Si avvicina il Giubileo, si torna a parlare di indulgenze: cosa sono esattamente?
Mentre si avvicina il Giubileo, un lettore chiede cosa sono le indulgenze, e come ottenerle. La risposta del teologo
Ogni volta che si avvicina un Giubileo si parla di indulgenza, Ma cosa significa esattamente? Come si fa a ottenerla? Un tempo su questo sono nati scandali e commerci, oggi questa tradizione è stata purificata?
Lettera firmata
Risponde padre Francesco Romano, docente di Diritto canonico
Il significato letterale di indulgenza trae origine dal giudizio che viene espresso con benevolenza, clemenza, comprensione. Dal punto di vista dottrinale la definizione di indulgenza è data dalla Costituzione Apostolica «Indulgentiarum Doctrina» del 1° gennaio 1967 di san Paolo VI, ripresa dal Codice di Diritto canonico: «L’indulgenza è la remissione davanti a Dio della pena temporale dovuta per i peccati, già perdonati quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a talune determinate condizioni, ottiene a opera della Chiesa, che, come ministra della redenzione, dispensa e applica con autorità il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi» (can. 992).
La dottrina e la pratica delle indulgenze nella Chiesa cattolica sono strettamente legate agli effetti del sacramento della penitenza che libera il peccatore dalla colpa con l’assoluzione dei peccati, ma non del tutto dalla pena temporale, cioè quella che resta da scontare in Purgatorio, che rimane sempre nell’uomo come un residuo anche dopo aver confessato le proprie colpe, una specie di segno perché non dimentichi, come sapientemente ci insegna sant’Agostino, che senza la misericordia divina non può esserci salvezza nonostante i nostri sforzi.
Sollevato dal peccato, il cristiano deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve fare qualcosa di più per riparare alle proprie colpe. Questa soddisfazione si chiama anche penitenza, quella che il confessare impone. Essa può consistere nella preghiera, in un’offerta, nelle opere di misericordia, nel servizio del prossimo, in privazioni volontarie, in sacrifici e soprattutto nella paziente accettazione della croce che dobbiamo portare.
Quindi, sintetizzando, dopo l’assoluzione dal peccato e la soddisfazione della penitenza data dal confessore, estinta la pena eterna, possono rimanere delle pene da scontare in vista della purificazione completa dell’anima. L’indulgenza rimette davanti a Dio questo residuo di pene temporali dei peccati già perdonati che sarebbero da scontare in Purgatorio.
L’indulgenza si ottiene mediante la Chiesa in virtù del potere di legare e sciogliere accordatole da Gesù. Essa dischiude al fedele il Tesoro dei meriti di Cristo e dei Santi perché ottenga dal Padre la remissione delle pene temporali conseguenti ai suoi peccati. A questo «Tesoro» appartiene anche il valore incommensurabile che presso Dio hanno le opere della beata Vergine Maria e di tutti i santi che con la santificazione della loro vita hanno cooperato alla salvezza dei propri fratelli nell’unità del corpo mistico.
L’indulgenza si può ottenere anche a favore dei defunti, a modo di suffragio, che sono in via di purificazione in Purgatorio perché anch’essi fanno parte della comunione dei santi.
Per acquistare l’indulgenza plenaria è necessario eseguire l’opera «indulgenziata» e adempiere tre condizioni: confessione sacramentale per la remissione della colpa, Comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice. (un Padre Nostro, un’Ave Maria, la professione di fede; è lasciata tuttavia libertà ai singoli fedeli di recitare qualsiasi altra preghiera secondo la pietà e la devozione di ciascuno). Si richiede, inoltre, che sia esclusa qualsiasi affezione al peccato, anche veniale. Se manca la piena disposizione o non sono poste le predette tre condizioni, l’indulgenza è solamente parziale.
L’indulgenza plenaria è conosciuta dal popolo come una concessione fatta dalla Chiesa in occasione di un giubileo. In realtà essa viene permanentemente concessa ai fedeli (per approfondimenti rimandiamo al «Manuale delle indulgenze. Norme e concessioni», Penitenzieria apostolica, 2021). Per esempio, l’opera prescritta per «lucrare» l’indulgenza plenaria annessa a una chiesa o a un oratorio consiste nella devota visita di questi luoghi sacri, adempiendo le condizioni prescritte e recitando in essi il Padre Nostro e il Credo, salvo che in casi particolari sia diversamente stabilito.
Per quanto riguarda l’indulgenza applicabile soltanto alle anime del Purgatorio vanno tenute presenti le seguenti circostanze: nei singoli giorni, dal 1° all’8 novembre, per chi devotamente visita il cimitero e prega per i defunti anche soltanto mentalmente; nel giorno in cui si celebra la Commemorazione di tutti i fedeli defunti o, col consenso dell’Ordinario, la Domenica antecedente o susseguente, oppure nella solennità di Tutti i Santi) chi visita piamente una chiesa o un oratorio e recita un Padre Nostro e il Credo.
Il fedele che devotamente usa un oggetto di pietà (crocifisso, croce, corona, scapolare, medaglia), debitamente benedetto, può lucrare un’indulgenza parziale. Se poi tale oggetto è benedetto dal Sommo Pontefice o da un vescovo, i fedeli, che devotamente lo usano, possono acquistare anche l’indulgenza plenaria nella festa dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo, aggiungendo però la professione di fede con qualsiasi legittima formula.
Al fedele «in articulo mortis», che non possa essere assistito da un sacerdote che gli amministri i sacramenti e gli impartisca la benedizione apostolica con l’annessa indulgenza plenaria, la santa madre Chiesa gliela concede ugualmente, purché sia ben disposto e abbia recitato durante la vita qualche preghiera. Per l’acquisto di tale indulgenza è raccomandabile l’uso del crocifisso o della croce.
L’indulgenza ci parla dunque del tesoro della Divina Misericordia e della sua eccedenza anche rispetto a tutto il possibile male compiuto dall’uomo. Soltanto coloro che si lasciano cambiare dalla divina misericordia e, con umiltà, attingono abbondantemente attraverso la Chiesa al tesoro soprannaturale delle indulgenze, possono vedere il proprio destino eterno realmente cambiato.
L’indulgenza plenaria venne concessa nel 1300 da Bonifacio VIII a quanti, battezzati, contriti e confessati, avessero vistato le Basiliche di S. Pietro e S. Paolo (per 30 giorni se romano, per 15 giorni se pellegrino).
Dal XIV al XVI si introdusse la possibilità di ottenerle con offerte in denaro, definite oblationes, raccolte dai quaestores per sovvenzionare opere di apostolato e non solo. Il popolo cominciò erroneamente a pensare che l’indulgenza non liberasse solo dalla pena temporale, ma anche dalla colpa in sostituzione della confessione sacramentale, e che dunque bastasse lucrarla per ottenere anche la remissione dei peccati finendo con l’arrivare a ridurre l’elargizione delle indulgenze a un’operazione finanziaria. Il Concilio di Trento per mettere fine a questi disordini proibì le questue e i riscossori d’indulgenze.
Dal XVI sec. ai nostri tempi, i Papi hanno regolato la concessione delle indulgenze, stabilendone il numero e l’autenticità. La Chiesa precisa che non esiste automatismo alcuno che permetta di ottenere l’indulgenza senza una vera conversione, un sincero distacco dal peccato e un vero pentimento dei peccati commessi e confessati. «Il perdono concesso gratuitamente da Dio, implica come conseguenza un reale cambiamento di vita, una progressiva eliminazione del male interiore, un rinnovamento della propria esistenza» (Giovanni Paolo II, Incarnationis mysterium, 1998).