Perché non preghiamo più il Rosario? Non manca il tempo ma l’attitudine
Il rosario, una preghiera da anziani? La risposta del teologo
Volevo chiedere perché nessuno prega più il rosario. Ormai nelle parrocchie si trovano solo poche signore anziane, e anche l’uso di recitarlo a casa come si faceva una volta non c’è più. Eppure è una forma di preghiera così semplice. Forse perché non abbiamo tempo? Magari basterebbe dirne solo una parte.
Emma Baldini
Risponde don Diego Pancaldo, docente di Teologia spirituale
Credo che la questione sollevata dalla lettrice vada inquadrata nel contesto più ampio della condizione dell’uomo contemporaneo che, per vari motivi, sembra talvolta disabituato alla preghiera. Tuttavia, osservava Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte, «non è forse un “segno dei tempi” che si registri oggi, nel mondo, nonostante gli ampi processi di secolarizzazione, una diffusa esigenza di spiritualità, che in gran parte si esprime proprio in un rinnovato bisogno di preghiera?»
Risulta pertanto necessaria un’educazione alla preghiera cristiana, un’iniziazione che il Magistero più volte ha richiesto. Nella medesima lettera, pubblicata nel 2001, a conclusione dell’anno giubilare, San Giovanni Paolo II invitava ogni comunità cristiana a diventare una scuola di preghiera: «…c’è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell’arte della preghiera – scriveva – Sì, carissimi Fratelli e Sorelle, le nostre comunità cristiane devono diventare autentiche “scuole” di preghiera, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione, ascolto, ardore di affetti, fino a un vero “invaghimento” del cuore. Una preghiera intensa, dunque, che tuttavia non distoglie dall’impegno nella storia: aprendo il cuore all’amore di Dio, lo apre anche all’amore dei fratelli, e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio». C’è da domandarsi fino a che punto quest’invito sia stato accolto nelle nostre comunità così come nelle nostre programmazioni pastorali.
In questa prospettiva si pone la preghiera del Rosario, la cui bellezza e la cui importanza è stata continuamente sottolineata dal Magistero della Chiesa, che ha tenuto conto anche delle grandi apparizioni mariane come quelle di Lourdes e di Fatima, nelle quali la Madonna esplicitamente ha raccomandato questa forma di preghiera. Nell’introduzione della Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae Giovanni Paolo II ne indica la rilevanza per il presente e il carattere cristologico: «Il Rosario della Vergine Maria, sviluppatosi gradualmente nel secondo Millennio al soffio dello Spirito di Dio, è preghiera amata da numerosi Santi e incoraggiata dal Magistero. Nella sua semplicità e profondità, rimane, anche in questo terzo Millennio appena iniziato, una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di santità. Essa ben s’inquadra nel cammino spirituale di un cristianesimo che, dopo duemila anni, non ha perso nulla della freschezza delle origini, e si sente spinto dallo Spirito di Dio a “prendere il largo” (“duc in altum!“) per ridire, anzi ‘gridare’ Cristo al mondo come Signore e Salvatore, come “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6), come “traguardo della storia umana, il fulcro nel quale convergono gli ideali della storia e della civiltà”. Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Mediante il Rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore».
Nella parte conclusiva della Lettera Giovanni Paolo II offriva delle indicazioni pratiche per recitare nel modo giusto questa preghiera che adotta il metodo della ripetizione, evidenziando l’atteggiamento fondamentale richiesto: l’amore: «La meditazione dei misteri di Cristo è proposta nel Rosario con un metodo caratteristico, atto per sua natura a favorire la loro assimilazione. È il metodo basato sulla ripetizione. Ciò vale innanzitutto per l’Ave Maria, ripetuta per ben dieci volte a ogni mistero. Se si guarda superficialmente a questa ripetizione, si potrebbe essere tentati di ritenere il Rosario una pratica arida e noiosa. Ben altra considerazione, invece, si può giungere ad avere della Corona, se la si considera come espressione di quell’amore che non si stanca di tornare alla persona amata con effusioni che, pur simili nella manifestazione, sono sempre nuove per il sentimento che le pervade». Questa, più ancora della disponibilità di tempo, risulta sempre la questione decisiva.