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Colombia: 172 leader sociali uccisi nel 2018, 7 dall’inizio dell’anno. Mons. Henao, «situazione di enorme gravità»

Ben 172 leader sociali e difensori dei diritti umani assassinati in Colombia nel 2018, 431 nell’ultimo triennio, con un incremento considerevole dopo a firma degli accordi di pace con le Farc. E’ il tragico bilancio diffuso dalla Defensoría del Pueblo della Colombia.

Una tendenza che è ancora più tragica in questo inizio di 2019, con sette omicidi nei primi dieci giorni dell’anno (sei nei primi cinque). Il primo leader assassinato è stato Jesús Adier Perafán, ucciso in Caicedonia, (Valle del Cauca), il 2 di gennaio. Forte impressione ha suscitato l’assassinio della leader sociale Maritza Quiroz Leiva, a Santa Marta (Magdalena), nel nord caraibico del Paese.

Secondo il rapporto della Defensoría del Pueblo, in 126 casi i responsabili sono stati identificati o è in corso un processo. I dipartimenti con i maggiori numero di vittime sono soprattutto quelli del Cauca, Santander Norte, Valle del Cauca, Nariño, Caquetá, Meta e Putumayo, in maggioranza nell’area meridionale e pacifica, ma comunque il fenomeno riguarda tutto il Paese.

«Si tratta di una situazione realmente molto preoccupante, di enorme gravità», è il giudizio di mons. Héctor Fabio Henao, direttore del Segretariato di Pastorale sociale Caritas della Conferenza episcopale colombiana, interpellato dal Sir: «Come Chiesa colombiana, stiamo lavorando intensamente con la Procuradoría della Nazione, la massima autorità del Paese, e con gli altri soggetti interessati – continua mons. Henao, che è anche presidente del Comitato nazionale della riconciliazione, organo esecutivo del Consiglio nazionale della pace -. La mancata protezione dei leader sociali è un problema da risolvere urgentemente».

Dopo la firma del trattato di pace nel territorio colombiano, spiega ancora mons. Henao, «c’è una situazione confusa». L’abbandono delle Farc ha spesso provocato lotte per il controllo del territorio rimasto libero, «il più delle volte tali lotte sono condotte da gruppi legati al narcotraffico e da altri traffici illeciti».  Si tratta, il più delle volte di bande criminali di carattere paramilitare o di frazioni dissidenti delle Farc, «ma si tratta di una situazione complessa – dice mons. Henao – che spetta alle autorità indagare». I

l direttore della Pastorale sociale spiega che «il fenomeno di tale mancata protezione coinvolge tutti i dipartimenti del Paese, anche se è concentrato soprattutto nella zona sud-occidentale (in particolare nei dipartimenti del Cauca e della Valle del Cauca) e nel nord del dipartimento di Antioquia, dove continuano a essere frequenti le deportazioni forzate (desplazamientos) di intere popolazioni. Noi siamo in contatto costante con gli uffici di Pastorale sociale delle diverse diocesi, per cercare di segnalare e prevenire episodi di questo tipo. Un grosso contributo alla graduale pacificazione del Paese potrebbe venire dalla pace tra il Governo e l’altra guerriglia marxista ancora attiva, l’Esercito di liberazione nazionale (Eln).

Il tavolo di dialogo all’Avana non è più stato convocato dopo l’elezione di Iván Duque alla presidenza della Repubblica. Giovedì scorso l’Eln ha chiesto la «riattivazione immediata del tavolo di dialogo», con l’obiettivo di un cessate-il-fuoco bilaterale. Il Governo chiede invece previamente la cessazione di tutte le attività violente e di guerriglia da parte dell’organizzazione. «Il tavolo di pace non sta proseguendo come si sperava, si sta cercando di conciliare le due posizioni. Nei messaggi di inizio anno, però, dia il Governo che l’Eln hanno espresso la volontà di riaprire il tavolo. Lo ha detto Duque, lo ha detto l’Eln. Sarebbe una cosa molto importante, soprattutto per alcune regioni del Paese».