Cultura & Società
Libri, stasera la presentazione de “La scuola toscana nel cinema italiano”
Leonardo Pieraccioni sarà l'ospite d’onore oggi sabato 19 ottobre, alle 19, in occasione della presentazione del libro di Domenico Palattella presso la Biblioteca delle Oblate a Firenze
Domenico Palattella è un saggista, giornalista e critico cinematografico non nuovo a imprese letterarie. Ha alle spalle, infatti, un notevole curriculum che comprende, oltre all’organizzazione di festival (Aracnea Film & Book Festival di Castellaneta) e all’impegno nella didattica del cinema e delle immagini, la pubblicazione di molti libri che si sono sempre distinti per originalità e competenza. Testi spesso insigniti di prestigiosi riconoscimenti come, ad esempio, L’Italia del cinema – Dagli anni ’60 agli anni ’90, mito, storie e curiosità che si è aggiudicato nel 2021 il primo premio assoluto nella categoria saggistica cinematografica alla X edizione dell’International tour film festival di Civitavecchia.
Non deve sorprendere, quindi, che anche La scuola toscana nel cinema italiano – Storia di un successo collettivo (Edizioni Toscana Oggi, Firenze, 2024, pagine 224, euro 18) si caratterizzi per ricchezza e profondità d’analisi nel raccontare i grandi artisti della nostra terra: Mario Monicelli (da cui tutto ebbe inizio, cinquant’anni fa, con il primo Amici miei), Renzo Montagnani, Alessandro Benvenuti, Athina Cenci, Francesco Nuti, Roberto Benigni, Carlo Monni, Giorgio Ariani, Leonardo Pieraccioni (intervistato da Palattella nel volume e che sarà l’ospite d’onore sabato 19 ottobre, alle 19, in occasione della presentazione del libro presso la Biblioteca delle Oblate a Firenze dimostrando ancora una volta l’affetto che prova nei confronti del nostro giornale), Massimo Ceccherini, Alessandro Paci, Barbara Enrichi, Novello Novelli, Marco Messeri, Enio Drovandi, Giorgio Panariello, Paolo Ruffini, Niki Giustini, Sergio Forconi e altri ancora.
E per chi è cresciuto a «pane e Vernice fresca» (dove tanti di loro si sono esibiti con una spalla d’eccezione del calibro di Carlo Conti) sembra incredibile come uno studioso pugliese abbia potuto mettere in fila e raccontare così tante celebrità. E invece, proprio le origini extraterritoriali dell’autore rappresentano il grande valore aggiunto della pubblicazione. Un grande merito, poiché Palattella, non essendo coinvolto nelle vicende antropologiche che sono alla base di quella particolare battuta o di quella spassosissima gag (come accade a noi, che magari D abbiamo conosciuto di persona Amerigo, il ciclista sempre brillo di Giorgio Panariello), ci restituisce l’universalità di un «prendere in giro la vita» che supera i confini della nostra regione e si diffonde contagioso in tutta la penisola.
D’altra parte, l’autore non è nuovo a incursioni nella comicità toscana, e ha dimostrato la sua competenza di studioso del cinema con il suo pregevole saggio Renzo Montagnani, un uomo libero che raccoglie una serie di contributi sulla figura dell’indimenticato don Fumino e che ha sicuramente rappresentato lo spin-off di questa nuova pubblicazione. La scuola toscana nel cinema italiano – Storia di un successo collettivo dedica, tra l’altro, un capitolo alla figura troppo presto dimenticata di Vittorio Cecchi Gori, un omaggio importante poiché dobbiamo essere grati a questo visionario uomo di spettacolo che, insieme all’indimenticabile padre Mario, ha segnato in maniera indelebile, una meravigliosa epoca della cinematografia (e del calcio) toscano e nazionale.
Difficile stilare una graduatoria di merito tra i protagonisti degli altri capitoli della pubblicazione, anche se è splendido l’omaggio riservato a chi non c’è più, a maschere come quella irriverente di Carlo Monni (prima o poi, tutti gli altri lo hanno voluto al loro fianco) o quella malinconica di Niki Giustini (partito da San Giovanni Valdarno, ci ha lasciato troppo presto). Particolarmente toccanti sono soprattutto le pagine dedicate a Francesco Nuti perché, tra tutte quelle raccontate, la sua vicenda rappresenta una parabola unica, di protagonista di una stagione di successo folgorante quanto relativamente breve e dal finale tragico. Il libro, però, non è soltanto una carrellata di autori e interpreti, ma va ancora più in profondità e si mette alla ricerca di «dove tutto ebbe inizio», ovvero dove nasce l’antico gusto toscano per la battuta salace, per la risata amara.
Ed ecco che Palattella si toglie i panni del critico cinematografico per indossare quelli del detective, dello storico della letteratura e del costume mettendo a confronto la poesia comica toscana del 1200 e del 1300 con la comicità contemporanea, trovando così un’ideale connessione (con dosi massicce di fantasia) tra i nostri attori e Cecco Angiolieri, Meo dei Tolomei, Rustico Filippi, fino a Dante Alighieri e Giovanni Boccaccio. Perché, questa è la teoria di Palattella in La scuola toscana nel cinema italiano – Storia di un successo collettivo, i grandi del passato, in particolare Boccaccio, sono stati involontariamente (come potevano sapere che alla fine dell’Ottocento due fratelli francesi avrebbero inventato il cinematografo) i precursori di un certo tipo di narrazione per immagini che si è definitivamente affermata a partire dagli anni Settanta in un genere passato poi alla storia come commedia popolare all’italiana. Una categoria cinematografica di cui quei «geniacci» dei registi e degli attori toscani divennero ben presto campioni indiscussi, anche perché dotati di «fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione!».