Cultura & Società
“Solo l’Amore salva”, a Firenze lo spettacolo su Mariachiara Messina
Alla Santissima Annunziata il racconto della vita della giovane siciliana, morta a 31 anni, esempio di fede e di gioia
Arriva a Firenze, dopo la prima rappresentazione in Sicilia, al Santuario della Madonna del Tindari, lo spettacolo sulla vita di Mariachiara Messina «Solo l’Amore salva», scritto e diretto da Martina Cardelli. Alla Santissima Annunziata, il 14 dicembre, alle ore 21 i giovani delle Sentinelle del mattino di Pasqua accoglieranno i partecipanti «consegnando un oggetto, con il quale concluderemo durante un momento di adorazione» spiega Cardelli. La vita della giovane di Patti, scomparsa nel 2017 a 31 anni, è diventata motivo di annuncio per il suo modo di abitare la malattia, raccontato nel libro «Con la croce nel cuore e la resurrezione sul volto», dove don Emanuele Di Santo, rettore del seminario vescovile di Patti e padre spirituale della ragazza, ha riunito parte dei suoi scritti. Da lì è partita anche Martina Cardelli, che pure aveva conosciuto Mariachiara durante uno dei suoi corsi di teatro per i giovani della Scuola di evangelizzazione Jeunesse Lumière. «Non mi ero accorta però del mondo interiore e di tutta la profondità che si nascondeva dentro quella ragazza docile e tranquilla» dice di quando per la prima volta, in Sicilia, ha letto le pagine del suo diario. Lo spettacolo la segue, ripercorrendo «i gradi del suo cammino verso l’Amore – spiega Cardelli –. La sua iniziale resistenza a Dio, poi la resa. L’accettazione della malattia e, infine, il gradino più alto, quello in cui chiede al Signore di poter soffrire con Lui per la salvezza delle anime e per collaborare alla sua Passione». «Più scendeva nella sofferenza e più si conformava all’Amore» dice di lei. Una miastenia gravis e diversi tumori dai 15 anni in poi avevano iniziato a far comparire i propri sintomi. Però «sentiva dentro di sé un fuoco, una sete di far conoscere Gesù agli altri che le faceva fare anche cose per lei impossibili» racconta il fratello, Marco Messina. Come quando «percorreva una spiaggia ad Ischia a 40 gradi durante una missione di Nuovi orizzonti; con la sua malattia sarebbe stato difficile anche camminare» dice. E anche quando doveva stare a letto e arrivavano delle persone a casa a trovarla «non si risparmiava mai. A volte sembrava che non ce la facesse, poi si fermava a parlare diverse ore con chi veniva. Quando le persone andavano via si sentivano rincuorate da Mariachiara» racconta ancora. Tra i tanti con cui facilmente entrava in relazione, anche i medici e gli infermieri: «Scriveva loro delle lettere – racconta Marco –, li esortava ad andare avanti nel loro lavoro, a viverlo come una missione e a prendersi cura anche dell’umanità delle persone». Perché «la medicina cura – scriveva – ma solo l’Amore salva». «Uno di loro poi ci ha raccontato quanto si sia sentito aiutato da lei. Ma ne abbiamo avuti tanti segni – dice il fratello della giovane –, anche dopo la sua morte». Segni che confortano e illuminano, come «il ritorno dallo spettacolo in Sicilia. La cosa più bella – racconta Martina Cardelli – non è stata forse la basilica gremita di gente, la loro commozione o i loro silenzi, ma i cambiamenti che chi ha messo in scena lo spettacolo ha avuto nella propria vita: i giovani si sono veramente messi in discussione. Mariachiara è stata una freccia che ha indicato il Risorto».