Vita Chiesa

Sinodo: canonisti, “rendere obbligatori i consigli pastorali”

È una delle proposte contenute nel rapporto dei Canonisti, presentato durante la prima Congregazione generale del Sinodo sulla sinodalità

“Rendere obbligatori” i Consigli pastorali diocesani e parrocchiali e il Consiglio episcopale, “là dove oltre al Vicario generale ci sia almeno un Vicario episcopale o dei Delegati episcopali”. È una delle proposte contenute nel rapporto dei Canonisti, presentato durante la prima Congregazione generale del Sinodo sulla sinodalità, svoltasi ieri pomeriggio. “C’è il dovere del pastore di chiedere al Consiglio indicazioni, indirizzi, osservazioni, verifiche, suggerimenti, ma vi è anche il corrispettivo diritto-dovere di ogni membro dell’organismo di offrire il proprio parere su quanto posto alla attenzione e al discernimento”, si precisa nel documento, in cui si suggerisce di “prevedere una norma che garantisca che la maggioranza dei membri dei Consigli Pastorali siano laici con una presenza adeguata di donne, di giovani e di persone che vivono in condizioni di povertà o che sperimentano altre forme di emarginazione”, permettendo che “anche coloro che vivono situazioni personali o coniugali complesse possano partecipare a questi organismi”.

“Seminario non sia esperienza lontana dal popolo di Dio”

“Evitare di concepire il modulo del Seminario come un’esperienza prolungata e lontana dal popolo di Dio, prevedendo anche altri moduli formativi, la partecipazione dei laici alla progettazione della formazione e l’inserimento di esperienze innovative e missionarie, non alternativi ma complementari al processo formativo del Seminario”. È uno dei suggerimenti raccolti nel rapporto del Gruppo di studio 4, dedicato a “La revisione della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis in prospettiva sinodale missionaria”, la cui attività è stata presentata durante la prima Congregazione generale di ieri pomeriggio, insieme a quella degli altri nove Gruppi di studio istituiti dal Papa per affiancare il compito dei 368 padri sinodali che partecipano alla seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità. “Garantire il tempo e lo spazio necessario per approfondire e verificare la chiamata al ministero ordinato e il carisma del celibato in un’intensa vita spirituale marcata da ritmi custoditi e guidati”, il secondo suggerimento, insieme a quello di “assicurare una larga esposizione alla vita ordinaria e a quella delle comunità cristiane durante l’intero periodo, in modo da favorire una solida maturazione integrale”. Attraverso le varie tappe di formazione dei futuri sacerdoti, si raccomanda inoltre nel testo, sarebbe opportuno “fare in modo che tutti gli aspetti della formazione siano calibrati in rapporto alla singolarità di ciascun candidato, senza perdere di vista il fatto che la cosa centrale è il discernimento di una chiamata che viene da Dio e che la vita del ministro ordinato è radicalmente nutrita dalla sua sempre crescente amicizia con Gesù”. In concreto, si tratta di “accompagnare personalmente ogni candidato nell’ascolto interiore di quello che è in lui e favorire, allo stesso tempo, da un lato una reale fraternità tra i ministri ordinati, spesso ancora deficitaria, e dall’altro la relazione viva con laici e laiche che aiuti a mantenere il rapporto con le cose della vita come condizioni indispensabili per sviluppare una personalità matura, essenziale per l’equilibrio affettivo, il dominio di sé, la sessualità integrata e prevenire la piaga degli abusi”.

