slovenia, Croazia, Albania, Bosnia, Montenegro, Grecia, Cipro, Malta, Turchia, Iraq, Siria, Libano, Terra Santa, Egitto, Algeria e Tunisia ed è a sua volta «opera-segno» di «Mediterraneo di Pace», l’incontro dei vescovi del Mediterraneo che si sono incontrati insieme a Firenze dal 23 al 27 febbraio 2022.
Hamalaya sottolinea che il progetto è «un’iniziativa del Cgm» e «viene proposta alle singole Conferenze episcopali e Sinodi. Ogni realtà promotrice lo potrà considerare come opera-segno in occasione dell’anno giubilare tenendo in costante evidenza gli obiettivi da raggiungere». I giovani cosa chiedono alla Chiese del Mediterraneo? «Li invitiamo a farsi promotori di proposte di accoglienza e supporto, come già detto, per famiglie e persone in difficoltà e a soggetti fragili, in particolare giovani. È anche opportuno che siano proprio le relazioni all’interno del Consiglio a generare proposte di solidarietà reciproca, attraverso l’attivazione di gemellaggi e iniziative mirate a sostenere le comunità più vulnerabili rappresentate nel Consiglio».
E poi la giovane libanese spiega come tutto ciò si inserisca nel cammino giubilare delle Chiese. «Con il Giubileo 2025, l’obiettivo di papa Francesco è promuovere un clima di speranza e fiducia come segno di rinnovamento tanto necessario quanto urgente per tutti noi. Il progetto “Prendersi cura” quindi, trova la sua essenza nella solidarietà, nella condivisione e in quella profonda “immersione”, come la chiama papa Francesco, nelle vite di chi soffre, per donare loro nuova forza e una nuova prospettiva. In questo spirito, e in questo lago di Tiberiade che è il Mediterraneo pieno di spazi che uniscono le persone, i giovani del Consiglio e tutti i giovani del Mare Nostrum, diventano i primi pellegrini di speranza del cammino giubilare creando relazioni che favoriscono il riconoscimento reciproco per costruire un futuro di solidarietà e pace», conclude Tina Hamalaya.