«Sogno una Caritas che sia sempre più, sì, locanda dell’uomo ferito, ma diventi anche ospedale da campo, che si installa laddove c’è il bisogno». È così che don Enzo Capitani, prete da sempre impegnato verso le marginalità e le «periferie», delinea la Caritas che verrà. Don Capitani da alcuni anni è direttore della Caritas diocesana di Grosseto e proprio in questo periodo è impegnato, col vescovo Rodolfo Cetoloni e tutta la Chiesa maremmana nel percorso di sensibilizzazione della popolazione per un progetto ambizioso quanto urgente: la nuova sede di Caritas. Il progetto è stato lanciato ufficialmente il 15 novembre scorso, in occasione della quarta giornata mondiale dei poveri. Un percorso allo stato embrionale, ma che ha già alle spalle anni di impegno.Dopo vari tentativi di cercare spazi adeguati, finalmente la diocesi è arrivata a individuare un fabbricato in via Pisa (zona Cottolengo), dove già ha sede da alcuni anni uno dei servizi di punta della Caritas: la Bottega della solidarietà. Adiacenti vi erano dei capannoni in disuso, che la diocesi ha potuto acquistare grazie alla donazione ricevuta da una famiglia e alla permuta dell’ex chiesetta de «Il Cristo», lungo la strada provinciale del Pollino che collega il capoluogo maremmano con la costa. Ora quei volumi dovranno essere demoliti, bonificati e trasformati in nuovi spazi, nei quali la dimensione di prossimità della Chiesa possa tradursi in luoghi accoglienti, confortevoli, più adeguati rispetto agli attuali in via Alfieri. Il progetto è stato affidato all’ingegner Emanuele Manusia e all’architetto Arianna Lamura di Arching Toscana, con sede in Grosseto.«È un impegno che la Chiesa di Grosseto vuole assumersi sapendo che c’è una comunità diffusa, fatta di persone, che saranno pronte a dare un aiuto tendendo la loro mano – commenta il vescovo Rodolfo – È evidente che se si guarda all’impegno economico tremano i polsi, ma confidiamo nella Provvidenza e nell’affetto attento e sollecito di tante persone, che sanno con quale passione ogni giorno Caritas, in via Alfieri e nelle parrocchie, diventa quella locanda dell’uomo ferito, che fascia piaghe dolorose»L’immobile, attualmente in disuso, nato come sede degli uffici legati all’impianto artigianale retrostante, è costituito da un corpo di fabbrica rettangolare, in muratura portante, con una superficie utile lorda di 560 metri quadri, pari a un volume di circa 1700 metri cubi. Il costo della nuova sede, completo di arredi, si aggirerà sui 2 milioni di euro. Qualche generoso benefattore si è già mosso. L’alienazione di alcuni beni di cui disponeva la diocesi e il contributo della Cei, attraverso i fondi 8xmille, sono una buona base per partire, ma non saranno sufficienti per completare il progetto.«Ecco perché – dice il vescovo – c’è bisogno davvero dell’obolo della vedova, del generoso contributo di tutti, piccolo o grande che sia. Non è per noi, ma per quei fratelli che sono nel bisogno o sulla strada… della Caritas». Proprio per questo la diocesi di Grosseto ha avviato una campagna di sensibilizzazione. È stato realizzato un depliant in 10mila copie nel quale è accluso anche un bollettino di conto corrente precompilato, attraverso il quale chi lo vorrà potrà effettuare una donazione. Potrà essere utilizzato anche l’iban: IT 26Z0760114300000010548584 intestato a Curia vescovile di Grosseto, causale: nuova sede Caritas. Attualmente le donazioni ricevute superano i 30mila euro. Per garantire la massima trasparenza e dar conto dell’andamento della raccolta fondi, sul settimanale diocesano Toscana Oggi e sul sito diocesano (www.diocesidigrosseto) sono aperte due sezioni che raccontano l’evolversi del percorso.«Sarà una sede sulla strada – conclude don Enzo Capitani – La pandemia e i mesi del lockdown ci consegnano, come Chiesa, proprio questa missione: stare sulla strada, riscoprendola. Il fatto che ormai da mesi si distribuisca il cibo non più alla mensa (non è possibile), ma per strada, da circostanza dovuta è diventata segno di vicinanza, perché la Chiesa sente come prioritario andare incontro, sulla strada appunto, a chi è nel bisogno. che la nostra Chiesa assuma come misura del proprio passo l’andamento dell’agnellino. Oggi, in questa società sempre di fretta, il rischio è di imporre e farci imporre il passo del montone e chi resta indietro… pazienza. Nella Chiesa no; dobbiamo adeguare il passo della comunità agli agnellini, le figure più fragili. Sono loro che dettano il passo al gregge».