“Più coinvolgimento del popolo di Dio nel processo di selezione dei nuovi vescovi”

“Un più fattivo coinvolgimento del popolo di Dio nel processo di selezione dei nuovi vescovi”. È una delle richieste contenute nel rapporto del Gruppo di studio 7, dedicato ad “alcuni aspetti della figura e del ministero del vescovo in prospettiva sinodale missionaria”, la cui attività è stata presentata durante la prima Congregazione generale di ieri pomeriggio, insieme a quella degli altri nove Gruppi di studio istituiti dal Papa per affiancare il compito dei 368 padri sinodali che partecipano alla seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità. “Spetta unicamente al Papa nominare i vescovi o confermare i vescovi legittimamente eletti”, si ricorda nel testo e che la normativa canonica prevede già il coinvolgimento delle Conferenze episcopali e di membri della Chiesa locale nel processo di selezione dei vescovi, “ma non sempre le norme sembrano ben comprese e rispettate”. Di l’esigenza di “considerare fondamentale, e non accessoria o facoltativa, la dimensione sinodale, cioè partecipativa, della procedura per l’individuazione dei candidati all’episcopato”. “Emerge la richiesta di maggiore trasparenza e accountability nei processi di selezione dei candidati all’episcopato, la cui riservatezza suscita talvolta nei fedeli dubbi sull’onestà delle procedure messe in atto e, più in generale, disagio nei riguardi di modalità giudicate non consone con un modello di Chiesa sinodale”, si legge ancora nel testo, in cui si chiede inoltre “più attenzione alla realtà della Chiesa locale, nel processo di selezione di chi sarà chiamato a guidarla come vescovo. “È importante, in particolare, tenere conto nel discernimento dei fattori culturali che delineano il volto di una Chiesa e che, per loro natura, esigono un ascolto attento dei suoi membri e una conoscenza diretta del suo vissuto”, la raccomandazione, unita all’esigenza di “un più efficace coinvolgimento degli organismi sinodali della diocesi nel processo di selezione dei vescovi, cominciando dal Consiglio Presbiterale e dal Consiglio Pastorale Diocesano. Al termine di tale discernimento, ad esempio, la Chiesa locale potrebbe essere chiamata a elaborare un profilo del vescovo di cui avverte il bisogno”.

Commissione sulla poligamia, presto un documento delle 37 Conferenze episcopali africane per “accompagnamento pastorale”

Un documento sulla poligamia, frutto del coinvolgimento delle 37 Conferenze episcopali africane. Ad annunciarne la presentazione, in vista della pubblicazione, durante l’Assemblea plenaria del Sceam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar) in programma a luglio 2025, è il rapporto della Commissione per la poligamia, presentato durante la prima Congregazione generale di ieri pomeriggio. “Affrontare la questione da una prospettiva pastorale” e utilizzando una “metodologia pastorale”, la scelta della Commissione per raccogliere una sfida che “nasce sia da individui che erano già in relazioni poligamiche prima di abbracciare la fede, sia da membri battezzati che entrano nella poligamia dopo la loro conversione”. “Per affrontare questo problema, è stato formato un comitato di lavoro di 12 esperti, composto da rappresentanti di tutta l’Africa e delle sue isole”, si spiega nel testo: “Il team include specialisti di diversi campi come teologia dogmatica e fondamentale, Bibbia, pastorale, diritto canonico e antropologia. La loro competenza collettiva consentirà uno studio completo e approfondito della poligamia”, attraverso un “approccio interdisciplinare” che “mira a fornire approfondimenti dettagliati e indicazioni pratiche per accompagnare gli individui in relazioni poligamiche nel contesto africano”. “Rimanendo salda nel suo impegno verso la dottrina cattolica sul matrimonio, la Chiesa in Africa cerca di esplorare la questione della poligamia da una prospettiva pastorale, concentrandosi sulla questione chiave: quale forma di cura pastorale è più appropriata per accompagnare gli individui in relazioni poligamica?”, la prospettiva del documento, che una volta votato e adottato dai vescovi africani durante la loro Assemblea plenaria sarà sottoposto a Roma per “un’ulteriore guida teologica e dottrinale”, in modo che “l’approccio pastorale sviluppato dalla Chiesa in Africa sia in linea con gli insegnamenti più ampi della Chiesa universale”.